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Si spegne Soul Kitchen, 12 anni dopo: Torino saluta il ristorante che ha cambiato il modo di pensare la cucina vegetale

Il 31 dicembre l’ultimo servizio dello chef Luca Andrè, fine di un’avventura che è stata identità, ricerca e visione

Si spegne Soul Kitchen, dodici anni dopo: Torino saluta il ristorante che ha cambiato il modo di pensare la cucina vegetale

Si spegne Soul Kitchen, dodici anni dopo: Torino saluta il ristorante che ha cambiato il modo di pensare la cucina vegetale (foto: la visita di Novak Djokovic al ristorante)

Non è una chiusura qualunque e non è nemmeno una resa. È una scelta, netta e consapevole, che pesa come pesano le storie vere quando arrivano al loro punto finale. Dopo dodici anni, il ristorante Soul Kitchen abbasserà definitivamente la serranda il 31 dicembre, con l’ultimo cenone di Capodanno. A comunicarlo è stato il suo fondatore e anima, lo chef Luca Andrè, che con questo locale ha lasciato un segno profondo nella scena gastronomica torinese e nazionale.

Nato nel 2013, Soul Kitchen non è stato semplicemente uno dei primi ristoranti vegetali d’Italia a puntare in alto. È stato un luogo di rottura culturale, un laboratorio di idee prima ancora che di piatti, capace di portare la cucina plant-based fuori dalle etichette rassicuranti o marginali per collocarla, senza complessi, dentro il linguaggio dell’alta gastronomia. In anni in cui il vegetale veniva ancora spesso letto come rinuncia o nicchia, Soul Kitchen ha scelto un’altra strada: identità, tecnica, profondità.

Chi ci è passato lo sa. Non era un ristorante “facile”, né voleva esserlo. Ogni menu raccontava una ricerca, ogni piatto era un atto di presa di posizione. La cucina vegetale, qui, non imitava nulla: costruiva un proprio vocabolario. Ed è forse questo il lascito più importante di Soul Kitchen, aver dimostrato che il vegetale poteva stare al centro del piatto senza chiedere permesso.

Uno degli chef

La chiusura arriva senza clamore e senza polemiche. Nelle parole di Luca Andrè non c’è il racconto di una sconfitta, né il peso di difficoltà economiche dichiarate. C’è piuttosto la lucidità di chi sente che una storia, per restare onesta, va chiusa nel momento giusto. Soul Kitchen, spiega lo chef, non è mai stato “solo un ristorante”, ma un pezzo di vita, un luogo in cui ha riversato tutto se stesso. E proprio per questo, aggiunge, merita una fine coerente con ciò che è stato.

Torino perde così uno dei suoi indirizzi più riconoscibili sul piano culturale, prima ancora che gastronomico. Un luogo che ha attirato curiosi, appassionati, colleghi, che ha fatto discutere e spesso dividere, ma che non è mai passato inosservato. In una città che negli ultimi anni ha provato a reinventarsi anche attraverso il cibo, Soul Kitchen ha rappresentato una delle esperienze più radicali e coraggiose.

Il 31 dicembre non sarà soltanto l’ultimo servizio di un ristorante. Sarà la chiusura simbolica di una stagione, quella in cui una cucina “altra” ha trovato spazio grazie alla visione e alla determinazione di chi ha creduto che il cambiamento passasse anche da un tavolo apparecchiato. L’ultimo cenone di Capodanno diventa così un commiato, un saluto collettivo a un luogo che ha insegnato a molti a guardare il piatto – e forse anche il mondo – da una prospettiva diversa.

Cosa verrà dopo, Luca Andrè non lo dice. E forse non è nemmeno il momento di chiederlo. Per ora resta il silenzio che segue le scelte importanti, quello che non ha il sapore dell’abbandono ma della trasformazione. Soul Kitchen chiude, ma ciò che ha seminato resta: nei palati, nelle idee, nelle cucine di chi ha capito che il vegetale può essere racconto, identità e visione.

Dodici anni dopo, le luci si spengono. Non per mancanza di anima, ma perché l’anima, a volte, ha bisogno di cambiare forma.

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