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Cronaca

Caos e treni soppressi sulla linea ferroviaria Chieri Rivarolo. L'odissea di un disabile

Un binario sbagliato e un'ora e mezza di attesa: la vergogna di un sistema ferroviario che esclude i disabili

Pasquale Mazzitelli

Pasquale Mazzitelli

Caos sulla linea Chieri-Rivarolo nel pomeriggio di oggi, tra treni soppressi, ritardi e un'organizzazione che fa acqua da tutte le parti. Questa volta, però, dietro il solito disservizio ferroviario c'è una storia che pesa più di un'ora e mezza di attesa, più di un treno sul binario sbagliato.

È la storia di Pasquale Mazzitelli, 57 anni, disabile da 5, pendolare da 10, bloccato sulla sua sedia a rotelle mentre il mondo intorno a lui continua a scorrere, indifferente.

Era a bordo del treno 26036, partito da Torino alle 15.48 e atteso a Volpiano alle 16.09. Ma oggi qualcosa è andato storto: il convoglio si è fermato sul binario 2 anziché sul binario 1.

Su quel binario non ci sono pedane, non ci sono ascensori, non c'è modo di scendere in sicurezza.

Pasquale prigioniero su un treno che avrebbe dovuto semplicemente portarlo a casa.

Qualcuno chiama i Vigili del fuoco, ma non intervengono se non in caso di incidente. Poi il 118, ma anche qui niente da fare. Capitreno e ferrovieri si rimbalzano la responsabilità, mentre Pasquale rimane fermo, bloccato, impotente.

La "soluzione"? Manovre su e giù per i binari fino a riportare il treno sul binario giusto. Peccato che, nel frattempo, siano diventate le 17.40.

Stazione di Volpiano

Un'ora e mezza di ritardi. Un'ora e mezza di attesa. Un'ora e mezza di frustrazione. Un'ora e mezza di disagio per centinaia di persone lungo tutta la tratta.

Non è la prima volta che Pasquale Mazzitelli vive situazioni del genere. E non sarà nemmeno l'ultima. Per lui il treno non è solo un mezzo di trasporto, è un campo di battaglia, ogni giorno una nuova sfida. Perché la normalità, per chi ha una disabilità, non è mai scontata.

"Prima camminavo... adesso non cammino più", ci aveva raccontato qualche settimana fa con un filo di voce. Quello che non accetta è che gli venga tolta anche la dignità di poter salire e scendere da un treno come chiunque altro.

L'ultima volta gli avevano trovato un taxi per Torino"Dovevo fare una visita medica, ma poco importa..." ci aveva detto con rassegnazione.

E allora la domanda è questa: quanto pesa davvero quell'ora e mezza di ritardo quando ci si sente dimenticati, messi da parte, invisibili?

Le parole come "inclusione", "accessibilità", "diritto alla mobilità" riempiono i discorsi di politici e amministratori. Ma la realtà per chi ogni giorno deve affrontare barriere architettoniche è ben diversa.

Fino a quando Pasquale e le migliaia di persone nella sua situazione dovranno sperare che il treno si fermi sul binario giusto? Fino a quando dovranno pregare che gli ascensori funzionino, che qualcuno non sbagli una comunicazione, che le pedane non siano rotte?

Non è solo una questione di ritardi. È una questione di diritti negati, di una società che troppo spesso dimentica chi si trova in difficoltà, di un Paese che parla di inclusione ma si ferma davanti a un binario sbagliato.

Forse, un giorno, Pasquale potrà viaggiare senza ostacoli, senza sguardi pietosi, senza dover lottare ogni giorno contro i muri dell'indifferenza. Ma fino ad allora, la sua storia resta un monito: le barriere architettoniche sono ancora lì. E non si abbattono da sole.

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