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Cronaca
26 Febbraio 2025 - 19:39
L'Imam Abdelrhani Lakhrouti, zio della vittima
Saranno tutti imputati per omicidio volontario nel processo che si aprirà davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Ivrea il prossimo 24 aprile. Il fratello, la moglie e lo zio di Khalid Lakhrouti, morto il 10 febbraio 2024 nella sua abitazione di Salassa durante un rito di esorcismo, sono stati rinviati a giudizio nel corso dell’udienza preliminare del 26 febbraio.
La decisione arriva dopo mesi di indagini che hanno ricostruito il drammatico epilogo di una serie di rituali esorcistici eseguiti dallo zio di Khalid, Abdelrhani Lakhrouti, Imam della comunità islamica di Cuorgné, con l’aiuto del fratello della vittima, Nourddine Lakhrouti. Anche l’ex moglie dell’uomo, Sara Kramiz, era presente nell’abitazione la sera del decesso. Per la donna, tra le aggravanti, c’è il fatto che il reato sia stato commesso contro il coniuge, mentre per i due uomini pesa il legame di parentela con la vittima.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Khalid Lakhrouti era convinto di essere posseduto dal demonio. La sua sofferenza psichica, esacerbata dall’assunzione di cocaina, aveva portato i familiari a rivolgersi allo zio Imam per aiutarlo con pratiche esorcistiche. Il rito consisteva nella recitazione della prima Sura del Corano, l’Ayat Al Kursi, con il religioso che imponeva le mani sulla fronte del presunto indemoniato.
Già nelle settimane precedenti alla tragedia, Khalid era stato sottoposto a più sedute esorcistiche: la prima nella seconda settimana di gennaio, poi il 22 e il 31 gennaio. Durante quest’ultima sessione, lo zio aveva registrato un video che mostrava Khalid dare calci nel vuoto e muoversi in modo incontrollato. In quell’occasione, secondo l'Imam, il diavolo avrebbe lasciato il corpo del nipote, escludendo la necessità di ulteriori interventi.
Eppure, il 10 febbraio, l’esorcismo si è ripetuto. Khalid, in preda a una crisi violenta, è stato immobilizzato dai familiari. Secondo le analisi forensi, è stato legato mani e piedi e soffocato con un corpo soffice. L’autopsia ha rivelato che la morte è stata causata da asfissia prolungata, aggravata dall’ostruzione delle vie respiratorie dovuta all’ingerimento accidentale di un bottone. L’esame tossicologico ha inoltre evidenziato la presenza di cocaina in quantità potenzialmente letale.
Non era la prima volta che i carabinieri intervenivano in casa Lakhrouti. Il 22 gennaio, una pattuglia era stata chiamata per una lite domestica e aveva trovato Khalid in stato di semi-incoscienza, disteso a terra e avvolto in una coperta. Il fratello Nourddine era sopra di lui per impedirgli di farsi del male. Lo zio Imam aveva spiegato ai militari che il nipote era posseduto e che stava cercando di esorcizzarlo.
Il giorno successivo, il 23 gennaio, Khalid si era recato al pronto soccorso di Ciriè con una spalla dolorante, raccontando ai medici di essere stato trattenuto con forza durante un esorcismo.
Il 10 febbraio, il 118 è stato allertato solo alle 21:45, quando Khalid era già morto da almeno un’ora e mezza. Gli indagati avevano inizialmente dichiarato che l’uomo aveva difficoltà respiratorie, ma l’autopsia ha stimato il decesso tra le 18 e le 19. Gli investigatori sospettano che i familiari abbiano cercato di nascondere le reali cause della morte.
A seguito dell’udienza di convalida dei fermi, il Giudice per le indagini preliminari di Ivrea, Marianna Tiseo, ha disposto la custodia cautelare in carcere per lo zio e il fratello della vittima, mentre l’ex moglie Sara Kramiz è stata posta agli arresti domiciliari.
L’omicidio di Khalid Lakhrouti solleva interrogativi su pratiche religiose estreme e sulla vulnerabilità di chi soffre di disturbi psichici. Il processo che si aprirà il 24 aprile potrebbe diventare un caso simbolo sulla linea di confine tra fede, superstizione e violenza.
Mentre la giustizia fa il suo corso, resta una domanda inquietante: come è possibile che, nel 2024, una vita possa spegnersi in un rito esorcistico trasformato in tragedia?
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