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Cronaca
17 Febbraio 2025 - 14:35
E' stato condannato a 21 anni di carcere, Giovenale Aragno, accusato di aver ucciso a bastonate la moglie, Silvana Arena.
E' il 7 agosto 2022, quando, in un appartamento di Venaria Reale, il sangue di Silvana Arena, 74 anni, si è mischiato alla polvere di una casa ormai satura di litigi e rancori. A impugnare il bastone che l’ha uccisa è stato l’uomo con cui aveva condiviso una vita intera e con il quale aveva avuto le figlie Sabrina e Letizia, Giovenale Aragno, all’epoca 72enne.
Oggi, a quasi tre anni di distanza, il pubblico ministero Daniele Piergianni della Procura di Ivrea ha chiesto per lui 18 anni di carcere. Una pena più bassa rispetto a quella stabilita dalla Corte d'Assise di Ivrea presieduta dalla giudice Stefania Cugge che ha riconosciuto all’imputato tre attenuanti: la parziale incapacità di intendere e volere, il risarcimento del danno, 240mila euro dati alla figlia Sabrina e al nipote Davide; e le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti del vincolo coniugale e della crudeltà con cui Aragno ha ucciso la moglie.
La difesa, affidata all' avvocato Roberto Caranzano del foro di Asti, spiega: "La Corte ha parzialmente accolto le nostre richieste mantenendo la pena nel minimo con la concessione delle attenuanti. Abbiamo evitato l'ergastolo. La pena è stata contenuta in 21 anni che è il minimo stabilito per l'omicidio. Le attenuanti sono state riconosciute con un giudizio di equivalenza sulle aggravanti. Se fossero state giudicate prevalenti, invece, la pena sarebbe stata quella che noi abbiamo chiesto, sui 13/14 anni. Una pena giusta".
L'avvocato Caranzano poi annuncia: "Faremo ricorso in Appello. Questa minima variazione rispetto alla sentenza attuale comporta una grossa riduzione di pena per una persona che avendo già 76 anni, qualsiasi pena comminata, sarà una pena definitiva".
Al centro di questa vicenda c’è un matrimonio lacerato da anni di conflitti, sempre lo stesso nodo da sciogliere, Letizia, la figlia ribelle, la figlia amatissima. C’è il corpo di una donna uccisa nella sua casa, tra le urla strazianti udite dai vicini e la fredda confessione dell’assassino.
"Venite, per favore, stanno litigando. Sentiamo urla allucinanti, fate in fretta".
Quando il 112 riceve la chiamata, è già troppo tardi. L’appartamento di via Sandre 14 è una scena di morte. Il corpo di Silvana Arena giace riverso sul pavimento del soggiorno, il cranio sfondato dai colpi di un battipanni di legno.
Silvana Arena, uccisa il 7 agosto 2022 dal marito, Giovenale Aragno
Giovenale Aragno è lì. Non tenta la fuga. Non si dispera. Sta cercando di ripulire le pareti sporche di sangue, quasi a voler cancellare l’orrore con un gesto inutile. Riportare tutto in ordine, riavvolgere il nastro.
"Io l’ho uccisa", ammette freddamente quando i carabinieri lo trovano, in piedi accanto alla donna che aveva amato e che aveva massacrato.
La loro non era una coppia qualsiasi, e il loro non era un matrimonio felice. Non più. Lontani i tempi dei viaggi esotici, mete da sogno come le Seycelles. Silvana, nelle immagini pubblicate sui suoi profili social, compare sempre sola. Bella, nonostante l'età. Sempre i ordine, con la piega fatta e il trucco a valorizzare i bei lineamenti. Anche Giovenale compare da solo. Sorridente in sella alla sua bici durante le imprese che lo hanno portato spesso su, in montagna. Selfie che raccontano di momenti felici nonostante quella sindrome depressiva che da tempo lo stringeva. Giovenale e Silvana non erano più una coppia.
Da anni Giovenale e Silvana si combattevano sulla stessa trincea, litigando sempre per la stessa battaglia: Letizia.
Una figlia bellissima, fragile, sfuggente. Nel 1995 viene eletta Miss Piemonte, un titolo che le spalanca le porte del sogno di Miss Italia, che si infrange prima ancora della finale. Sono gli anni d'oro di quel concorso di bellezza che in tempi recenti ha perduto tutto il suo smalto. A condurre quell'edizione era stato lo scintillante Fabrizio Frizzi, presidente della giuria artistica, il campione del mondo di sci Alberto Tomba. A vincere la fascia di più bella d'Italia, Anna Valle. L'evento, in diretta da Salsomaggiore Terme, viene trasmesso in prima serata dalla Rai per tre giorni consecutivi.
La luce dei riflettori per Letizia, però era durata poco, la discesa era stata inarrestabile: anoressia, dipendenza dai farmaci, droga. Un matrimonio fallito, tre figli da crescere. L'ex miss si era ritrovata catapulta in un'esistenza ai margini, vivendo di espedienti, passando da un uomo sbagliato ad un altro.
La famiglia continua a non negarle nulla. La madre la proteggeva, il padre voleva responsabilizzarla. Due visioni inconciliabili, due ruoli inconciliabili in una battaglia persa in partenza.
Il 7 agosto del 2022 la discussione tra Giovenale e Silvana riparte da lì, per l’ennesima volta. E' una domenica d'estate. Letizia ha bisogno di aiuto, Letizia ha bisogno di soldi. Lui dice basta. Lei no. E in quell’attimo, in quello scontro feroce tra amore e frustrazione, Giovenale impugna un bastone e la colpisce senza pietà.
Durante il processo davanti alla Corte d'Assise di Ivrea, Giovenale Aragno non si è mai sottratto alla giustizia. Ha sempre voluto essere presente in aula, nonostante il suo stato di salute precario: depressione, demenza senile incipiente, gesti anticonservativi nella RSA in cui vive.
La difesa, ha tratteggiato il quadro di un uomo devastato, vittima e carnefice allo stesso tempo. Un uomo che, prima ancora del verdetto della giustizia, aveva risarcito le sue vittime con 240mila euro: un assegno consegnato prima dell’inizio del processo alla figlia Sabrina e al nipote Davide, i sopravvissuti di questa tragedia familiare.
"Non ci ho più visto, non ho più capito nulla", ha detto in aula. E ha pronunciato parole ancora più drammatiche: "È stata una vita di sacrifici per Letizia, si litigava sempre per lei. Lei aveva giurato che avrebbe distrutto la nostra famiglia. E l’ha fatto."
Oggi, l’accusa ha chiesto 18 anni di carcere. La difesa, il minimo della pena, dipingendo un uomo che ha già perso tutto e che ha solo il rimorso a fargli compagnia.
Ma la storia di Venaria non finisce qui. Perché Letizia è rimasta in piedi, ma a quale prezzo?
Dopo il funerale della madre, viene ospitata dalla sorella Sabrina. Tre giorni dopo, il cognato chiama i carabinieri: la convivenza è impossibile. Fa docce di sette ore, rompe gli equilibri, insulta la sorella, la colpisce. Viene cacciata.
Silvana Arena con l'amata figlia Letizia
Torna a Venaria nel maggio del 2023, ma nessuno sa dove sistemarla. Il cognato le affitta un bell'appartamento a Torino, in una zona di recente costruzione nei pressi dell’Ipercoop di Borgo Dora. Lei ci resta due mesi. Un giorno il cognato la trova per strada a Mappano: "Chiedeva l'elemosina proprio sotto casa mia. E' stato straziante. Ci siamo resi conto che qualsiasi cosa cercassimo di fare per lei era inutile".
Tragica la sua fine. A luglio Letizia cade dalla finestra di quell'appartamento da cui sarebbe dovuta ricominciare la sua vita.
Un gesto volontario? Un incidente? La famiglia esclude il suicidio. Ma la verità, come in tutta questa vicenda, si dissolve nel caos di una vita che non ha mai trovato pace.
Dopo l’omicidio, emerge un altro tassello sconosciuto: Giovenale Aragno aveva un’amante. Una donna che frequentava da circa 17 anni.
James Rose Marie Agnel, una donna rimasta nell’ombra per quasi due decenni, senza mai interferire con la famiglia ufficiale. Nessuno dei due aveva mai pensato di separarsi per andare a vivere insieme. Eppure lei, dopo l’arresto di Giovenale, gli è rimasta accanto.
Lo ha visitato in carcere. Lo ha visto nella RSA in cui è ricoverato. Un amore clandestino, ma fedele.
Oggi Giovenale Aragno è un uomo di 76 anni, stanco, fragile, consumato da un crimine che non si cancella.
In aula, la figlia Sabrina e il fratello gli sono rimasti accanto, quel che resta di una famiglia lacerata, sopravvissuti a una tragedia che ha i contorni di un dramma greco.
Silvana Arena ha pagato con la vita il suo amore incondizionato per una figlia perduta. Giovenale Aragno ha distrutto tutto in un raptus di follia e disperazione.
Alla giustizia il compito di emettere la sentenza.
Ma la verità è già chiara: in questa storia, non ci sono vincitori.
L'avvocato Roberto Caranzano (a destra) difensore di Giovenale Aragno, con il collega Piercarlo Bertone
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