AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
29 Dicembre 2025 - 15:27
Askatasuna, parte la battaglia legale dopo lo sgombero: chiesti tutti gli atti a Comune, Prefettura e Questura
La vicenda di Askatasuna entra in una nuova fase, questa volta nelle aule di tribunale e negli uffici della pubblica amministrazione. Dopo lo sgombero del 18 dicembre scorso, eseguito dalle forze dell’ordine nella palazzina di corso Regina Margherita a Torino, è partita la battaglia legale annunciata da settimane. Due cittadini che avevano fatto parte del Comitato dei proponenti del Patto di collaborazione con il Comune hanno formalizzato la richiesta di accesso agli atti a Palazzo Civico, Prefettura e Questura, con l’obiettivo di ricostruire in modo puntuale ogni passaggio che ha portato all’intervento.
La richiesta, assistita dall’avvocata Valentina Colletta, apre un percorso amministrativo preciso: le istituzioni coinvolte hanno 30 giorni di tempo per rispondere, accogliendo o respingendo – anche tacitamente – l’istanza. In caso di diniego, il passaggio successivo sarà il ricorso al Tar. Non si tratta di un’iniziativa simbolica: il Comitato intende verificare limiti, presupposti e legittimità dell’operazione che ha messo fine a quasi trent’anni di occupazione e attività del centro sociale.
Al centro della contestazione c’è il Patto di collaborazione siglato il 15 maggio 2025 tra il Comune di Torino e i proponenti legati ad Askatasuna. Un accordo che prevedeva la cogestione di una porzione del piano terra e dell’area esterna dell’immobile di corso Regina Margherita, presentato dall’amministrazione come un tentativo di ricondurre l’esperienza del centro sociale dentro un perimetro istituzionale. Proprio su questo punto si innesta lo scontro: i proponenti vogliono capire se e in che modo quel Patto sia stato superato, sospeso o considerato irrilevante nel momento in cui è stata decisa l’operazione di polizia.
La richiesta di accesso agli atti mira anche a ricostruire le comunicazioni intercorse tra Questura, Prefettura e Comune, comprese quelle che hanno portato alla chiusura preventiva di due istituti scolastici della zona la mattina dello sgombero, motivata da ragioni di ordine e sicurezza pubblica.
Lo sgombero di Askatasuna è scattato all’alba del 18 dicembre, con un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine. L’area è stata immediatamente cintata e presidiata, trasformando corso Regina Margherita e le strade adiacenti in una zona a controllo rafforzato. All’interno dell’edificio non sono stati registrati scontri diretti durante le operazioni, ma la tensione si è spostata rapidamente all’esterno.
Nelle ore successive e nei giorni seguenti, il quartiere Vanchiglia ha vissuto un clima di forte pressione: presidi fissi, controlli, identificazioni e una presenza costante delle forze dell’ordine davanti alla palazzina sgomberata, diventata di fatto un punto sensibile.

La mattina dello sgombero
La risposta del mondo antagonista non si è fatta attendere. Nei giorni successivi allo sgombero si sono svolti cortei e manifestazioni, una delle quali è degenerata in scontri con la polizia, danneggiamenti, lancio di oggetti e momenti di guerriglia urbana. Il bilancio complessivo, secondo quanto emerso nei giorni seguenti, parla di arresti, denunce e numerose identificazioni.
In particolare, durante il corteo più teso, alcune vetrine sono state danneggiate, mentre la città si è trovata a fare i conti con un’escalation che ha riportato Askatasuna al centro del dibattito pubblico nazionale. Le forze dell’ordine hanno rivendicato la gestione dell’ordine pubblico, mentre dal mondo politico si sono moltiplicate prese di posizione contrapposte.
Lo sgombero ha aperto una frattura profonda anche sul piano politico. Da un lato il centrodestra, che ha rivendicato l’operazione come una vittoria simbolica e concreta sul fronte della legalità; dall’altro una maggioranza comunale divisa, con tensioni evidenti tra l’area più moderata e Alleanza Verdi Sinistra, accusata di ambiguità per la partecipazione di alcuni esponenti alle iniziative di solidarietà con Askatasuna.
Le opposizioni hanno chiesto dimissioni e chiarimenti al sindaco Stefano Lo Russo, mentre il Movimento 5 Stelle ha parlato apertamente di gestione fallimentare della vicenda. In questo contesto, il Patto di collaborazione – che avrebbe dovuto rappresentare una soluzione di compromesso – è diventato uno degli elementi più controversi dell’intera storia.
Dopo lo sgombero, la palazzina è rimasta sotto presidio fisso. Una scelta che ha avuto conseguenze dirette sulla vita quotidiana del quartiere: strade controllate, passaggi limitati, una presenza costante di mezzi e agenti. Proprio in questi giorni, alcuni residenti hanno portato panettoni e pandori agli agenti impegnati nel presidio, un gesto di sostegno che ha ulteriormente polarizzato il clima, tra chi lo ha letto come riconoscenza e chi come provocazione.
Con la richiesta di accesso agli atti, il Comitato dei proponenti apre un fronte meno visibile ma potenzialmente decisivo. Se dagli atti dovessero emergere criticità procedurali o scelte non adeguatamente motivate, la strada del ricorso al Tar diventerebbe concreta. L’obiettivo dichiarato è tutelare le prerogative e i diritti che, secondo i proponenti, discendevano dal Patto firmato a maggio.
Al tempo stesso, la pubblica amministrazione potrebbe respingere l’istanza, rivendicando la piena legittimità dell’operazione sulla base di esigenze di sicurezza e ordine pubblico. In quel caso, la vicenda si sposterebbe definitivamente sul terreno giudiziario.
A distanza di settimane dallo sgombero, Askatasuna resta un nodo aperto per Torino. Non più solo come spazio fisico, ma come caso politico, amministrativo e ora legale. La richiesta di accesso agli atti segna l’inizio di una fase più silenziosa ma non meno conflittuale, in cui documenti, date, firme e comunicazioni saranno passati al setaccio.
Il confronto si sposta dai cortei alle carte, ma il peso della vicenda resta lo stesso. E mentre il presidio continua e il quartiere convive con una normalità sospesa, la partita su Askatasuna è tutt’altro che archiviata.

La manifestazione dopo lo sgombero
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.