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I Subsonica su Askatasuna: “Torino è difficile da capire e non si lascia spiegare da slogan”

La band torinese riflette sul clima che attraversa il capoluogo: fastidio per l’uso della forza, ma nessuna indulgenza verso l’attacco a La Stampa

I Subsonica su Askatasuna: “Torino è difficile da capire e non si lascia spiegare da slogan”

I Subsonica su Askatasuna: “Torino è difficile da capire e non si lascia spiegare da slogan”

Torino è una città che non si lascia spiegare facilmente. Non ama le etichette, diffida delle semplificazioni e respinge chi pensa di poterla interpretare applicando formule valide altrove. È da questa consapevolezza che nasce il lungo e articolato intervento dei Subsonica, che hanno scelto di intervenire pubblicamente sul momento delicato che il capoluogo piemontese sta vivendo, segnato dallo sgombero di Askatasuna, dalla risposta delle forze dell’ordine, dalle tensioni della galassia antagonista e da una crescente polarizzazione politica.

Nel post pubblicato sui loro canali social, la band – profondamente legata alla città per storia personale e artistica – prova a restituire un ritratto complesso e stratificato di Torino, lontano dalle letture binarie che in queste settimane dominano il dibattito pubblico. Secondo i Subsonica, nel suo “umore profondo” la città sta reagendo con fastidio a quella che viene percepita come una intrusione militarizzata, una presenza quotidiana e invasiva giustificata dallo sgombero dello storico centro sociale. Una reazione che, sottolineano, non va confusa con una presa di posizione ideologica netta, né tantomeno con una legittimazione di tutto ciò che proviene dall’area antagonista.

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Proprio su questo punto il messaggio della band è netto. La stessa Torino che mal sopporta la militarizzazione, spiegano, non ha tollerato l’azione vandalica contro la sede de La Stampa, colpita durante i disordini e considerata dalla città un simbolo. Un limite invalicabile, che racconta molto del rapporto contraddittorio che Torino ha con i propri riferimenti storici e culturali: non li ostenta, non li celebra in modo retorico, ma non accetta che vengano sfregiati. È una città che difende i simboli senza trasformarli in bandiere.

Nel loro commento, i Subsonica allargano lo sguardo alla storia profonda del capoluogo. Torino non è mai stata davvero allineata. Non lo è stata durante il fascismo – al punto che Mussolini la definiva “la porca città” – e non lo è stata nei decenni successivi. Non democristiana per natura, non comunista per vocazione, non craxiana, non leghista, non berlusconiana, ma neppure moderata in senso classico. Una città attraversata da tensioni profonde, spesso sotterranee, che emergono solo quando viene percepita una violazione.

È in questo quadro che va letto, secondo la band, ciò che sta accadendo oggi. Torino si mobilita quando si sente forzata, ma rifiuta di farsi arruolare dentro slogan buoni per tutte le stagioni. Non si lascia ridurre a un fronte unico, né da una parte né dall’altra. Ed è proprio per questo che, avvertono i Subsonica, chi pensa di poter imporre qui regole di funzionamento sperimentate altrove, ottenendo risultati rapidi e visibili, finisce spesso per restare con nulla in mano.

Il messaggio finale è amaro ma lucido. Torino è un luogo difficile da capire e, a volte, anche da amare. Ma ignorarne la complessità, forzarne le dinamiche o leggerla solo attraverso la lente dell’emergenza rischia di produrre l’effetto opposto a quello desiderato: non comprendere mai davvero perché questa città reagisce come reagisce. Un intervento che, più che prendere posizione, invita a fermarsi, osservare e accettare che Torino, ancora una volta, non si farà spiegare con facilità.

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