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Il ricordo
13 Ottobre 2024 - 17:14
Come ogni anno di nuovo lì. Per non dimenticare. Perché lo si vuole fare. Per quello che ha dato a Ivrea e al mondo intero. Alle 9,30, in punta di piedi, con in testa il gonfalone delle Spille d’Oro, il piccolo corteo entra in cimitero. Quatto quatto. Lento lento. Piano piano.
C’è il sindaco Matteo Chiantore. C’è l’assessore Francesco Comotto e il consigliere comunale Massimiliano De Stefano. Una cinquantina di metri, svolta a sinistra. Ancora qualche passo ed eccolo lì il giardino di Adriano Olivetti. Un angolo semplice ma suggestivo su cui vigila un San Francesco dell’artista italoamericano Beniamino Bufano.
È qui che riposa uno dei più grandi imprenditori del mondo, sicuramente il più “illuminato” di tutti. Qui accanto alla moglie Grazia Galletti.
Il tradizionale raduno delle Spille d’Oro inizia dai ringraziamenti del neo presidente Matteo, figlio di David, nipote di Dino (l’ultimo figlio di Camillo) ad Andrea Motto Res che tutti gli anni si preoccupa di pulire e oliare la croce in legno.
A Paola Cavagnetto per il bouquet floreale. A Loredana Moretto del direttivo e infine a Rita Munari che si prende cura da sola di questo posto con il cuore, lo stesso cuore che lei, con le sue mani, ha disegnato sul terreno andando a raccogliere le pietre direttamente sul Chiusella. Quando lo dice a tanti si stringe il cuore, perché queste saranno anche piccole cose ma son riservate a grandi uomini, come Adriano lo è stato.
“Io Adriano non l’ho mai conosciuto, ma ho imparato a conoscerlo, ad apprezzarlo, ad amarlo...” - confessa Matteo.
Ermanno Lesca, del direttivo delle Spille d’Oro racconta del gran lavoro che si sta facendo a Palazzo (con il centro di Comunità) per riaprire la Biblioteca Olivetti. Da qui in avanti, spazio ai ricordi. Quello del sindaco Matteo Chiantore su una città che parla di Adriano in tutte le cose che si toccano e si fanno e di quel suo sentirsi così piccolo al pensiero che anche lui aveva amministrato la città, lasciando un patrimonio di immobili e di idee. “Con quello che lui ha fatto io ci lavoro. Lavoriamo e abbiamo idee su cose che lui ha costruito e con visioni che sono ancora attuali ancora… Veniamo qui a commemorarlo tutti gli anni ma in realtà lui è con noi tutti i giorni…”.
E se Francesco Comotto parla degli anni in cui, sindaco a Settimo Rottaro, decise di intitolare il salone plurifunzionale proprio al più grande imprenditore che l’Italia abbia mai avuto, il primo cittadino di Bollengo Luigi Sergio Ricca si lascia andare ai ricordi di quando era piccolo e di cosa fosse stato Adriano Olivetti per lui. “La mia era una famiglia di agricoltori e io ho sempre e solo sognato di venire a lavorare qui, in Olivetti…”, come tutti e come in tanti fecero.
Infine Manuela Mottironi. È giunta da Roma. Viene tutti gli anni. Ha imparato a conoscere l’imprenditore di Ivrea grazie ai racconti che si facevano in casa, ma soprattutto dai libri. Affascinata e impressionata, non c'è null'altro da aggiungere.
Da sinistra Loredana Moretto, Paola Cavagnetto, Andrea Motto Res e Matteo Olivetti
Dopo l’omaggio, i partecipanti si sono spostati verso il monumento cittadino dedicato a Camillo Olivetti. Poi la messa, al Borghetto, in suffragio delle Spille d’Oro defunte, infine il pranzo annuale al ristorante Le Alpi di Tavagnasco. Un’occasione per condividere ricordi, rinsaldare legami e progettare il futuro di un'Associazione che oggi conta migliaia di iscritti e continua a rappresentare un punto di riferimento per gli ex dipendenti della Olivetti e non solo.
Qualche giorno prima, giovedì, le Spille d’Oro si sono recate a Biella, al cimitero ebraico, dove è sepolto Camillo, scomparso nel dicembre del 1943, per quanto, come ormai è noto, non fosse di fede ebraica ma “unitariano”. A raccontarcelo era stato proprio Matteo Olivetti.
“Diciamo che mio bisnonno per quasi tutta la sua vita ha creduto in Dio ma non nelle religioni” - ci aveva spiegato - “Poi nel 1934, alla morte di sua figlia, cade in una vera e propria crisi esistenziale e aderisce ufficialmente alla Chiesa Unitariana che aveva scoperto studiando negli Stati Uniti presso la Stanford University. Fu lì che, ad un certo punto, si stupisce della decisione del rettore di mettere a disposizione uno stesso luogo per tutte le religioni del mondo…”.
Unitarianismo o “socianismo”, dal nome dei pensatori e riformatori senesi Lelio Sozzini (o Socini) e Fausto Sozzini (o Socini). Troppo complicato sarebbe spiegarne qui la dottrina. In sintesi, possiamo dire che da un lato c’era la negazione della preesistenza di Cristo e, pertanto, della sua divinità, e dall'altro l'accettazione della nascita da una vergine. I sociniani giunsero a un’interpretazione delle scritture basata sul rispetto delle altre fedi religiose, sul libero arbitrio, sulla libertà di coscienza, sulla tolleranza e sul rifiuto di ogni dogma non dimostrabile con la ragione. I sociniani sostengono l'esistenza di un solo Dio, padre creatore, che non ha tracciato la strada dell'essere umano, ma lo ha messo nella condizione di costruirsela con le sue libere scelte. Eccetera… eccetera…
Morale? Camillo si mette in testa di riportare in auge questa fede religiosa che in Italia era scomparsa con i Sozzini. Segue i congressi unitariani di Parigi e Londra. Si fa nominare primo fedele in Italia e compra uno stabile a Milano da trasformare in chiesa. Ufficialmente diventa un “unitariano”. Si avvicinò all'Unitarianesimo anche Giovanni Pioli, ex sacerdote cattolico, modernista, allievo dello storico e teologo Ernesto Buonaiuti. Incoraggiato da Olivetti stesso, Pioli fu autore di un notevole saggio sulle radici storiche dell'Unitarianesimo, dal titolo Fausto Socino: vita, opere, fortuna: contributo alla storia del liberalismo religioso moderno (Modena: Guanda, 1952).
“Poi c’è la guerra, ci sono le leggi contro gli ebrei, ci sono altre cose a cui pensare” - aveva aggiunto Matteo - “Su questa storia ho trovato numerose lettere. Di lui che scriveva a una signora a cui aveva commissionato la traduzione di alcuni testi. Mio bisnonno era uno che leggeva la Bibbia ai nipoti e s’interessava a tutte le religioni ma non ne aveva mai sposata una, salvo che negli ultimi anni. Lo sapeva anche Adriano. Lo sapevamo tutti in famiglia…”.
Tant’è! Fatto sta che quando morì "il patriarca", sotto la pioggia battente, gli operai Olivetti affrontarono il rischio di un conflitto in corso per rendere omaggio a colui che li aveva sempre considerati parte di una grande famiglia. Un gesto di devozione e coraggio che continua anche oggi, a distanza di decenni.
“Il giorno in cui fu trasportato al cimitero...- scriveva Libero Bigiaretti - pioveva, ma da Ivrea, dai borghi vicini, dai vari luoghi del Canavese si erano arrampicati su per la Serra, fino a Biella, i suoi operai, i suoi fedeli. Erano arrivati con ogni mezzo, i più in bicicletta, con gran fatica e rischio. I tedeschi già davano la caccia ai partigiani, razziavano uomini, minacciavano intere popolazioni. Il piccolo cimitero israelitico di Biella poteva diventare un luogo di massacro: il recarvisi era una sfida temeraria; ma esso si popolò, quel giorno, di uomini silenziosi, a capo scoperto, sui cui volti la pioggia cancellava inutilmente le lacrime…”.
Per la cronaca, l’Associazione ha avuto come primo presidente onorario Arrigo Olivetti e come presidente effettivo Giuseppe Chiantore. A essi sono seguiti Agostino Sanvenero, Piero Rozzi, Plinio Cilento, Mario Caglieris, David Olivetti (padre di Matteo) e infine Laura Federica Salvetti, la prima donna.
Che cos’è l’Associazione Spille d’oro?
L’Associazione Spille d’oro L’Associazione Spille d’Oro Olivetti, apolitica, aconfessionale, senza finalità di lucro, accoglie gli ex dipendenti del Gruppo Olivetti che hanno compiuto 25 anni di servizio in Azienda, al cui compimento sono stati insigniti della “Spilla d’Oro”, in ricordo del dono che il fondatore Camillo Olivetti fece alla moglie, Luisa Revel nel 1913, all’uscita della millesima M1, la prima macchina per scrivere.
All’Associazione possono anche iscriversi, come soci aderenti gli ex dipendenti del Gruppo Olivetti, anche se non hanno raggiunto i 25 anni di anzianità di lavoro, i coniugi superstiti, i famigliari, i simpatizzanti, che partecipano o desiderano partecipare alle attività associative e che condividono i valori Olivetti.
L’Associazione è presente anche fuori del Canavese con le sei delegazioni di Crema, Marcianise, Massa, Milano, Pozzuoli e Roma.
Nel 1933, in occasione del venticinquesimo anniversario di fondazione dell’Azienda, Camillo Olivetti insignì della “Spilla d’Oro”, i dipendenti con venticinque anni di servizio. Alla vigilia della seconda guerra mondiale le “Spille d’Oro” erano 35.
Nel dicembre del 1946, per iniziativa di un gruppo di anziani, fu costituita l’Associazione “Spille d’oro” “con lo scopo di mantenere e rinsaldare i vincoli di fratellanza tra i vecchi dipendenti della Olivetti” Passata la guerra, la consegna delle “Spille d’oro” riprese nel 1948, quando l’ingegner Adriano Olivetti, da dieci anni subentrato al padre alla guida della società, insignì del distintivo 116 anziani.
“Per noi della seconda generazione della fabbrica - disse in quella occasione - ’Spille d’Oro’ e ingegner Camillo sono termini indissolubili: essi rappresentano la nostra storia, qualche cosa del passato che è necessario sia ancora presente, perché il nuovo non nasce che dal vecchio; e guai a quegli innovatori che non riconoscono che nel passato c’è qualche cosa che non si può uccidere, né distruggere, né trascurare”.
Da allora l’Associazione si è andata sviluppando e consolidando, fino a contare oltre diecimila soci.
La Olivetti è stata tra le prime aziende in Italia a voler ricordare, con la “Spilla d’Oro”, la fedeltà al lavoro ed all’azienda di operai, impiegati e dirigenti. Per i 50 anni della Olivetti, nel 1958, furono coniate anche le prime “Medaglie d’Oro” da assegnare ai lavoratori che avevano compiuto 35 anni di attività nell’azienda.
Nel 1959 fu istituita la “Spilla d’Oro azzurra” da assegnare ai dipendenti con 25 anni dì servizio presso i concessionari e agenti della Olivetti.
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