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16 Gennaio 2025 - 09:35
Nell’estate del 2023, un episodio avvenuto in una palestra di arti marziali a Torino ha gettato luce su temi spinosi come il consenso, la tutela dei minori e l'interpretazione della legge. Una bambina di appena otto anni è diventata, suo malgrado, il fulcro di un caso che ha scosso non solo una famiglia, ma l’intera comunità. A essere coinvolto, uno psicologo di 47 anni, accusato dai genitori della piccola di averle praticato un massaggio inappropriato.
La vicenda prende il via il 28 giugno 2023, quando, al termine di una lezione di arti marziali, la bambina si trovava in una stanza adiacente alla sala corsi. Secondo quanto denunciato dai genitori, un amico dell’insegnante, che frequentava il dojo per riavvicinarsi alla disciplina, avrebbe costretto la piccola a subire un massaggio contro la sua volontà. Le sue mani si sarebbero spinte dalle gambe fino all’inguine, un gesto che i genitori hanno immediatamente interpretato come una violazione dei confini personali della loro figlia.
A dar maggior peso alla denuncia è stato il racconto della bambina, che ha descritto con precisione gli avvenimenti. “Mi stava facendo fare cose che non volevo”, ha confidato al suo maestro, presente nel dojo al momento dell’accaduto. L’uomo, insospettito dalla scena, si è affacciato nella stanza e ha fermato l’indagato, costringendolo ad allontanarsi.
Massaggio non richiesto e forzato
Nonostante la chiarezza della testimonianza e l'intervento tempestivo del maestro, la Procura ha chiesto l'archiviazione del caso. La motivazione? "Non si ravvisa alcuna condotta di natura sessuale". Secondo i magistrati, la zona interessata dal massaggio non sarebbe considerata “erogena”, una definizione che ha acceso un acceso dibattito sia in ambito legale che sociale.
L’avvocato Chiara Luciani, che rappresenta la famiglia della bambina, ha definito la richiesta di archiviazione “un’ingiustizia profonda”. La madre, amareggiata, ha dichiarato: “Mi aspettavo almeno un’indagine seria. Questo approccio sembra quasi minimizzare ciò che è successo.” La famiglia ha deciso di opporsi fermamente, spingendo per ulteriori accertamenti.
Secondo la difesa, l’indagato avrebbe agito con innocenza, descrivendo il massaggio come un modo per “far tornare il sorriso” alla bambina. Tuttavia, l'avvocato Luciani ha sottolineato che lo psicologo non aveva alcuna qualifica per praticare massaggi e che la piccola avrebbe ripetutamente espresso il suo dissenso, rendendo il gesto non solo inappropriato, ma anche forzato.
Il caso, al di là dei suoi aspetti giudiziari, solleva domande profonde su come vengano percepiti e tutelati i confini personali dei minori. La definizione di “zona erogena”, usata dalla Procura per giustificare l’assenza di una connotazione sessuale, è stata oggetto di critiche. Per molti, si tratta di una lettura troppo tecnica e fredda, incapace di cogliere l’effetto emotivo e psicologico che un gesto del genere può avere su una bambina.
Mentre si attende la decisione del giudice per le indagini preliminari, resta alta l’attenzione mediatica attorno alla vicenda. La famiglia spera che il GIP decida per un approfondimento delle indagini, cercando di far emergere tutta la verità. Per loro, non si tratta solo di ottenere giustizia, ma di garantire che nessun altro bambino debba affrontare situazioni simili.
Questo caso, con tutte le sue implicazioni legali e morali, rappresenta un banco di prova non solo per il sistema giudiziario italiano, ma anche per una società chiamata a riflettere sui valori fondamentali della protezione e del rispetto verso i più vulnerabili.
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