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15 Dicembre 2025 - 18:51
Ogni dicembre, in Borgata Rossignoli, accade qualcosa che non ha bisogno di annunci ufficiali né di grandi insegne luminose.
Accade lentamente, giorno dopo giorno, mentre le mani di Vincenzo Ciarbello rimettono ordine ai ricordi, alle pietre, alle statuine che tornano a vivere. È il suo presepe, diventato negli anni una meta silenziosa ma costante per chi arriva da Varisella, dalle Valli di Lanzo, dai comuni vicini. Un rito che si rinnova e che, anche quest’anno, si arricchisce di nuovi dettagli: cassette in legno, un mulino con le pale che girano, piccoli segni di un lavoro che non si ripete mai uguale a se stesso.
Vincenzo ha 78 anni e una storia che attraversa l’Italia. Nato in Calabria, nella provincia di Catanzaro, a Tiriolo, è arrivato in Piemonte nel 1970, poco più che ventenne.
Ha portato con sé una tradizione che non ha mai lasciato: quella del presepe fatto a mano, costruito pezzo dopo pezzo, come si faceva una volta. Non per esibizione, ma per necessità interiore.
«Faccio il presepe e sono felice», ripete ancora oggi, con la semplicità di chi non sente il bisogno di spiegare oltre.
Nella sua infanzia, racconta spesso, i giorni prima di Natale erano un pellegrinaggio continuo. Si entrava nelle case del paese solo per guardare i presepi, uno dopo l’altro. Ogni famiglia aveva il suo, ogni grotta una storia diversa. Quel giro di sguardi curiosi, quella meraviglia infantile, Vincenzo non l’ha mai dimenticata. È da lì che nasce tutto.
Quando si è stabilito a Cirè e poi in Borgata Rossignoli, la tradizione non si è interrotta. Anzi, ha trovato nuovi materiali, nuovi paesaggi da cui attingere. Le pietre gialle di Varisella, le lose delle Valli di Lanzo, i sassi raccolti con pazienza e trasformati in grotte, muretti, scalinate.
Da ex impresario edile e muratore, Vincenzo ha sempre avuto un rapporto diretto con la materia. Costruire non è mai stato solo un lavoro, ma un modo di stare al mondo. Nel presepe questo gesto ritorna, ogni anno, con la stessa cura.
Tra le statuine ce n’è una che non manca mai. È in gesso, consumata dal tempo. Apparteneva a suo padre. Ogni Natale viene posata con attenzione, come un saluto silenzioso alla Calabria e a chi non c’è più. Accanto a lei, anno dopo anno, il presepe cresce.
Quest’anno ci sono voluti dieci giorni di lavoro, tra progettazione e montaggio. Nulla è lasciato al caso, ma nulla è rigido. Ogni edizione cambia, si sposta, si amplia. Ai pezzi già esistenti se ne aggiungono di nuovi, alcuni meccanizzati, altri frutto di recupero e pazienza.
Il mulino con le pale, una delle novità di quest’anno, cattura subito l’attenzione. Accanto, le cassette inserite nel paesaggio restituiscono l’idea di un borgo vivo, attraversato da gesti quotidiani.
È un presepe che racconta lavoro, fatica, attesa. Non solo la Natività, ma ciò che la circonda.
Durante l’allestimento, come spesso accade, la casa si riempie di voci. I nipoti osservano, fanno domande, aiutano. Uno di loro, ancora bambino, si ferma accanto al nonno con l’entusiasmo di chi sta imparando senza accorgersene. Vincenzo lo guarda e sorride. Gli piace pensare che un giorno sarà lui a continuare, a raccogliere le pietre, a rimettere in piedi il presepe.
Il cancello della casa di Borgata Rossignoli 21A è pronto, come ogni anno, ad accogliere chi vorrà fermarsi. Non c’è biglietto, non c’è orario scritto. C’è solo un invito, semplice, rivolto a chi vuole venire a visitarlo.
Arrivano famiglie, curiosi, bambini che restano incantati davanti all’acqua che scorre, alle fontane, ai piccoli movimenti nascosti.
Arrivano anche da lontano. In passato si sono fermati perfino visitatori da Napoli, terra dove il presepe è quasi una religione. Un incontro che Vincenzo ricorda ancora con emozione.
Questo presepe è dedicato alla famiglia, ma non solo a quella che vive sotto lo stesso tetto. È dedicato a chi entra in punta di piedi, a chi si ferma qualche minuto, a chi ritrova un ricordo.
Per Vincenzo, il Natale senza presepe non esiste. L’albero è bello, porta luce, ma non basta. I regali, per i nipoti, li porta ancora Gesù Bambino, non Babbo Natale. È una scelta che parla di coerenza, di continuità, di una tradizione che non ha bisogno di essere difesa a parole.
Anno dopo anno, il presepe di Borgata Rossignoli continua ad attirare visitatori da tutto il territorio. Non perché sia il più grande o il più ricco, ma perché è autentico. Perché dentro quelle pietre, quelle statuine, quel mulino che gira lentamente, c’è una vita intera. E la volontà, ostinata e gentile, di non lasciarla andare.
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