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Bonus psicologo 2025: graduatorie INPS online e un bisogno di ascolto che supera i fondi disponibili

Graduatorie INPS pubblicate, ma la salute mentale chiede risposte strutturali. Fondi insufficienti, richiesta in crescita, servizi da rafforzare per i casi gravi

Bonus psicologo 2025: graduatorie INPS online e un bisogno di ascolto che supera i fondi disponibili

Bonus psicologo 2025: graduatorie INPS online e un bisogno di ascolto che supera i fondi disponibili (immagine di repertorio)

C’è un indicatore che più di molti discorsi fotografa il cambiamento in corso nel Paese: la domanda di supporto psicologico che supera, ancora una volta, le risorse disponibili. Con la pubblicazione, il 5 dicembre, delle graduatorie INPS del bonus psicologo 2025, emerge un dato che va oltre l’adempimento amministrativo. Non è solo una lista di ammessi e esclusi: è la misura di un bisogno diffuso, crescente, che ha smesso di restare ai margini.

Il bonus psicologo, introdotto con un decreto legge nel 2021, nasce come risposta all’onda lunga della pandemia. Un contributo economico pensato per aiutare chi soffre di ansia, stress, depressione o altre condizioni di fragilità psicologica ad affrontare il costo della psicoterapia. La domanda, aperta tra settembre e novembre, era riservata ai residenti in Italia con ISEE inferiore a 50 mila euro. Chi rientra in graduatoria può scegliere un professionista iscritto in un elenco dedicato, definito insieme al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, e avviare il percorso terapeutico. Tutte le informazioni operative, dalle graduatorie alle modalità di accesso, sono disponibili sul portale INPS, nell’area personale.

Ma il punto centrale non è il “come”, bensì il “quanto”. Anche nel 2025, infatti, le risorse non bastano a coprire tutte le richieste. Un dato che parla chiaro. Da un lato racconta che chiedere aiuto non è più, per molti, un tabù. Dall’altro certifica che la salute mentale ha assunto un peso paragonabile a quella fisica, almeno nella percezione dei cittadini. Se il bonus era stato concepito come misura emergenziale, oggi il quadro è cambiato: il disagio psicologico non è più confinato al post-Covid, ma attraversa il presente con caratteristiche strutturali.

È qui che emergono i limiti dello strumento. Il bonus ha tempi e confini rigidi: un numero definito di sedute, scadenze precise, una durata prestabilita. Ma i percorsi di cura non seguono sempre calendari amministrativi. Alcuni richiedono continuità, altri integrazioni con i servizi territoriali, altri ancora interventi complessi che coinvolgono famiglia, scuola, sanità. In particolare, i servizi pubblici faticano a rispondere ai casi più gravi, con liste d’attesa lunghe e carenze croniche di personale. Le famiglie, spesso, restano sole. Mancano posti adeguati nelle strutture di prima accoglienza per i giovani, una fascia sempre più presente tra chi chiede aiuto, così come comunità terapeutiche e reparti ospedalieri in grado di offrire percorsi residenziali o semiresidenziali efficaci.

Da questo punto di vista, il bonus psicologo funziona come un termometro. Segna la febbre, ma non cura la malattia. Le indicazioni che arrivano dai numeri sono però chiare: servono finanziamenti continui, non episodici; una reale integrazione tra contributi economici e servizi pubblici; il potenziamento dei percorsi per i casi complessi; una presenza stabile di psicologi nei luoghi chiave della prevenzione, a partire dalla scuola. Non solo per intervenire quando il disagio esplode, ma per intercettarlo prima.

La pubblicazione delle graduatorie INPS del 5 dicembre, allora, va letta come qualcosa di più di un passaggio burocratico. È uno specchio delle priorità sociali di oggi. La domanda di psicoterapia esiste, cresce e chiede risposte che vadano oltre il singolo contributo. Perché la salute mentale non è un capitolo accessorio del welfare: è una delle chiavi decisive per la qualità della vita, la coesione sociale e il futuro del Paese.

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