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Cronaca

Zio orco a processo: accusato di abusi sessuali su due bambine. Le parole di Maria straziano il cuore

Inizia il processo contro Francesco, accusato di violenze sessuali su due bambine della sua famiglia allargata

Zio orco

Zio orco a processo: accusato di abusi sessuali su due bambine. Le parole di Maria straziano il cuore

Nel silenzio di un cascinale isolato nella Val Sangone, si è consumata una storia di presunti abusi che ha sconvolto una famiglia e ora si trova al centro di un processo giudiziario. Mercoledì 27 novembre 2024, al Tribunale di Torino, è iniziato il dibattimento contro Francesco, un giovane di 23 anni, accusato di aver abusato sessualmente di due bambine, Maria e Monica, rispettivamente sua nipote e sorellastra. Un caso che ha sollevato interrogativi profondi sulla sicurezza dei minori e sulla capacità delle famiglie di proteggere i propri figli.

Maria e Monica, i cui nomi sono stati modificati per proteggere la loro identità, hanno vissuto un incubo che ha avuto inizio quando avevano appena 6 e 10 anni. Le due bambine, che vivevano in un ambiente familiare allargato, hanno trovato il coraggio di confidarsi con una zia, lontana dal contesto domestico, che ha poi allertato le autorità. "Non capisco perché io devo stare dentro questa comunità, mentre mio zio Francesco è ancora libero di andare dove vuole", ha detto Maria, esprimendo un dolore che va oltre la sua giovane età.

Le indagini, condotte dalla pubblico ministero Barbara Bardellino, hanno portato alla luce una serie di presunti abusi avvenuti tra giugno e luglio 2021. Francesco, difeso dall'avvocato Marco Zani, si dichiara innocente, ma le testimonianze raccolte dipingono un quadro inquietante. Le bambine, che non hanno mai raccontato ai genitori ciò che hanno subito, hanno trovato rifugio in una comunità protetta, dove sono seguite da educatori e assistenti sociali.

Lo zio orco finisce a processo

Le testimonianze delle vittime e la reazione della comunità

Durante l'udienza, una delle insegnanti di Maria ha descritto la bambina come "una mina vagante". Chiusa in sé stessa, Maria disegnava cuoricini sui fogli, simboli di un desiderio di amore e normalità. "Voleva tornare a vivere a casa sua, la comunità non le piaceva", ha raccontato l'insegnante. Maria era consapevole di ciò che le era successo, tanto da parlarne apertamente durante un'attività didattica sull'affettività. "Ha detto di essere stata stuprata dallo zio", ha ricordato l'insegnante, sottolineando la difficoltà di farle dimenticare quei brutti ricordi.

La comunità che ha accolto Maria e Monica ha cercato di offrire loro un ambiente sicuro e protetto. Tuttavia, il trauma subito ha lasciato segni profondi. "Maria chiedeva spesso cosa sarebbe successo a zio Francesco", ha detto un'assistente sociale, evidenziando lo stupore della bambina nel vedere il suo presunto aggressore ancora libero. Gli educatori hanno cercato di ricostruire un legame con la famiglia, ma le ferite sono difficili da rimarginare.

Il processo, che riprenderà a fine gennaio 2025, vede Francesco al banco degli imputati, mentre ascolta i racconti dei testimoni. La sua difesa insiste sull'innocenza, ma le prove raccolte dalla zia, che ha registrato le confessioni delle bambine, rappresentano un elemento cruciale dell'accusa. La giustizia dovrà ora fare il suo corso, in un caso che mette in luce le fragilità di un sistema familiare e sociale che non è riuscito a proteggere due bambine innocenti.

Mentre il processo continua, Maria e Monica cercano di ricostruire le loro vite, lontane dal luogo che avrebbe dovuto essere un rifugio sicuro. La loro storia è un monito per tutti noi, un richiamo alla responsabilità di proteggere i più vulnerabili e di garantire che la giustizia prevalga. La comunità e le istituzioni sono chiamate a riflettere su come prevenire simili tragedie in futuro, affinché nessun altro bambino debba mai chiedersi perché il suo aggressore sia ancora libero.

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