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Cronaca
18 Aprile 2025 - 10:48
Tragedia in funivia: il cavo si spezza, quattro morti e un ferito grave
Doveva essere una giornata di respiro e meraviglia, un viaggio tra cielo e mare, uno sguardo ampio sulla costiera. Invece, il 17 aprile 2025 è diventato un giorno di lutto e domande. La cabina della funivia del monte Faito è precipitata, spezzando quattro vite e lasciando un turista in condizioni gravissime. Tra le vittime c’è Carmine Parlato, 59 anni, macchinista della funivia, uomo gentile e appassionato, che da otto anni lavorava a quel tragitto sospeso tra il golfo di Napoli e le cime dei monti Lattari. Per lui, il lavoro era poesia quotidiana, fatta di sorrisi ai passeggeri e orgoglio per quella bellezza che raccontava ogni giorno ai turisti.
Originario di Vico Equense, Carmine aveva alle spalle una lunga esperienza come autista nel deposito EAV di Sorrento, prima di scegliere una nuova vita, più silenziosa, fatta di aria sottile e paesaggi mozzafiato. Da terra a cielo, senza mai perdere l’amore per le persone. Colleghi e passeggeri lo ricordano come una presenza discreta ma luminosa, sempre pronto a offrire indicazioni e suggerimenti, con quella tipica umanità mediterranea che fa sentire ogni sconosciuto un po’ di casa.
Carmine Parlato, 59 anni
La tragedia ha colpito anche il suo nucleo più stretto. La moglie ha atteso per ore fuori dalla stazione della funivia, sperando in una notizia diversa. Il fratello Antonino, anch’egli dipendente EAV e autista personale del presidente Umberto De Gregorio, si è trovato coinvolto non solo come familiare, ma come parte di un’azienda ora scossa fin nel profondo. “Siamo distrutti – è il commento di De Gregorio – Carmine era uno di noi, uno che amava quello che faceva”.
Le altre tre vittime sono una ragazza israeliana e una coppia britannica, turisti che avevano scelto di salire sul Faito nonostante il meteo incerto. Un altro cittadino israeliano è in gravi condizioni. Ora si cerca di capire cosa sia successo davvero: un cedimento strutturale? Un errore umano? Un guasto improvviso?
La FILT CGIL, sindacato a cui Carmine era iscritto, ha chiesto con forza che venga fatta “massima chiarezza sulle cause del disastro”. “È inaccettabile che in un Paese che si affida a queste infrastrutture per mobilità e turismo – si legge nella nota – si possa ancora morire in questo modo. Chiediamo trasparenza, indagini immediate e verifiche rigorose su tutti gli impianti”.
La funivia del monte Faito, simbolo della connessione tra il mare e la montagna, è da sempre considerata un’opera di ingegno e bellezza, un ponte tra natura e tecnica. Ma proprio in queste opere, così delicate e complesse, risiede anche il bisogno assoluto di sicurezza, manutenzione, vigilanza continua. L’incidente di oggi non è solo un lutto individuale, è una ferita collettiva, che interpella chi progetta, chi gestisce, chi controlla.
In un’Italia che vuole valorizzare il proprio patrimonio paesaggistico attraverso la mobilità dolce e sostenibile, tragedie come questa non possono essere accettate come fatalità. Occorre fare luce, con rigore e senza scorciatoie, per restituire fiducia a chi ogni giorno sceglie di volare su questi cavi per lavoro o per stupore.
Intanto, la comunità di Castellammare di Stabia, dove Carmine viveva con la famiglia, si stringe nel silenzio. In tanti lo ricordano con affetto, come un uomo buono, silenzioso, parte di quel tessuto invisibile che tiene insieme i luoghi e le persone. La cabina che guidava ogni giorno ora è ferma. Ma la sua memoria, sospesa tra cielo e terra, continua a camminare.
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