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11 Marzo 2025 - 17:50
Dino e Matteo Olivetti
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Data di inizio 13.03.2025 - 00:00
Data di fine 13.03.2025 - 00:00
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"Quando ero piccolino, anche io sono sempre stato il nipotino, o il fratellino, o il figlio di qualcuno. Mi è rimasta questa cosa qui. Tutti parlano di Adriano, ma c’era anche mio nonno. Per questo ho cominciato a raccogliere informazioni su di lui. Poi, ad un certo punto, ho tirato giù una bibliografia. Quest’estate l’ho fatta leggere per scherzo a Luca Tirol, un editore, e lui mi ha detto che era molto interessante, che c’erano un sacco di cose che nessuno sapeva. Io, nella vita, faccio l’architetto e alla stesura mi ha aiutato Gianni Trovati...".
Parla così, del nonno, a ruota libera. Matteo Olivetti, architetto e presidente delle Spille d’Oro Olivetti, con la voce di chi vuole rendere giustizia a una storia familiare che rischiava di essere dimenticata. Ed ecco che il frutto di questa ricerca prende forma in un libro, "Mio nonno Dino Olivetti", che sarà presentato giovedì 13 marzo, alle ore 18:00, presso Palazzo Uffici di Ivrea, in un incontro condotto da Claudio Cuccurullo, caporedattore centrale de La Sentinella del Canavese.
Vero è che quando si parla di Olivetti, il nome che balza immediatamente alla mente è quello di Adriano, il visionario che ha rivoluzionato il concetto di industria e lavoro in Italia. Ma la storia della Olivetti è fatta anche di altre figure, meno celebrate, ma altrettanto fondamentali per il successo dell’azienda eporediese. Figure che hanno operato con discrezione, lontano dai riflettori, ma che con il loro ingegno e la loro determinazione hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’industria italiana.
Tra queste, spicca Dino Olivetti, fratello di Adriano, ingegnere e imprenditore con un ruolo chiave nella crescita e nell’internazionalizzazione del marchio. Un uomo la cui eredità rischiava di essere dimenticata, se non fosse per il lavoro di ricostruzione storica portato avanti da suo nipote.
Il libro di Matteo Olivetti rappresenta un tentativo di colmare questo vuoto. "Quando è morto, avevo appena 11 anni. Raccontare Dino ha significato per me conoscerlo, ma anche arricchire la storia della Olivetti con una prospettiva nuova", spiega l'autore. "Mio nonno ha visto il futuro prima di molti altri, e il suo contributo merita di essere conosciuto".
Nato a Ivrea il 22 luglio 1912, Dino Olivetti era il più giovane dei sei figli di Camillo Olivetti e Luigia Revel. Fin da bambino mostrò un'inclinazione per lo studio e la tecnologia, un interesse che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Tuttavia, il suo percorso non fu affatto lineare: dopo aver frequentato il collegio valdese di Torre Pellice, si iscrisse al Politecnico di Milano, ma la storia lo chiamò altrove.
"Nel 1935", ci racconta Matteo, "nel pieno della guerra d'Etiopia, venne arruolato e mandato in Africa, in Eritrea. Fu un periodo duro, che lo temprò caratterialmente e gli insegnò il valore della resistenza e della disciplina...".
Ma fu il suo soggiorno negli Stati Uniti a segnare la sua crescita professionale. Si laureò in ingegneria generale al MIT di Boston, una delle istituzioni più prestigiose al mondo, dove entrò in contatto con le tecnologie più avanzate dell'epoca. Qui apprese le logiche industriali americane, comprendendo l'importanza della meccanica e dell'elettronica nel futuro delle imprese.
Nel 1940 sposò Rosemond Castle e poco dopo si trasferì in Brasile per assumere la guida della consociata Olivetti do Brasil. Ma con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il destino gli riservò un'inaspettata svolta. Mentre viaggiava dal Brasile agli Stati Uniti nel 1941, venne intercettato dalle forze alleate e internato in un campo di prigionia a Trinidad. Rilasciato dopo mesi di detenzione, si stabilì negli USA, dove lavorò dapprima per la North American Aviation e poi per la Diamond Instrument Company, maturando un'esperienza che si sarebbe rivelata fondamentale nel suo futuro in Olivetti.
Quando nel 1946 tornò in Italia, Dino Olivetti affiancò Adriano nel rilancio della Olivetti, un'azienda devastata dalla guerra. Venne nominato direttore generale e poi presidente delle Officine Meccaniche Olivetti, guidando una profonda riorganizzazione. Ma il suo destino era altrove: l'azienda aveva bisogno di un uomo capace di affrontare il mercato più ambizioso del mondo, quello statunitense.
Nel 1950 si trasferì negli Stati Uniti per dirigere la neonata Olivetti Corporation of America (OCA). Fu lui a intuire prima di molti altri che il design e la qualità costruttiva dei prodotti Olivetti potevano conquistare gli americani. Sotto la sua guida, vennero lanciati prodotti leggendari come la Divisumma 14, la Lexikon 80 e la Lettera 22, la macchina da scrivere che sarebbe diventata un'icona mondiale.
"A Ivrea", passa e chiude Matteo, "si è sempre speso per gli altri, facendo tantissime donazioni. Aveva anche acquistato e poi donato un terreno per costruire un ospedale. Dei soldi non gliene importava nulla...".
L'evento, organizzato con il supporto di Arancia Publishing, si preannuncia come un'importante occasione di riscoperta storica. Al termine della presentazione seguirà un rinfresco offerto dalla Trattoria Moderna di Banchette d’Ivrea.
Insomma, un'opportunità per restituire a Dino Olivetti il posto che merita nella grande epopea della Olivetti, e per riflettere su quanto la visione e l’innovazione siano ancora oggi pilastri fondamentali per ogni impresa che voglia guardare al futuro.
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