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18 Dicembre 2025 - 13:33
Kollettivo in rivolta all'Albert di Lanzo: la lectio brevis salta, il preside dice no
Quando una consuetudine si interrompe, il conflitto emerge senza filtri. All’istituto Federico Albert il no alla lectio brevis di fine anno ha acceso una miccia che va ben oltre l’orario ridotto: il Kollettivo studentesco annuncia un’azione di “disobbedienza civile”, mentre il dirigente scolastico rivendica una linea di rigore didattico in vista degli scrutini. A rendere il quadro ancora più teso, la presa di distanza ufficiale dei rappresentanti di istituto, che scelgono di non seguire la protesta.
La decisione del preside è arrivata come una cesura netta rispetto agli anni precedenti. Nessuna riduzione dell’orario negli ultimi giorni di lezione: con gli scrutini fissati dall’8 gennaio, ogni ora in aula deve essere utilizzata per completare programmi, verifiche e valutazioni. Una scelta motivata sul piano organizzativo, ma che per una parte degli studenti assume il valore di uno strappo simbolico.
Il Kollettivo parla apertamente di disobbedienza civile, usando parole che richiamano un immaginario di conflitto e di rottura. Non si tratta solo di uscire prima da scuola: il tempo-scuola diventa il terreno su cui rivendicare spazi di autonomia, ascolto e riconoscimento. Una protesta che vuole essere visibile e che punta a mettere in discussione il rapporto tra autorità e partecipazione.
Di segno opposto la posizione dei rappresentanti di istituto, che scelgono di dissociarsi dall’iniziativa. Una presa di distanza che pesa, perché certifica una spaccatura interna al fronte studentesco: da un lato l’attivismo radicale del Kollettivo, dall’altro un approccio più istituzionale, orientato a non forzare lo scontro e a rispettare le decisioni della dirigenza in una fase delicata dell’anno scolastico.
Il preside, dal canto suo, non arretra. Il messaggio è diretto: la scuola non è solo spazio di confronto, ma anche luogo di responsabilità e valutazione. Con gli scrutini alle porte, ogni ora persa può tradursi in lacune, ritardi, difficoltà per studenti e docenti. Una logica che privilegia la funzione didattica rispetto ai rituali informali che negli anni si sono consolidati.
La vicenda mette in luce una tensione più ampia e ricorrente: che cosa significa partecipazione studentesca oggi? È solo rappresentanza formale o può tradursi anche in atti di rottura? E fino a che punto l’istituzione scolastica è disposta a riconoscere spazi di flessibilità senza compromettere il proprio ruolo educativo?
Ora l’attenzione si sposta sulle prossime mosse. Se la disobbedienza annunciata si concretizzerà, lo scontro rischia di irrigidirsi. Se invece prevarrà il dialogo, la scuola potrebbe tornare a essere ciò che dovrebbe essere: un luogo in cui si impara anche a dissentire, ma senza trasformare ogni decisione in un muro contro muro.
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