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Cronaca

Brigate Rosse di nuovo sotto accusa: tre imputati per l'omicidio del Carabiniere D'Alfonso

Il processo si aprirà il 25 gennaio 2025, quasi 50 anni dopo i fatti di Arzello di Melazzo

Un frame dal video Youtube di P38 - GHIACCIO SIBERIA

Un frame dal video Youtube di P38 - GHIACCIO SIBERIA

Il 5 giugno 1975, una tranquilla giornata estiva si trasformò in un dramma alla cascina Spiotta di Arzello di Melazzo, nell'Alessandrino. Durante un'operazione di liberazione dell'imprenditore vinicolo Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato dalle Brigate Rosse, il carabiniere Giovanni D'Alfonso perse la vita in una sparatoria. Ora, a quasi mezzo secolo di distanza, la giustizia tenta di fare luce su quel tragico evento con un processo che si aprirà il 25 gennaio 2025 davanti alla Corte d'Assise di Alessandria.

La decisione di procedere con il processo è stata presa nonostante il tempo trascorso, e vede coinvolti tre nomi illustri del panorama brigatista: Renato Curcio, Mario Moretti e Lauro Azzolini. Renato Curcio, 83enne, storico capo della colonna di Torino, ha già scontato 25 anni di carcere e oggi vive a Carrù, in provincia di Cuneo. Durante la sparatoria, Curcio perse la moglie Mara Cagol, anch'essa brigatista. Mario Moretti, 78enne di Milano, è noto per essere stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Aldo Moro, ma attualmente si trova in regime di semilibertà. Infine, Lauro Azzolini, 80enne milanese, completa il trio di imputati.

Tra i quattro brigatisti inizialmente indagati, Pierluigi Zuffada, 79enne di Milano, non affronterà il dibattimento. L'accusa di concorso anomalo nell'omicidio è infatti caduta in prescrizione, sollevando non poche polemiche. La prescrizione, spesso vista come un'ombra sul sistema giudiziario, ha permesso a Zuffada di evitare il processo, lasciando aperte domande sulla giustizia e sulla sua capacità di rispondere ai crimini del passato.

Brigate Rosse: si riapre il processo

La decisione del giudice per l'udienza preliminare di Torino ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, i legali delle difese, tra cui Davide Steccanella, hanno definito il processo "insensato" dopo tanto tempo. Dall'altro, gli avvocati di parte civile, come Guido Salvini e Nicola Brigida, sostengono che il processo sia l'unica via per chiarire cosa accadde realmente quel giorno e per garantire giustizia ai familiari della vittima. La giustizia, come un fiume carsico, riemerge per portare alla luce verità sepolte dal tempo.

Un processo per la verità

Ma cosa significa davvero questo processo? È solo un tentativo tardivo di fare giustizia, o rappresenta un'opportunità per riscrivere una pagina dolorosa della storia italiana? Le Brigate Rosse, simbolo di un'epoca di violenza e terrore, continuano a suscitare dibattiti e divisioni. Il processo potrebbe offrire una nuova prospettiva su quegli anni bui, permettendo di comprendere meglio le dinamiche interne al gruppo e le motivazioni che portarono a scelte così estreme.

Mentre il 25 gennaio 2025 si avvicina, l'attenzione si concentra sulla Corte d'Assise di Alessandria. Sarà un processo complesso, in cui si intrecceranno testimonianze, ricostruzioni storiche e questioni legali. La giustizia, come un orologio che ha ripreso a ticchettare, si prepara a emettere il suo verdetto. Riuscirà a rispondere alle aspettative di chi cerca verità e giustizia, o lascerà ancora una volta spazio a dubbi e polemiche?

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