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Cronaca
08 Marzo 2025 - 10:59
Un matrimonio interrotto prima ancora di arrivare alle pubblicazioni. Un’espulsione eseguita con tempismo chirurgico, che ha stroncato il piano di una donna marocchina di 44 anni, vedova di un cittadino italiano e in procinto di sposare un ultraottantenne per evitare il rimpatrio.
La storia si è chiusa il 6 marzo, quando gli agenti dell’Ufficio Immigrazione l’hanno accompagnata fino all’aeroporto di Malpensa, destinazione Casablanca. Una vicenda che mescola leggi sull’immigrazione, strategie di permanenza e il ruolo dei matrimoni di convenienza, sollevando interrogativi sulla sottile linea tra sentimento e necessità.
La donna aveva contratto il suo primo matrimonio nel maggio 2023 con un cittadino italiano residente nel Torinese. La legge italiana prevede che, dopo sei mesi dalle nozze, il coniuge straniero possa ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari, un documento che garantisce stabilità e diritti all’interno del Paese.
Ma la vita, a volte, segue percorsi imprevedibili. Dopo soli cinque mesi, il marito è deceduto. Troppo presto perché lei potesse maturare il diritto alla carta di soggiorno, lasciandola di fatto in una posizione precaria. Senza un titolo valido per restare in Italia, l’ombra dell’espulsione ha iniziato a farsi sempre più concreta.
Determinata a restare in Italia, la donna ha trovato una soluzione alternativa. Trasferitasi nel Cuneese, ha stretto un legame con un anziano ultraottantenne, un uomo con cui era entrata in contatto come badante. Da lì, la decisione: sposarlo per ottenere il diritto al soggiorno.
Un piano che, almeno sulla carta, avrebbe funzionato. Una volta celebrate le nozze, avrebbe potuto bloccare l’espulsione e richiedere la regolarizzazione sul territorio nazionale. Ma le autorità hanno agito prima.
La legge parla chiaro: se un cittadino straniero prende tempo per sposarsi con l’obiettivo di evitare l’espulsione, le autorità possono intervenire per impedirlo. E così è stato. Gli agenti dell’Ufficio Immigrazione hanno seguito il caso da vicino e sono entrati in azione prima che la donna riuscisse a depositare le pubblicazioni di matrimonio, l’atto che le avrebbe concesso una sorta di protezione legale.
Il 6 marzo, la 44enne è stata accompagnata fino all’aeroporto di Malpensa e imbarcata su un volo per il Marocco, ponendo fine al suo tentativo di regolarizzazione attraverso il matrimonio. Nessuna possibilità di rimandare, nessuna chance di appellarsi alle nozze imminenti.
Il caso apre un dibattito su una realtà diffusa ma difficile da inquadrare: il confine tra unione legittima e matrimonio di convenienza.
Da un lato, la legge impone paletti precisi per evitare abusi dei permessi di soggiorno attraverso matrimoni fittizi. Dall’altro, resta il quesito: quanto può essere considerata una frode la scelta di sposare qualcuno per motivi di necessità? E soprattutto, chi stabilisce quando un’unione è motivata dall’amore e quando da un’opportunità?
In questo caso, l’intervento della Questura ha tagliato la questione alla radice, impedendo alla donna di proseguire con le pubblicazioni e bloccando un matrimonio che, per la legge, sembrava costruito più sulla necessità che sul sentimento.
Ora la donna è tornata in Marocco, e la sua storia si chiude con un rimpatrio forzato che ha anticipato di poco il sigillo matrimoniale.
Resta la domanda: è stata fatta giustizia o è stata impedita una possibilità di vita? Qualunque sia la risposta, la legge ha parlato chiaro. E in questo caso, non ha lasciato spazio a seconde occasioni.
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