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22 Dicembre 2025 - 15:47
Ciriè si prepara a riforestarsi. E la notizia, questa volta, pesa più del solito. Non solo per l’entità del finanziamento appena ottenuto – 1.715.000 euro dalla Regione Piemonte – ma per il contesto in cui arriva. Un contesto fatto di polemiche lunghe mesi, di alberi abbattuti e di una discussione cittadina che, negli ultimi anni, ha spesso contrapposto cantieri e verde, riqualificazione e perdita, progetti e memoria.
Il via libera arriva grazie al bando regionale sulla forestazione urbana, finanziato con fondi Fesr 2021-2027, che ha visto la Regione aumentare la dotazione complessiva fino a 22,2 milioni di euro pur di non lasciare indietro nessun Comune ammesso.
Tra questi c’è anche Ciriè, che porterà a casa risorse destinate alla riforestazione e alla realizzazione di un nuovo parco urbano nell’area ex Ipca, uno dei luoghi più complessi e simbolici della città.
È la sindaca Loredana Devietti ad annunciare l’esito del bando, parlando apertamente di una svolta attesa da anni.
«Abbiamo vinto il bando Forestazione Urbana per la riforestazione e la realizzazione di un parco urbano nell’area ex-Ipca: un altro tassello importantissimo per la riqualificazione di un sito abbandonato da anni», ha spiegato la Devietti, ricordando come su quell’area siano già stati ottenuti 4 milioni di euro di fondi PNRR per la messa in sicurezza, con lavori attualmente in corso.
L’ex Ipca non è un’area qualunque. È un luogo che porta addosso una storia industriale pesante, segnata dall’inquinamento e da ferite ambientali profonde. Ed è proprio su questo punto che l’Amministrazione prova a spostare il baricentro del racconto: «Ci permetterà anche di creare un percorso di memoria di ciò che è stata la triste storia di questo sito che oggi però vede aprirsi una nuova pagina di fruibilità e di rinascita ambientale», ha sottolineato Devietti. Non solo alberi, dunque, ma anche memoria, riconversione, uso pubblico.
Il progetto ciriacese si inserisce in una misura regionale che ha coinvolto numerosi Comuni, da Alessandria a Novara, da Biella a Cuneo, passando per Venaria Reale, Chivasso, Settimo Torinese e Nichelino. Una risposta che la Regione definisce senza esitazioni «straordinaria». «Non solo per il numero di adesioni ma soprattutto per la qualità e l’innovazione dei progetti presentati», hanno dichiarato il presidente Alberto Cirio e gli assessori Matteo Marnati e Marco Gallo, spiegando che l’aumento dei fondi non è stato un atto tecnico ma una scelta politica precisa.
L’obiettivo dichiarato del bando è ambizioso e tocca nodi ormai centrali nel dibattito urbano: migliorare la salubrità, aumentare la vivibilità degli spazi, incrementare il numero di alberi e arbusti perenni, favorire la biodiversità, ridurre inquinamento acustico e gas serra, adattare le città ai cambiamenti climatici. In altre parole, trasformare aree degradate o impermeabilizzate in nuovi polmoni verdi.

Ed è qui che la notizia di oggi incrocia inevitabilmente quella di ieri. Perché a Ciriè parlare di alberi non è mai neutro. Le immagini dei tagli nel giardino di Palazzo D’Oria, così come quelli avvenuti in via Nazioni Unite, hanno lasciato strascichi profondi. Proteste, interrogazioni, prese di posizione pubbliche, cittadini divisi tra chi difendeva gli interventi e chi parlava apertamente di perdita irreversibile di verde urbano. Un dibattito che ha segnato l’inizio del mandato amministrativo e che ancora oggi aleggia sul rapporto tra Comune e cittadinanza.
Il finanziamento regionale arriva dunque come una risposta indiretta a quelle polemiche. Non le cancella, ma prova a rimettere il discorso su un piano più ampio. Riforestare un’area come l’ex Ipca significa intervenire dove il verde non è mai stato un elemento ornamentale, ma una necessità ambientale. Significa anche dimostrare che riqualificare non equivale automaticamente a consumare, e che la transizione ecologica può partire anche da siti compromessi, non solo da giardini già esistenti.
Resta però una partita tutta politica e amministrativa: quella della coerenza complessiva delle scelte urbanistiche. Perché se da un lato si piantano alberi in un’area simbolo della deindustrializzazione, dall’altro i cittadini continuano a misurare il verde sulla base di ciò che vedono sotto casa, nei viali, nei giardini storici, negli spazi quotidiani. È lì che si gioca la credibilità di ogni progetto ambientale.
Per ora, i numeri parlano chiaro. 1,7 milioni di euro per la forestazione urbana, 4 milioni PNRR già in campo, un progetto che punta a parco urbano, memoria storica e rinascita ambientale. Dopo anni di scontri sugli alberi abbattuti, Ciriè prova a voltare pagina partendo da un luogo che di verde, per decenni, non ne ha avuto affatto. Ora la sfida sarà trasformare il finanziamento in un intervento capace non solo di piantare nuovi alberi, ma di ricucire un rapporto di fiducia con una città che sul verde, ormai, non è più disposta a chiudere gli occhi.
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Per Ciriè l’ex Ipca non è mai stata solo un’area dismessa. È un luogo che ha segnato la storia industriale, sociale e ambientale della città, lasciando un’eredità pesante che per anni ha condizionato ogni ipotesi di riuso. Qui, tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento, operava lo stabilimento dell’Industria Prodotti Chimici Affini, un polo produttivo che garantì lavoro a centinaia di persone ma che, col tempo, si rivelò una delle principali fonti di inquinamento del territorio.
Le lavorazioni chimiche, in particolare quelle legate ai coloranti e ad altri composti industriali, hanno contaminato suolo e sottosuolo, rendendo l’area per lungo tempo inutilizzabile e pericolosa. Negli anni successivi alla chiusura dell’impianto, avvenuta nei primi anni Sessanta, l’ex Ipca è rimasta una zona interdetta, circondata da recinzioni, degrado e interrogativi. Un vuoto urbano che ha continuato a pesare sulla città, sia dal punto di vista ambientale sia da quello simbolico.
Per decenni, ogni ipotesi di recupero si è scontrata con un ostacolo evidente: la messa in sicurezza. Senza una bonifica adeguata, nessun progetto era sostenibile. È per questo che l’ex Ipca è diventata, negli anni, il paradigma di quelle aree industriali dismesse che tutti vorrebbero riqualificare, ma che pochi riescono davvero ad affrontare fino in fondo.
La svolta è arrivata solo negli ultimi anni, quando il Comune di Ciriè è riuscito a intercettare risorse straordinarie legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I fondi PNRR hanno permesso di avviare un intervento strutturato di messa in sicurezza permanente, con operazioni mirate a contenere la contaminazione, ridurre i rischi per la salute pubblica e stabilizzare l’area dal punto di vista ambientale.
Non si è trattato di un intervento semplice né rapido. I lavori hanno richiesto progettazioni complesse, autorizzazioni ambientali, controlli incrociati e un confronto costante con gli enti competenti. Ma per la prima volta, dopo decenni di immobilismo, l’ex Ipca ha smesso di essere solo un problema ereditato ed è entrata in una fase concreta di trasformazione.
Il progetto finanziato dal PNRR non ha mai avuto come obiettivo la cancellazione della memoria. Al contrario, uno degli elementi centrali è stato proprio il riconoscimento del valore storico del sito. L’idea che guida l’intervento è quella di riconvertire senza rimuovere, di restituire l’area alla città mantenendo viva la consapevolezza di ciò che è stata. Non una tabula rasa, ma una ricucitura lenta e complessa tra passato industriale e futuro urbano.
La messa in sicurezza ha rappresentato il prerequisito indispensabile per qualunque altra ipotesi di utilizzo. Solo dopo questo passaggio è stato possibile iniziare a immaginare l’ex Ipca non più come zona off limits, ma come uno spazio potenzialmente fruibile, capace di ospitare funzioni pubbliche compatibili con la sua storia e con le esigenze ambientali.
In questo senso, il percorso avviato con il PNRR ha segnato un cambio di paradigma: l’ex Ipca non viene più affrontata come un’emergenza da contenere, ma come un luogo da restituire. Un processo ancora in corso, che richiederà tempo, risorse e attenzione, ma che ha già spostato il baricentro del dibattito cittadino. Da area maledetta a nodo centrale di una riflessione più ampia su rigenerazione urbana, memoria industriale e qualità ambientale.
È su questo terreno, ormai preparato, che oggi si innestano i nuovi progetti di valorizzazione. Ma senza il lavoro silenzioso e tecnico reso possibile dai fondi PNRR, nessuna ipotesi di futuro sarebbe stata credibile. L’ex Ipca resta una storia complessa, ancora aperta, ma per la prima volta da decenni non è più una pagina bloccata.
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