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23 Dicembre 2025 - 14:55
Endometriosi, Fratelli d'Italia punta il dito sul ritardo diagnostico e sulla scarsa informazione (immagine di repertorio)
Rompere il silenzio che per anni ha avvolto il dolore femminile e ridurre un ritardo diagnostico che può arrivare fino a undici anni. È questo il messaggio che arriva dal Consiglio regionale del Piemonte, dove l’aula ha approvato un ordine del giorno dedicato all’endometriosi, patologia cronica che in Italia colpisce oltre un milione e mezzo di donne, con conseguenze profonde sulla salute fisica, psicologica e sociale.
A sollevare il tema è stata la consigliera regionale di Fratelli d’Italia Paola Antonetto, che nel suo intervento ha richiamato l’attenzione su una malattia ancora troppo spesso sottovalutata e normalizzata. Una condizione che non si limita al dolore, ma che porta con sé isolamento, incomprensione e una diagnosi tardiva che incide pesantemente sulla qualità della vita.
Secondo Antonetto, anche in Piemonte l’impatto dell’endometriosi sulla popolazione femminile in età riproduttiva resta significativo, nonostante il lavoro già avviato dalla Regione per costruire e rafforzare la rete regionale dedicata alla patologia. Un impegno che, tuttavia, deve essere accompagnato da un deciso rafforzamento delle attività di informazione precoce e di educazione alla salute, soprattutto tra adolescenti e giovani, individuati come fascia strategica per intercettare i sintomi e accorciare i tempi della diagnosi.

Paola Antonetto
L’ordine del giorno approvato individua proprio in questo nodo il punto centrale e propone strumenti concreti e a basso costo. Tra questi, l’utilizzo di strumenti digitali come QR code informativi da diffondere nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, per favorire una maggiore consapevolezza dei sintomi e delle possibilità di cura.
Un altro elemento ritenuto fondamentale è il lavoro di rete tra istituzioni, sanità, scuola e Terzo Settore. La presa in carico delle pazienti, viene sottolineato, non può essere soltanto clinica ma deve includere anche una dimensione informativa e di supporto umano. In questo quadro si inserisce il richiamo alla legge regionale 10/2017, che riconosce il ruolo delle associazioni e del volontariato come parte integrante del sistema di assistenza e sensibilizzazione.
Tra gli impegni chiesti alla Giunta regionale figura inoltre la realizzazione di un sito istituzionale dedicato all’endometriosi, capace di raccogliere informazioni scientificamente validate su prevenzione, sintomi, diagnosi, cure, servizi sanitari disponibili e centri di riferimento, oltre al contributo delle associazioni. Un portale pensato per essere accessibile, con un linguaggio chiaro e adatto anche ai più giovani, rivolto a studenti, famiglie, scuole e cittadini.
Il passaggio in aula segna così un punto politico e culturale: riconoscere l’endometriosi non solo come questione sanitaria, ma come tema di diritti, ascolto e riconoscimento. Un impegno che mira a rendere visibile una sofferenza rimasta troppo a lungo ai margini e a trasformare la consapevolezza in uno strumento concreto di tutela della salute delle donne.
L’endometriosi è una malattia cronica complessa, spesso invisibile, che colpisce milioni di donne ma resta ancora oggi difficile da riconoscere e diagnosticare. Si manifesta quando tessuto simile a quello che riveste l’interno dell’utero cresce in sedi anomale, al di fuori della cavità uterina. Può localizzarsi sulle ovaie, sulle tube, sul peritoneo, sull’intestino, sulla vescica e, nei casi più rari, anche in zone più distanti. Questo tessuto risponde agli stimoli ormonali del ciclo mestruale, ma non potendo essere espulso come avviene per l’endometrio, provoca infiammazione, dolore e, nel tempo, aderenze.
I sintomi dell’endometriosi sono variabili e non sempre proporzionati all’estensione della malattia. Il più comune è il dolore pelvico, spesso intenso e persistente, che può accentuarsi durante il ciclo mestruale ma non è necessariamente limitato a quel periodo. Molte donne riferiscono mestruazioni molto dolorose, dolore durante i rapporti sessuali, disturbi intestinali o urinari ciclici, gonfiore addominale, stanchezza cronica. In una percentuale significativa dei casi, l’endometriosi è associata a difficoltà di concepimento o infertilità.
In Italia si stima che ne soffrano oltre un milione e mezzo di donne, ma il numero reale potrebbe essere più alto, proprio a causa delle diagnosi mancate o tardive. Il tempo medio che intercorre tra la comparsa dei primi sintomi e una diagnosi corretta è ancora molto lungo: tra i 7 e gli 11 anni. Un ritardo dovuto a più fattori: la variabilità dei sintomi, la loro frequente attribuzione a “dolori mestruali normali”, la mancanza di informazione e, non di rado, una sottovalutazione del dolore femminile, soprattutto in età adolescenziale.
La diagnosi non è semplice. Gli esami di imaging come l’ecografia o la risonanza magnetica possono individuare alcune forme di endometriosi, ma non sempre sono risolutivi. In molti casi la conferma definitiva arriva solo attraverso un intervento chirurgico esplorativo, oggi sempre più spesso evitato o rimandato grazie a protocolli clinici meno invasivi e a una maggiore esperienza dei centri specialistici. Proprio per questo, l’orientamento attuale punta su una diagnosi clinica precoce, basata sull’ascolto dei sintomi e su percorsi dedicati.
Non esiste una cura definitiva per l’endometriosi. Le terapie disponibili mirano a controllare la malattia e a migliorare la qualità della vita. Il trattamento più diffuso è quello ormonale, che ha l’obiettivo di ridurre o bloccare l’attività del tessuto endometriosico, limitando l’infiammazione e il dolore. In parallelo viene spesso utilizzata una terapia antidolorifica. Nei casi più severi o resistenti ai farmaci, può essere indicato un intervento chirurgico, finalizzato alla rimozione delle lesioni, tenendo conto dell’età della paziente, del desiderio di gravidanza e della gravità dei sintomi.
L’endometriosi non è solo una questione clinica. Ha un impatto profondo sulla vita quotidiana, sul lavoro, sulle relazioni sociali e sulla salute psicologica. Molte donne convivono per anni con dolore, assenze lavorative, difficoltà a spiegare la propria condizione, senso di isolamento. Per questo, negli ultimi anni, si è fatta strada una visione più ampia della malattia, che richiede una presa in carico multidisciplinare e un supporto che vada oltre l’ambito strettamente sanitario.
Negli ultimi anni, anche a livello istituzionale, sono stati compiuti alcuni passi avanti. L’endometriosi è inserita nei Livelli essenziali di assistenza per le forme più gravi e diverse Regioni hanno attivato reti dedicate e centri di riferimento. Resta però centrale il tema della prevenzione secondaria, cioè della capacità di riconoscere i segnali precoci della malattia, soprattutto tra le più giovani. Informazione, educazione sanitaria e accesso a fonti affidabili sono strumenti fondamentali per ridurre il ritardo diagnostico e limitare le conseguenze a lungo termine.
In questo quadro, la diffusione di contenuti chiari, scientificamente validati e accessibili rappresenta un passaggio decisivo. Conoscere l’endometriosi significa dare un nome al dolore, ridurre l’isolamento e consentire alle donne di orientarsi più rapidamente verso i servizi adeguati. È su questo terreno che si gioca oggi una parte importante della risposta alla malattia: non solo nelle cure, ma nella capacità di riconoscerla per tempo.
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