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18 Aprile 2025 - 00:43
partigiani
C'è una memoria che non si legge sui libri, che non si insegna tra i banchi, ma che pulsa tra le mura silenziose di una scuola, pronta a riemergere. Ed è proprio qui, alla scuola media “Fenoglio”, che Sebastiano Renna, partigiano e Capitano Ispettore della VI Divisione alpina Giustizia e Libertà, tornerà simbolicamente a casa. Il 25 aprile, giorno della Liberazione, la città di Ciriè gli dedicherà una targa commemorativa, questa volta sul muro esterno della scuola, ben visibile a tutti. Un gesto che suggella un lungo percorso di riscoperta e restituzione della memoria.
Quella di Sebastiano è una storia che sembrava svanita tra le pagine incomplete della Resistenza. Una storia senza volto, senza voce, senza più radici. Ma otto anni fa, in quei corridoi dove oggi si studia storia e geografia, una semplice targa interna con il suo nome fece nascere una domanda in una classe della 5ªB: chi era davvero Sebastiano Renna?
La risposta non fu semplice, né immediata. Ma fu cercata con passione. Fu un’indagine, quasi una missione civile, portata avanti con rigore e cuore da una maestra, Marina Aleotti, e dai suoi alunni. Il progetto, dal titolo poetico “Dai crocus a Sebastiano”, attraversò chilometri e decenni, arrivando fino a Licodia Eubea, un piccolo borgo della provincia di Ragusa, da cui Sebastiano era partito e che, all’epoca, nulla sapeva del suo coraggioso figlio.
Grazie a quella ricerca, anche il Comune siciliano ha potuto colmare un vuoto di memoria. Ha riconosciuto in Renna un simbolo di libertà, dedicandogli un belvedere: una terrazza sul mondo per chi ha dato la vita in silenzio, lontano da casa. È nato così un ponte ideale tra Ciriè e Licodia, tra il Piemonte delle valli partigiane e la Sicilia dell’emigrazione e delle radici profonde.
Ma chi era davvero Sebastiano Renna? Quel che si sa, si intreccia con l’ombra del mistero e la nebbia della guerra. Arruolatosi nella divisione alpina Giustizia e Libertà intitolata a Mario Costa, figlio del poeta Nino Costa, Sebastiano indossa i panni del Capitano Ispettore. Il suo nome compare nei racconti della strage avvenuta il 10 aprile 1945 alla Trattoria dei Pesci Vivi, nei pressi di Corio, dove i fascisti della Brigata Monterosa irruppero armati in borghese durante una riunione dei vertici partigiani. Sei i caduti, tra cui il comandante Gian Piero Clerici. Si salvò solo Gianni Dolino, che riuscì a fuggire portando con sé i piani dell’imminente insurrezione.
Si dice che anche Sebastiano fosse lì, forse a protezione degli alti comandi, forse arrivato poco dopo lo scontro. C’è chi racconta di uno scontro a fuoco, di una cattura. Di torture. Di un’esecuzione sommaria avvenuta proprio nei locali della scuola Fenoglio, allora requisita dai fascisti come sede della Brigata. Nessun documento ufficiale narra le sue ultime ore. Nessun diario. Nessuna fotografia. Solo il silenzio delle pareti, testimoni mute di una tragedia che avvenne a quindici giorni dalla Liberazione.
Ma ora, quel silenzio si spezzerà.
Durante la cerimonia del 25 aprile, nella piazzetta antistante le scuole, alcuni ex alunni di quella 5ªB torneranno a rendere omaggio a Sebastiano. Accanto a loro ci saranno le insegnanti, i rappresentanti dell’Anpi, e chiunque senta il dovere – e il desiderio – di ricordare. Perché la memoria è un seme fragile: ha bisogno di mani che lo piantino e lo curino. Ed è proprio tra quei crocus, citati nel titolo del progetto, che ora Sebastiano può finalmente rifiorire.
Non più un nome scolorito su una targa interna. Ma un uomo, un partigiano, un figlio della sua terra, restituito alla comunità con l’onore che gli spetta.
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