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Cronaca
13 Agosto 2023 - 18:54
Foto di repertorio
Una morte inattesa per una aritmia maligna dovuta a uno squilibrio elettrolico dettato dalla carenza di acqua.
Questa la prima impressione che si è fatta strada negli ambienti medici del carcere delle Vallette, a Torino, per il caso di Susan John, la reclusa 43enne deceduta lo scorso 11 agosto dopo avere smesso di bere e mangiare.
Lo si è appreso da fonti qualificate. Sarà comunque l'autopsia, che verrà affidata domani, a fare chiarezza. Dopo la morte la donna (alta un metro e sessantasette centimetri) pesava 80 kg. Secondo quanto si è appreso, a scoprire che Susan John - portata alle Vallette il 22 luglio - non assumeva né cibo né acqua sono state le agenti di polizia penitenziaria in servizio nella sezione femminile.
Il personale medico ha cominciato i controlli ma, a quanto si apprende, la donna rifiutava cure e assistenza. Il 4 agosto, dopo una caduta, era stata portata al pronto soccorso, da dove fu dimessa in poche ore: i medici non riscontrarono criticità e certificarono che non voleva sottoporsi ad accertamenti.
Susan John era rinchiusa in una cella di una zona della sezione femminile (che non dispone di un vero e proprio reparto di osservazione psichiatrica) riservata a detenute con fragilità mentali o comportamentali.
E' presente un sistema di videosorveglianza h24 di cui si occupa la polizia penitenziaria. Con ogni probabilità la donna aveva cessato di assumere cibo e acqua già a ridosso del 22 luglio, quando era stata portata in carcere dopo un periodo agli arresti domiciliari (doveva scontare una condanna, con fine pena fissato al 2030, per tratta e immigrazione clandestina inflitta da una corte di Catania).
Non aveva però riferito a nessuno di questa sua iniziativa. Alle agenti - che si accorsero dopo qualche giorno che non si alimentava e informarono il personale sanitario - ripeteva soltanto di voler rivedere il figlio e di tornare in Nigeria.
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