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30 Gennaio 2025 - 10:53
Pasquale Mazzitelli
C’è chi vede i treni come sinonimo di viaggio e libertà. Ma per Pasquale Mazzitelli, 57 anni, disabile da cinque, pendolare da dieci, quei binari a volte si trasformano in ostacoli invalicabili.
La sua storia ha un retrogusto amaro. È un uomo che ha sempre lavorato e che, nonostante la disabilità, non si è mai arreso. Vive a San Benigno, ma ogni mattina raggiunge la stazione di Volpiano, dove almeno il binario 1 è attrezzato per chi, come lui, si sposta in carrozzina.
Eppure, l’altra mattina, qualcosa è andato storto. Il treno delle 7.15, invece di fermarsi al binario 1, arriva al binario 2. Un errore di comunicazione? Una svista? Poco importa: il risultato è che Pasquale, bloccato sulla sua sedia a rotelle, non può salire. Il capotreno è mortificato, ma impotente: non ci sono pedane, ascensori, né alcuna possibilità di spostarsi in sicurezza.
La frustrazione si legge sul volto di Pasquale mentre racconta quei minuti di impotenza. «Prima camminavo… adesso non cammino più», bisbiglia, quasi a ricordare che la sua vita è già cambiata una volta, ma non per questo dovrebbe essere più difficile di quanto già non sia.
Si chiama il 112, ma i Vigili del Fuoco sono impegnati altrove e non possono intervenire. Alla fine, la soluzione è un taxi, che lo porta a Torino con un'ora di ritardo. «In verità quel giorno dovevo fare una visita medica, ma poco importa…» dice con rassegnazione.
Ma il problema è un altro. Quanto pesa davvero quell’ora di ritardo quando ci si sente dimenticati, messi da parte da un sistema che ignora chi non può muoversi come gli altri?
Non è la prima volta che Pasquale vive un’esperienza del genere. E non serve nemmeno chiedersi se accadrà ancora: la risposta, purtroppo, è scontata. Troppe stazioni non sono attrezzate, troppe comunicazioni si rivelano inaffidabili, troppe volte il binario giusto diventa quello sbagliato.
Così, mentre l’Italia si riempie la bocca di parole come inclusione e diritto alla mobilità, c’è chi, ogni giorno, si scontra con una realtà ben diversa. Sono storie come quella di Pasquale a ricordarci quanto possa pesare un errore di binario per chi già deve lottare contro le barriere della vita quotidiana.
E allora ci si chiede: fino a quando Pasquale e tutte le persone nella sua situazione dovranno temere che un semplice treno arrivi su un binario inaccessibile? Fino a quando dovranno sperare che gli ascensori funzionino, che qualcuno non sbagli una comunicazione, che le pedane non siano rotte?
Forse, un domani, Pasquale potrà viaggiare senza ostacoli, senza sguardi pietosi, senza dover lottare ogni giorno contro i muri dell’indifferenza. Ma fino ad allora, la sua storia resta un monito: le barriere architettoniche sono ancora lì. E non si abbattono da sole.
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