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Gassino Torinese

Capodanno senza botti, i Comuni rompono la tradizione

Sei amministrazioni rilanciano l’invito: meno esplosioni, più sicurezza e rispetto

Capodanno senza botti

Capodanno senza botti, i Comuni rompono la tradizione (foto di repertorio)

C’è un’immagine che ogni anno si ripete: un petardo che scoppia in strada, un cane che tenta di scappare, una persona che sobbalza, un’ambulanza che passa in lontananza. E poi la solita domanda, che non ha più nulla di rituale: è davvero necessario festeggiare così? In queste ore, tra Gassino Torinese, Castiglione Torinese, San Raffaele Cimena, Sciolze, Rivalba e Cinzano, l’argomento è tornato a occupare bacheche e conversazioni, ma con un passo in più: una campagna comune, con un messaggio diretto e poco accomodante, «Spegni i botti e accendi il rispetto».

In occasione dei festeggiamenti di Capodanno 2026, le Amministrazioni comunali invitano i cittadini a evitare l’uso di botti e fuochi d’artificio. Non è una predica morale né un semplice richiamo al “buon senso”. È un invito che prova a tenere insieme più piani: il benessere degli animali, la tranquillità delle persone fragili, il rischio di incidenti e il tema, sempre spinoso, della sicurezza.

Il testo diffuso sui canali social istituzionali insiste sul punto: l’accensione di materiali esplodenti può provocare disturbo, paura e pericolo per le persone, per gli animali e per l’ambiente, oltre a creare situazioni di disagio e rischio. 

Non è solo comunicazione. Nel materiale della campagna compare anche un richiamo alle regole, con riferimenti alla normativa e ai requisiti di sicurezza legati agli articoli pirotecnici. È il modo, nemmeno troppo implicito, per ricordare che i botti non sono un giocattolo e che il confine tra “tradizione” e “pericolo” è spesso molto più sottile di quanto si voglia ammettere, soprattutto quando si accendono materiali esplodenti in strada, vicino a case, auto parcheggiate, passanti.

La parte più interessante, però, non è lo slogan. È la reazione che quel messaggio ha generato. Perché sotto il post del Comune di Gassino Torinese la discussione è diventata subito politica, nel senso più concreto del termine: cosa fa davvero la differenza tra un invito e un divieto? Una cittadina lo ha scritto senza giri di parole: «Non bisognerebbe solo sensibilizzare, bisognerebbe vietare perché, purtroppo, le persone non sono sensibili e capiscono solo la legge e le multe». È un pensiero che circola da anni, e che ogni Capodanno ritorna: se la persuasione non basta, serve la regola.

La risposta dell’amministrazione, però, apre un fronte diverso e altrettanto delicato. Il Comune replica riconoscendo il disagio: «Comprendo il ragionamento e il senso di frustrazione che spesso accompagna questo tema». Poi arriva la frase che sposta il baricentro: «Un divieto ha senso solo se è accompagnato dalla possibilità di un controllo efficace e capillare del territorio». In altre parole: la norma, da sola, non garantisce nulla se non è applicabile. E anzi può produrre un effetto paradossale, che il Comune esplicita con una durezza rara nei toni istituzionali: «Il rischio è che le ordinanze restino sulla carta, penalizzando esclusivamente chi già rispetta le regole».

È qui che la campagna prende una piega meno retorica e più concreta. Perché l’amministrazione non si limita a dire “siate bravi”. Rivendica la scelta della sensibilizzazione come via “realistica”, e la descrive come un lavoro di lungo periodo: «Continueremo a lavorare in questa direzione, promuovendo informazione, consapevolezza e cultura del rispetto». E chiude con un messaggio che, al netto della forma, suona come una fotografia del problema: «Il rispetto delle regole è davvero efficace quando diventa una scelta condivisa dalla comunità, non solo il risultato della paura della sanzione».

Nel giro di poche righe, il tema dei botti smette di essere una questione di gusti personali e diventa quello che in realtà è sempre stato: un conflitto tra libertà individuale e conseguenze collettive. Perché chi accende un petardo lo fa magari per pochi secondi, ma l’effetto si allarga. Gli animali possono reagire con fughe improvvise, tremori, disorientamento. Le persone sensibili ai rumori – anziani, bambini, chi vive stati d’ansia – possono subire quella che per altri è “solo una scossa”, ma per loro diventa un momento di stress reale. E poi ci sono i rischi materiali: disagi, incidenti, situazioni impreviste.

La campagna dei sei Comuni prova a spostare la narrazione: non più “tanto succede solo una notte”, ma “quella notte dice che comunità siamo”. Lo fa con un gesto semplice: un invito esplicito, ripetuto, coordinato. E con un messaggio che non chiede di spegnere la festa, ma di cambiare la forma della festa. Perché “accendere il rispetto” significa proprio questo: prendere atto che la gioia non si misura dal rumore, e che l’idea di “divertimento” non può ignorare chi, in quel momento, non ha modo di difendersi.

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