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22 Dicembre 2025 - 15:21
Askatasuna sgomberato, il boomerang politico su Lo Russo spacca la maggioranza in Comune
Lo sgombero di Askatasuna, dopo quasi trent’anni di occupazione, non ha chiuso una partita: ne ha aperta un’altra, tutta politica, che ora mette in seria difficoltà il sindaco Stefano Lo Russo e la sua maggioranza. In Sala Rossa l’aria è cambiata di colpo. Il Consiglio comunale convocato per oggi, 22 dicembre, diventa uno snodo delicatissimo non tanto per i numeri, quanto per misurare la tenuta politica di un’amministrazione che fino a pochi giorni fa pensava di aver archiviato la vicenda del centro sociale come un capitolo utile a costruire la narrazione della Torino del futuro.
Fino allo sgombero del 18 dicembre, Lo Russo poteva ancora contare sul percorso di trasformazione di Askatasuna in “bene comune” come simbolo di una città capace di tenere insieme legalità e inclusione. Un tassello che, insieme al nuovo Piano regolatore, avrebbe dovuto accompagnarlo verso le Comunali del 2027. Oggi quello schema appare incrinato. Il contrappasso, per usare l’immagine evocata da più di un osservatore, è tutto politico: lo sgombero che chiude una stagione per gli antagonisti rischia di aprirne una molto più complicata per chi governa Torino.
Nel campo della maggioranza, le fratture emergono con chiarezza. Il centro guarda con crescente fastidio ad Alleanza Verdi e Sinistra e in particolare all’assessore alle Politiche sociali Jacopo Rosatelli, finito nel mirino per la sua partecipazione al corteo pro Askatasuna insieme alla capogruppo regionale Alice Ravinale e al deputato Marco Grimaldi. Moderati e +Europa/Radicali non hanno chiesto formalmente le sue dimissioni, ma il disagio è evidente: la convivenza tra anima centrista e sinistra radicale è sempre più faticosa, soprattutto dopo giorni di guerriglia urbana e vetrine spaccate.

La Sala Rossa
Sul fronte opposto, il Centrodestra festeggia. Per Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia lo sgombero rappresenta una vittoria politica netta, resa possibile – rivendicano – dall’intervento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. È il primo vero successo spendibile in vista del 2027, il colpo che può consentire alla destra di giocarsi davvero Torino. Resta aperta la partita sul candidato sindaco: il nome dell’assessore regionale Maurizio Marrone circola con insistenza, ma non mancano le resistenze, soprattutto in Forza Italia, dove prende quota l’ipotesi del ministro Paolo Zangrillo, profilo considerato più competitivo in una città storicamente antifascista e culturalmente vicina al centrosinistra.
Le richieste di dimissioni intanto si moltiplicano. Marrone ha chiesto apertamente la testa di Rosatelli, invitando Lo Russo a scegliere se allontanarlo dalla giunta o farsi da parte. Ma il colpo più duro arriva dal Movimento 5 Stelle, formalmente all’opposizione ma parte del cosiddetto campo largo. Il capogruppo Andrea Russi non usa mezzi termini: sulla gestione di Askatasuna, dice, Lo Russo “ha sbagliato tutto” e ora dovrebbe “chiedere scusa ai torinesi e dimettersi”. Una presa di posizione che pesa, perché apre uno scenario finora impensabile: senza Lo Russo, il M5s ha già fatto sapere che sarebbe disposto a valutare un’alleanza elettorale con il Pd, finora esclusa proprio per la presenza dell’attuale sindaco.
Fuori dal Palazzo, la tensione non accenna a calare. Gli antagonisti di Askatasuna, forti dei numeri visti al corteo di sabato, hanno annunciato nuove iniziative a Capodanno, quando Lo Russo sarà all’Inalpi Arena per i festeggiamenti ufficiali. Le scritte proiettate sulla Gran Madre a fine manifestazione sono state lette come un avvertimento. Nel mirino, oltre al sindaco, anche Giorgia Meloni, Marrone e Augusta Montaruli, richiamando scontri e simboli che risalgono ai tempi universitari e al Fuan.
Il clima ricorda quello della Val di Susa, non a caso evocata da Giorgio Rossetto, storico leader degli antagonisti oggi ai domiciliari, che ai microfoni di Radio Onda d’Urto ha indicato la strategia: “tenere il fiato sul collo e logorare l’avversario”. Attorno all’ex centro sociale, trasformato ora in una sorta di fortino sotto presidio, si gioca una partita che va oltre l’ordine pubblico. Le decisioni su tempi, costi e forze in campo spettano al Ministero dell’Interno, come Lo Russo ha più volte ricordato, ma il prezzo politico ricade tutto sul Comune.
Se questo scenario si concretizzerà, le festività torinesi rischiano di essere tutt’altro che serene. Natale, Capodanno e forse anche l’Epifania si aprono sotto il segno di uno scontro che intreccia sicurezza, politica e consenso. Askatasuna è stata sgomberata, ma la sua ombra continua a pesare. E questa volta non solo sulla strada, ma soprattutto sui banchi della Sala Rossa.
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