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23 Dicembre 2025 - 18:37
A Chivasso c’è chi dormirà in tenda in un prato a Natale: la storia di Giorgio e di un'amministrazione del Pd che proprio in questi giorni chiude il dormitorio...
La tenda è stesa su un prato, in un quartiere popoloso di Chivasso, a pochi passi da case illuminate, supermercati aperti fino a tardi, famiglie che in queste ore fanno la spesa per la cena della Vigilia. È al riparo da occhi distratti, nascosta quanto basta per non dare fastidio. Ma la storia che contiene non può restare invisibile. Perché nel Natale 2025, a Chivasso, c’è ancora chi vive in una tenda.
Lui si chiama Giorgio. All’anagrafe Gheorghe, ma in città lo conoscono tutti così. Ha 43 anni, è rumeno, vive a Chivasso da quasi vent’anni. Con lui c’è sua moglie, anche lei rumena, arrivata qui quindici anni fa. Non sono appena sbarcati, non sono figure di passaggio. Sono parte di questa città, nel modo fragile e scomodo con cui spesso si è “parte” solo quando non si ha nulla.
Da quattro mesi dormono in una tenda. Non in un bosco lontano, non in un luogo irraggiungibile. In mezzo alla città. Al freddo. Con quello che riescono a portarsi dietro. Il resto lo lasciano fuori, insieme alle spiegazioni che nessuno chiede davvero fino in fondo.
La loro storia non è nuova. Per anni hanno vissuto nell’area della Stazione, tra i binari e piazzale Ceresa, in un immobile abbandonato. Tutti sapevano. Tutti vedevano. Tutti, più o meno, tolleravano. Perché Giorgio e sua moglie non davano problemi. Pregavano. Cantavano canzoni religiose. E molti dicevano sottovoce: meglio loro che altri. Un compromesso sporco, ma comodo. Finché è durato.
Poi, a settembre, è arrivato lo sgombero. Rapido. Muscolare. Rivendicato politicamente. Il sindaco Claudio Castello aveva annunciato il pugno duro contro il degrado della Stazione. E il pugno si è abbattuto prima di tutto su chi era più facile colpire. Su Giorgio e sua moglie. A scatenare tutto, un video inviato al primo cittadino: si sentiva Giorgio cantare. Non urlare, non minacciare. Cantare.
«Quelli che fanno casino non siamo noi», aveva detto allora. «Io prego per loro, dico di smetterla. Ma non mi ascoltano. Hanno colpito noi perché era più facile». I fatti gli hanno dato ragione: chi rendeva davvero invivibile la zona ha continuato a farlo. Loro no. Loro sono spariti. O meglio: sono finiti in una tenda.
Oggi mangiano grazie alla mensa dell’associazione Punto a Capo. Si lavano grazie alla generosità di amici. Di giorno cercano riparo in chiesa. «La Stazione è troppo pericolosa», dice Giorgio. Di notte tornano sotto il telo sottile che li separa dall’umidità, dal gelo, dalla paura. Nelle ultime settimane i termometri sono scesi più volte sotto lo zero. Ma tant'è.
Giorgio racconta una vita fatta di lavori saltuari, di occasioni che durano qualche mese e poi finiscono. L’ultimo contratto è scaduto il 31 agosto, legato a un progetto del Comune. Cinque mesi. Poi più nulla. Dice di essere stato danneggiato da informazioni false, da segnalazioni sbagliate, da errori mai chiariti. Racconta di una truffa online, di soldi persi nel trading, di debiti che lo inseguono anche in Romania. Le sue parole a volte si accavallano, si interrompono, tornano indietro. La sofferenza si sente. La confusione pure. Ma una cosa è limpida: oggi non ha niente.

Giorgio, 43 anni
«Non rubo, non faccio del male a nessuno», ripete. «Non chiedo milioni. Chiedo una casa, un lavoro. Vivere come una persona normale». Accanto a lui, sua moglie ascolta. Sta zitta. Resiste.
Ed è qui che la storia smette di essere solo la loro. Perché siamo alla vigilia di Natale. Perché domani, a pochi passi da quel prato, qualcuno apparecchierà con cura, qualcun altro andrà alla Messa della Vigilia, qualcun altro ancora parlerà di accoglienza, di comunità, di valori. E intanto due persone dormiranno in una tenda.
A rendere tutto più insopportabile c’è un altro dato, scritto nero su bianco negli atti comunali: il dormitorio di Chivasso chiuderà dal 1° gennaio 2026. I fondi sono stati azzerati. La spesa sarà zero. Nessuna alternativa strutturata è stata messa sul tavolo. Questo significa che Giorgio e sua moglie non sono un’eccezione temporanea. Sono un’anticipazione.
L’assessore alle Politiche Sociali, Cristina Varetto, Partito Democratico, è informata della vicenda. Ad oggi, non è stato fatto nulla. Nessuna soluzione abitativa. Nessuna presa in carico visibile. Nessuna risposta che vada oltre il silenzio. Ed è un silenzio che pesa, soprattutto ora.

Cristina Varetto, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Chivasso
Perché questa non è una storia da cronaca nera, né da folklore urbano. È una storia che interroga le istituzioni, ma anche la città. Non tanto per stabilire chi abbia ragione o torto, chi abbia sbagliato prima, chi non abbia compilato un modulo. Ma per una domanda più semplice, e più scomoda: è normale che nel Natale 2025 ci sia chi vive in una tenda, in mezzo a Chivasso?
La tenda è nascosta. Ma non abbastanza da assolverci. Non abbastanza da far finta di niente. Dentro ci sono due persone che da anni vivono ai margini, tollerate finché non disturbano, allontanate quando diventano un problema politico. Fuori c’è una città che domani festeggerà.
Giorgio e sua moglie non chiedono compassione. Chiedono un tetto. Chiedono di non essere invisibili. Chiedono che qualcuno, almeno una volta, guardi quella tenda e dica che non è accettabile.
Il Natale, quello vero, non è una parola nei discorsi. È una scelta. E questa storia, anche se nascosta tra i palazzi, non ci permette più di voltare lo sguardo.

La tenda dove vive con la moglie
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