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Valli senza medici, protesta a Vercelli contro il vuoto sanitario in montagna

Dalla Valsessera alla Valsesia: migliaia di residenti senza medico di base denunciano l’abbandono dei servizi essenziali

Valli senza medici, protesta a Vercelli contro il vuoto sanitario in montagna

Valli senza medici, protesta a Vercelli contro il vuoto sanitario in montagna (immagine di repertorio)

La voce della montagna, oggi, è arrivata fin sotto l’ospedale Sant’Andrea di Vercelli. Un presidio piccolo nei numeri, ma enorme nel significato, ha messo in fila la denuncia che da anni attraversa le valli più isolate del Piemonte: migliaia di cittadini senza medico di base, famiglie intere prive del primo presidio di cura, comunità abbandonate a sé stesse mentre lo spopolamento avanza e i servizi arretrano. Una cinquantina di manifestanti, partiti dalla Valsessera e dalla Valsesia, hanno portato fin qui cartelli, rabbia e dati che fotografano una realtà ormai insostenibile.

Tra le montagne della Valsessera, in provincia di Biella, settemila persone su novemila non hanno un medico di famiglia. Significa che quasi ogni nucleo familiare si muove in un deserto sanitario, soprattutto anziani e bambini, le fasce più fragili. In Valsesia, territorio di Comuni dispersi e spesso irraggiungibili, altri duemila abitanti restano scoperti. È un fenomeno che non riguarda solo singoli paesi, ma interi territori che da anni denunciano la stessa emergenza: pochi medici, nessun pediatra, ambulatori chiusi, continuità assistenziale ridotta a un numero verde e, come dicono i cittadini, «l’illusione di parlare a un computer invece che a un dottore».

I cartelli esposti davanti all’ospedale sintetizzano lo smarrimento di chi vive in quota. «Settemila abitanti senza medico, una vergogna che deve finire», recita uno. «Le valli perdono scuole, sanità e servizi. Ma le tasse le paghiamo come tutti», denuncia un altro. Il presidio, organizzato dallo Spi-Cgil Valsessera, è stato voluto soprattutto dalle realtà che da anni raccolgono le testimonianze dei residenti: visite saltate, nessuna continuità assistenziale, trasferte di decine di chilometri per un certificato, un controllo, un’urgenza che non sia grave al punto da richiedere il pronto soccorso.

«Ci sono cittadini che da più di quattro anni non hanno un medico di famiglia», spiega Marvi Massazza, della segreteria Spi-Cgil Biella. Una frase che da sola descrive il collasso della medicina territoriale nelle aree montane. «Ricordiamo che il medico è la porta d’accesso al diritto alle cure. E noi siamo stanchi di parlare a un computer», aggiunge, riferendosi ai servizi digitali sostitutivi, spesso inutilizzabili dagli anziani o in paesi dove internet arriva a singhiozzo. Per Massazza, la Valsessera e la Valsesia sono «aree dimenticate» da anni: non ci sono trasporti, non ci sono pediatri, non ci sono servizi sociali adeguati. E intanto le frazioni si svuotano, perché le famiglie che possono scendere a valle lo fanno, lasciando comunità sempre più fragili.

Il presidio non chiede miracoli. Chiede risposte. Chiede che le zone montane non siano considerate numeri marginali, ma territori con pari dignità sanitaria. Chiede soluzioni che partano dagli investimenti sul personale, dai bandi dedicati, dagli incentivi per portare i medici nelle aree più isolate, dagli ambulatori distrettuali, da forme di medicina integrata che non ricadano solo sulle spalle dei Comuni, già schiacciati da bilanci limitati e competenze che non appartengono loro.

La protesta di oggi non è un episodio isolato, ma l’ennesimo segnale di un sistema territoriale che in montagna scricchiola più che altrove. La sanità pubblica, senza medici di base, diventa un muro invalicabile. E in quei paesi dove l’autobus passa due volte al giorno – quando passa – l’assenza di un medico non è un disagio, è una condanna quotidiana. Le valli lo hanno detto chiaramente a Vercelli: non chiedono privilegi, chiedono il diritto ad essere curate.

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