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Ivrea

Un acero rosso per ricordare le donne vittime di violenza

La cerimonia ai Giardini Giusiana di Ivrea e il monito contro il patriarcato

Un Acero Rosso a Ivrea: Simbolo di Memoria e Lotta contro la Violenza sulle Donne

Lunedì mattina, 25 novembre 2024, Ivrea ha scelto di ricordare. Di non dimenticare. In un silenzio denso di emozione, un piccolo acero rosso è stato piantumato ai Giardini Giusiana, tra il monumento alle donne deportate e la stele della Resistenza. Non un luogo qualsiasi, ma uno spazio che racconta la memoria di chi ha lottato, sofferto e, troppo spesso, pagato con la vita per un mondo più giusto.

L’acero rosso, con le sue foglie che si tingono di fuoco prima di cadere, è stato scelto per ciò che rappresenta: la resilienza, il ciclo della vita, la forza di affrontare l’inverno sapendo che la primavera tornerà.

A spiegarne il simbolismo è stato Mario Beiletti presidente dell’ANPI di Ivrea: “Nei giardini zen, le foglie dell’acero non si raccolgono fino a che l’ultima non è caduta, perché il ciclo della vita e delle stagioni è sacro. Questo albero, con le sue radici, racchiude un messaggio: senza memoria non c’è storia, e senza storia non c’è giustizia.”

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Una ferita che non si chiude
“Ogni tre giorni, in Italia, una donna viene uccisa - gli ha fatto eco l'assessora Gabriella Colosso - Ogni tre giorni, un femminicidio ci ricorda che la violenza non è un fenomeno lontano, ma una piaga che colpisce le nostre comunità, le nostre famiglie. Non possiamo più accettarlo.”

Il gesto simbolico si inserisce in un programma di iniziative che, nei giorni scorsi, ha coinvolto scuole, teatri e associazioni. Ma è chiaro che non basta. Il cambiamento richiede impegno quotidiano, una rivoluzione culturale che parta dal riconoscere che la violenza di genere non è una questione privata, ma un fallimento sociale.

Mentre l’acero rosso veniva posto a dimora, le parole di Anna Frank hanno risuonato, come un’eco lontana: “Finché potrai guardare il cielo senza timori, sarai sicuro di essere puro dentro.”

Eppure, ha ricordato Beiletti, i fatti sembrano smentirla. “Stupri, femminicidi, violenze psicologiche: i numeri sono impressionanti, ma dietro quei numeri ci sono volti, storie, famiglie distrutte. Non possiamo restare in silenzio.”

Memoria e impegno
La cerimonia  non è stata solo un momento di riflessione, ma un atto di resistenza. Ricordare le donne deportate nei campi di concentramento nazisti è un modo per sottolineare come la violenza patriarcale abbia radici profonde e brutali. Nei lager, le donne erano doppiamente vittime: per la loro etnia, per il loro genere. Subivano esperimenti disumani, venivano sterminate perché madri o considerate "inutili".

Eppure, anche in quegli orrori, hanno trovato la forza di resistere. Come Sophie Scholl, giovane partigiana della Rosa Bianca, giustiziata per aver distribuito volantini contro il nazismo.

Il messaggio che parte dai Giardini Giusiana è chiaro: non possiamo dimenticare. Ma, soprattutto, non possiamo fermarci ai simboli. La violenza contro le donne è un problema strutturale, che richiede azioni concrete: educazione nelle scuole, supporto alle vittime, politiche che non lascino spazio a scuse o compromessi.

Un acero che crescerà
L’acero rosso crescerà, così come deve crescere l’impegno di tutti. “Questo albero è per le donne deportate, per le partigiane, per tutte le donne vittime della violenza,” ha detto Beiletti. Ma è anche per le future generazioni, affinché possano vivere in un mondo in cui l’articolo 3 della Costituzione – “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale” – non sia solo un principio astratto, ma una realtà concreta.

La cerimonia si è chiusa con un momento di silenzio, rotto solo dal fruscio delle foglie e dal sussurro di una promessa: “Non ci fermeremo. Non oggi. Non mai.”

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