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Cronaca
07 Aprile 2025 - 09:57
Torino, che truffa! Milioni nascosti al fisco e minacce di estorsione
Si chiama "Cuba Libre" ma di libertà, questa operazione, ha ben poco. È l’ultimo colpo inferto dalla Guardia di Finanza di Torino a un sistema rodato e spregiudicato, capace di orchestrare una frode fiscale da oltre 6 milioni di euro attraverso un sofisticato intreccio internazionale di società fittizie e fatturazioni false. Otto gli indagati, tra imprenditori e complici, in un’inchiesta che racconta la creatività criminale applicata all’evasione.
Tutto parte da due imprenditori torinesi, esperti nel commercio di prodotti informatici, che avevano creato società “di comodo” in Inghilterra — le famigerate letter box companies, con sedi solo sulla carta e operazioni inesistenti nella realtà. A queste si aggiungeva una società panamense, anch'essa controllata dagli indagati, che fungeva da ultimo anello di una catena il cui unico scopo era gonfiare o abbassare artificiosamente i prezzi di vendita e far sparire i guadagni dietro a una cortina di documenti commerciali falsificati.
Il meccanismo era studiato nei minimi dettagli: la società italiana vendeva formalmente i prodotti a prezzo ridotto alle società inglesi, che poi li rivendevano (sempre sulla carta) alla società panamense. Quest’ultima, infine, li “spediva” ai clienti cubani — ma nella realtà, la merce partiva direttamente da Torino a Cuba, senza mai passare né da Londra né da Panama. A transitare, invece, erano solo i pagamenti veri, depositati su conti riconducibili agli imprenditori italiani.
Il risultato? Un risparmio illecito d’Ires per 1,5 milioni di euro e oltre 6 milioni di ricavi sottratti al fisco, occultati in giurisdizioni a fiscalità agevolata. Le indagini, coordinate dalla Procura di Torino, hanno portato alla luce anche un altro fronte: tre nuove società e tre persone fisiche coinvolte, per una somma complessiva di oltre 3 milioni di euro di violazioni fiscali.
Operazione della Guardia di Finanza
Ciliegina sulla torta: durante le indagini è emerso anche un tentativo di estorsione. Un soggetto, per ottenere la restituzione di un prestito mai rimborsato, avrebbe minacciato i due imprenditori di divulgarne la documentazione contabile, con l’intento di metterli nei guai con la giustizia. Non è escluso che dietro ci sia una rete più ampia, in grado di sfruttare i paradisi fiscali non solo per evadere, ma anche per esercitare pressioni e ricatti.
Un segnale, questo, che il mondo dell’evasione fiscale di alto livello non è più solo questione contabile, ma si intreccia con dinamiche opache, minacce e rapporti di potere. Intanto, l’Agenzia delle Entrate ha già recuperato 1,7 milioni, pagati dai due principali indagati, che sembrano voler correre ai ripari prima che la giustizia faccia il suo corso.
Ma resta la domanda di fondo: quante “Cuba Libre” sono ancora in circolazione? Quante operazioni apparentemente legittime, in realtà, nascondono sistemi paralleli di arricchimento illecito? A Torino, intanto, le Fiamme Gialle promettono che la battaglia è appena cominciata.
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