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19 Dicembre 2025 - 11:34
Chivasso celebra lo sport e vende un campo da calcio: bastano 24 mila euro per comprarselo...
Il Comune di Chivasso ha deciso di mettere in vendita un campo sportivo comunale. L’ex campo sportivo dei Torassi, con fabbricato e spogliatoi, finisce all’asta pubblica con base di 24.100 euro, offerte entro il 16 gennaio 2026.
Una cifra che, prima ancora di ogni valutazione politica, impone una domanda semplice e disarmante: con 24.100 euro, oggi, cosa si compra?
Non si risana un bilancio. Non si finanzia una riqualificazione. Non si costruisce una nuova struttura sportiva. Si compra forse un’auto di fascia media, qualche box, una spesa marginale nel bilancio di un ente pubblico. Ed è qui che il nodo si stringe: vale davvero la pena rinunciare a uno spazio sportivo pubblico per una somma così bassa? Vale la pena cancellare una possibilità futura per incassare un importo che non cambia nulla, se non il segno meno accanto alla parola “campo sportivo”?
La scelta arriva, non casualmente, negli stessi giorni in cui l’amministrazione comunale celebra lo sport chivassese. Premi, cerimonie, tribune piene al PalaLancia per "Sportiamo", post entusiasti dell’assessore allo Sport Gianluca Vitale, che parla di eccellenza, vitalità, risultati straordinari. Una narrazione positiva, rassicurante, quasi trionfale.
Ma mentre si premiano atleti e associazioni, si dismettono gli spazi. E questa non è una contraddizione di dettaglio.
Perché il campo dei Torassi non è un relitto senza storia. Negli anni scorsi se ne era discusso pubblicamente, anche in Consiglio comunale. A sollevare il tema era stato il consigliere Bruno Prestìa, con interrogazioni e mozioni che mettevano nero su bianco lo stato di abbandono e incuria in cui versavano due campi da calcio cittadini: quello di via Togliatti, nel quartiere Borgo Sud Est, e proprio quello dei Torassi. Rovi, erbacce, strutture assenti, campi impraticabili. Non una situazione improvvisa, ma il risultato di anni di mancata manutenzione.

La mancata manutenzione al campo sportivo di frazione Torassi
Prestìa ricordava come il campo di via Togliatti fosse privo di panchine, reti integre, illuminazione, lasciato senza interventi da oltre un decennio, nonostante nel programma elettorale di Claudio Castello fosse stato promesso il rifacimento. E sul campo dei Torassi il quadro era persino più amaro: riabilitato nel 2004 grazie al lavoro volontario di ferrovieri e cittadini, oggi completamente inaccessibile, sommerso dalle sterpaglie. Le mozioni chiedevano una cosa semplice: rendere di nuovo praticabili quei terreni di gioco. Non venderli.
In quel contesto, la vendita di oggi assume un significato ancora più netto. Non si è scelto di recuperare, di riconvertire, di restituire allo sport. Si è scelto di rinunciare. E questo stride in modo evidente con quanto era stato scritto nel programma elettorale della coalizione di governo: lì il campo dei Torassi non doveva essere alienato, ma trasformato in area gioco/sport multifunzione, inserito in un disegno di riqualificazione e nuova viabilità. Un impegno preciso, non una formula vaga.
Qui non si tratta di discutere se il calcio viva o meno una fase di crisi. È vero: il pallone non attraversa il suo momento migliore, tra scandali, disaffezione e società che faticano persino a iscrivere squadre nei campionati minori per mancanza di tesserati e risorse. Ma proprio per questo, il tema non è meno sport, bensì sport diverso, più accessibile, più diffuso, più vicino ai territori. Vendere un campo non va in questa direzione.
C’è poi un aspetto che rende la scelta ancora più difficile da comprendere: la sproporzione tra ciò che si perde e ciò che si incassa. Un campo sportivo non è solo erba e recinzioni. È uno spazio di aggregazione, di socialità, di inclusione. È un presidio soprattutto nelle frazioni, dove ogni servizio che scompare pesa il doppio. Rinunciare a tutto questo per 24.100 euro significa attribuire a quello spazio un valore puramente contabile, peraltro minimo.
Negli ultimi anni lo sport a Chivasso è stato spesso raccontato meglio di quanto sia stato programmato. Le associazioni tengono in piedi l’attività con sacrifici enormi. Gli impianti principali attendono interventi strutturali. Le promesse su nuovi spazi per discipline come la ginnastica artistica e ritmica sono rimaste sulla carta. In questo quadro, la vendita del campo dei Torassi non appare come un’eccezione, ma come un passaggio coerente di una politica che restringe, invece di rafforzare, il patrimonio sportivo pubblico.
Premiare lo sport non equivale a governarlo. Celebrarlo non significa costruirne il futuro. E soprattutto, non si può parlare di sport “per tutti” mentre si mettono all’asta i campi. La distanza tra il linguaggio dei post e quello degli atti amministrativi è ormai evidente. Da una parte l’enfasi sull’eccellenza, dall’altra documenti che parlano di alienazioni. In mezzo, una comunità che vede ridursi gli spazi e aumentare le domande.
Vendere un campo sportivo per il prezzo di un’auto non risolve problemi, non apre prospettive, non crea nuove opportunità. Riduce semplicemente lo spazio pubblico. Tutto il resto, premi compresi, rischia di restare una bella fotografia. Ma lo sport, quello vero, ha bisogno di campi. Non di aste.
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