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Fondi ad Hamas, l’inchiesta che travolge Torino e la difesa che accusa Israele: “prove costruite”

Nei fascicoli intercettazioni, contanti e nomi eccellenti, ma i legali di Hannoun contestano l’origine delle accuse

Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo a Torino

Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo a Torino

C’è anche il nome di Mohamed Shahin, imam di Torino già destinatario di un provvedimento di espulsione e successivamente rimesso in libertà dalla Corte d’appello, negli atti dell’inchiesta condotta da Polizia di Stato e Guardia di Finanza che ha portato a nove misure cautelari per presunti finanziamenti ad Hamas attraverso sedicenti associazioni benefiche. Un’indagine di ampia portata che ricostruisce una rete di raccolta e trasferimento di denaro con ramificazioni in numerose città italiane e flussi economici quantificati in circa sette milioni di euro.

Nell’ordinanza firmata dal Gip Silvia Carpantini viene ricostruito come la cellula riconducibile a Mohammed Hannoun, presidente dell’associazione Palestinesi in Italia, avesse diversi contatti sul territorio nazionale. Tra i soggetti citati in varie conversazioni compare anche Mohamed Shahin, che non risulta formalmente indagato, ma viene menzionato in più passaggi delle intercettazioni e chiamato in causa in operazioni di spostamento di denaro.

Mohammed Hannoun presente al corteo ProPal a Sesto San Giovanni

Nell’ambito dell’indagine sono state eseguite 17 perquisizioni, personali e locali, nei confronti delle persone sottoposte a misura cautelare e di altri indagati. I controlli hanno riguardato le città di Genova, Milano, Roma, Torino, Bologna, Bergamo, Firenze, Monza Brianza, Lodi e Sassuolo, includendo anche tre sedi dell’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese (Abspp). Durante le operazioni sono stati sequestrati contanti per una somma complessiva di circa 1.080.000 euro, rinvenuti non solo nelle sedi associative ma anche in alcune abitazioni nella disponibilità delle persone perquisite.

In uno dei casi più rilevanti, circa 560.000 euro in contanti erano stati nascosti in un vano appositamente ricavato all’interno di un garage a Sassuolo. In un alloggio in provincia di Lodi sono stati sequestrati computer occultati nell’intercapedine di una parete, insieme a numerosi altri dispositivi elettronici che saranno sottoposti ad analisi. In una delle abitazioni perquisite, dove erano custoditi anche circa 6.000 euro, è stata trovata una bandiera di Hamas. Altro materiale riconducibile all’organizzazione è stato rinvenuto in diversi luoghi, tra cui opuscoli sul movimento islamista e una chiavetta Usb contenente anāshīd, canti corali celebrativi di Hamas.

Dagli atti emergono intercettazioni considerate centrali dagli investigatori. In una telefonata del 26 luglio 2025, Yaser Elasaly, uno degli arrestati, dice a Mohamed Shahin: «Tanto El Shobky non sa niente, sa che prendiamo la “amana” (cioè i soldi) e la consegniamo agli sfollati e ai bisognosi».

Assalto alla Stampa, la protesta nel nome dell'imam espulso per le frasi sul 7 ottobre

In una conversazione del 6 febbraio 2024, Dawoud Ra’Ed Hussny, noto come Abu Falastine, anch’egli arrestato, parla con Shahin de «La cupola d’oro» e dell’appuntamento per aprire un conto corrente dedicato alla nuova associazione ritenuta il tramite per raccogliere fondi da destinare ad Hamas, insieme all’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese.

Negli atti si legge inoltre che il 14 ottobre 2024 Shahin e Mahmoud El Shobky avrebbero dovuto viaggiare e, passando da Milano e dal consolato, recarsi da Yaser Elasaly per ritirare una somma in contanti. In altre due conversazioni, del 21 e del 29 ottobre, si parla dell’invio di denaro attraverso le mogli di due connazionali di Elasaly. Riferendosi alla stessa operazione, in una telefonata con Abu Falastine, Elasaly nomina nuovamente Shahin e i due parlano di quanto denaro sia stato trasferito effettivamente a Gaza.

Tra gli indagati figura anche Angela Lano, 62 anni, giornalista e orientalista torinese, direttrice dell’agenzia di stampa Infopal e autrice di diversi libri sul mondo arabo e islamico. È indagata per concorso e partecipazione in associazione con finalità terroristica. La sua abitazione a Sant’Ambrogio è stata perquisita dalla Digos, che ha sequestrato denaro contante, dispositivi informatici e bandiere con simboli di Hamas. Secondo gli investigatori, Angela Lano è considerata la responsabile della propaganda di Hamas in Italia, in rapporti quasi quotidiani con Mohammed Hannoun. Nel 2010 la giornalista era stata tra le persone a bordo della nave del convoglio umanitario “8000 – Freedom for prisoners. Freedom for Gaza”, assaltato dalla marina militare israeliana, i cui occupanti furono poi liberati alcuni giorni dopo.

L’inchiesta ha innescato un violento scontro politico. In una nota, i deputati della Lega Elena Maccanti e Alessandro Benvenuto dichiarano: «Inquietante l’arresto di Mohammad Hannoun perché avrebbe finanziato Hamas e perché avrebbe lavorato alla costituzione di una cellula sul nostro territorio. Altrettanto inquietante apprendere che i soldi verso l’organizzazione terroristica partivano anche da Torino, così come trovare, nelle pagine dell’ordinanza, il ricorrere del nome dell’imam Shahin, quello per cui i “pacifici okkupanti” di Askatasuna hanno deciso di devastare la sede de La Stampa e trasformare Torino in un teatro di guerriglia. Non siamo disposti ad accettare che in città si possa anche solo lontanamente tollerare la presenza di personaggi vicini ad una organizzazione terrorista: attendiamo una presa di distanza chiara da chi, per troppo tempo, ha strizzato l’occhio a queste frange estremiste, dal sindaco di Torino a tutta quella sinistra che ha scelto di andare a braccetto con Hannoun e compagni per mero e becero tornaconto politico. Senza però pensare a quali rischi avrebbero esposto tutto il nostro Paese».

Durissimo anche l’intervento del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove, che afferma: «L’Imam Shahin di Torino, improvvidamente liberato dalla Corte d’Appello, con tanto di festeggiamenti e ricche feste e cotillon organizzati dalla sinistra parlamentare, era nella opaca galassia di Hannoun, interloquiva con gli indagati per finanziamento del terrorismo e “spostava denaro” con loro. La sinistra ha ancora qualcosa da festeggiare per la liberazione di Shahin?». E aggiunge: «L’indagine sul finanziamento al terrorismo islamico ogni giorno apre un nuovo squarcio inquietante che colpisce quasi selettivamente tutti gli esponenti idolatrati dalla sinistra italiana. Quando passerà la sinistra ubriacatura per la maleodorante e violenta piazza pro Pal e maranza? La sinistra italiana è a un bivio: o la sicurezza della Nazione o la piazza incendiaria pro Pal, nel cui sottobosco si agitano personaggi inquietanti».

Da Forza Italia, il senatore Roberto Rosso e il segretario cittadino torinese Marco Fontana dichiarano: «Dall’inchiesta della procura di Genova sui finanziamenti ad Hamas emergono contatti, telefonate e riferimenti a movimenti di denaro che chiamano in causa l’imam torinese Mohamed Shahin. Pur non risultando formalmente indagato, resta un dato politico e istituzionale evidente: parliamo di una persona inserita in un contesto investigativo che riguarda terrorismo internazionale, raccolta fondi e flussi verso Gaza. Un quadro che desta un profondo allarme». E proseguono: «Alla luce di questi nuovi e gravissimi elementi chiediamo al sindaco Lo Russo di rompere ogni ambiguità e di assumere una distanza politica netta da Avs. Non è più tollerabile che continui a far finta di nulla di fronte a una maggioranza infarcita di esponenti che intrattengono rapporti, sostegni o vicinanze con soggetti attenzionati dalle procure per vicende legate alla radicalizzazione. I cittadini non possono essere chiamati a pagare il prezzo di equilibri politici costruiti sull’ideologia e sulla rimozione dei fatti. Ribadiamo inoltre che, alla luce di questi ultimi elementi emersi, la decisione della Corte d’appello di Torino di rimettere in libertà una persona che ha definito l’attacco terroristico del 7 ottobre un “gesto di resistenza”, impone oggi una rivalutazione e un livello di attenzione massimo. Su questioni di questa gravità deve esserci una sola linea possibile: fermezza assoluta e tolleranza zero».

Sul fronte difensivo, i legali di Mohammed Hannoun, gli avvocati Dario Rossi, Emanuele Tambuscio e Fabio Sommavigo, affermano: «Le accuse nei confronti di Mohammad Hannoun sono largamente costruite su elementi probatori e valutazioni, anche giuridiche, di fonte israeliana». E aggiungono: «Non è possibile un reale e approfondito controllo su contenuti e rispetto dei principi costituzionali, convenzionali e codicistici di formazione della prova». Infine sottolineano: «Il rischio piuttosto evidente è che azioni concrete di solidarietà alla popolazione palestinese martoriata siano di conseguenza interpretate come azioni di sostegno, o addirittura di partecipazione, ad attività terroristiche, ammesso che tale qualificazione possa ritenersi, e in che misura, corretta».

Un’inchiesta destinata a lasciare strascichi giudiziari e politici profondi, che porta Torino e il Piemonte al centro di un procedimento di estrema delicatezza sul finanziamento del terrorismo internazionale.

Montaruli (FdI), 'l'imam di Torino va espulso, presenterò un esposto'

 A chiedere apertamente l’espulsione dell’imam è Augusta Montaruli, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che annuncia la presentazione di un esposto in procura per fare luce su ruoli, rapporti e responsabilità.

AUGUSTA MONTARULI

«L'imam Shahin deve essere espulso e per questo presenterò un esposto in procura sulla moschea Omar e il suo imam Shahin, già destinatario di un provvedimento di espulsione del Viminale», afferma Montaruli, spiegando che le motivazioni con cui la Corte d’Appello aveva disposto il ritorno in libertà dell’imam presentavano, a suo giudizio, gravi carenze. «Le motivazioni dell'ordinanza della Corte d'appello con cui l'imam è tornato in libertà già presentavano lacune, non avendo profili di novità, e risultando totalmente carenti circa le aderenze con la fratellanza mussulmana: ora sono totalmente superate alla luce di ulteriori elementi».

Secondo la parlamentare di FdI, a rendere ancora più delicata la posizione dell’imam sarebbero alcune intercettazioni emerse nell’ambito dell’inchiesta condotta a Genova, che coinvolge una rete di finanziamenti a favore di Hamas. «L'intercettazione nell'ambito dell'inchiesta di Genova che vede coinvolto, anche se non indagato, l'imam della moschea di Via Saluzzo getta infatti ombre inquietanti che rafforzano le motivazioni dell'espulsione, da chiarire anche sul profilo penale, e danno contezza dei rapporti del soggetto apprezzabili alla luce di elementi di pericolosità per la nostra sicurezza nazionale», prosegue Montaruli.

Nel suo intervento, la vice capogruppo di Fratelli d’Italia sottolinea anche il ruolo centrale attribuito alla guida religiosa e alla struttura che dirige. «Il ruolo di guida della moschea e le attività da quest'ultima intrattenute sono oggetto degli elementi che sottopongo all'attenzione dell'autorità giudiziaria nell'esposto, affinché verifichi in maniera più approfondita i contatti con tutti i soggetti indagati ed in particolare con Hannoun, principale soggetto sottoposto alla misura cautelare per la rete di finanziamenti ed il sostegno ad Hamas».

L’affondo finale è rivolto anche a chi, nei mesi scorsi, aveva sostenuto iniziative definite come benefiche a sostegno della liberazione dell’imam. «Ciò che è certo è che a seguito di questa inchiesta chi invocava attività di beneficenza a sostegno della liberazione di Shahin non potrà più farlo ed anzi deve delle spiegazioni», afferma Montaruli, chiedendo trasparenza totale. «Ora vogliamo i nomi di coloro che hanno effettuato i bonifici alle associazioni coinvolte nell'ambito dell'inchiesta di Genova nonché un chiarimento del ruolo della moschea guidata dal sedicente imam Shahin nella rete di finanziamenti che partivano dall'Italia».

Un intervento che alza ulteriormente il livello dello scontro politico e che promette nuovi sviluppi giudiziari e istituzionali attorno a una vicenda destinata a far discutere ancora a lungo.

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