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23 Novembre 2025 - 12:06
Fotovoltaico alla Vauda: Lombardore dice ancora no, ma incassa le compensazioni dell'impianto. Trecento mila euro
Il maxi-fotovoltaico tra Lombardore e San Benigno avanza, e con esso avanzano anche le compensazioni che Ecopiedmont dovrà riconoscere al territorio. La Giunta di Lombardore ha approvato l’ultimo aggiornamento della convenzione quinquennale, fissando in 300 mila euro la somma destinata alle opere ambientali che il Comune realizzerà per mitigare l’impatto dell’impianto. Una cifra importante, che però non sposta la sostanza: quell’impianto da quasi 19 megawatt, esteso su circa 25 ettari di terreno agricolo al margine della Riserva naturale orientata della Vauda, resta uno degli interventi più contestati degli ultimi anni.
Per capire come si è arrivati a questo passaggio occorre tornare all’inizio. La storia parte da lontano, quando Ecopiedmont propone ai due Comuni, Lombardore e San Benigno, un grande parco fotovoltaico a terra collocato in una zona che chiunque definirebbe delicata: una fascia di campagna continua, coltivata, senza salti urbanistici, che segna il confine con la Vauda, una delle poche riserve naturali ancora intatte nel Torinese. Il progetto, nelle sue varie versioni, è sempre stato lo stesso nella sostanza. Si tratta di installare migliaia di moduli fotovoltaici a terra, disposti in file regolari, connessi a cabine di trasformazione e a un sistema di cavidotti che dovrà innestarsi sulla rete elettrica nazionale. Un impianto industriale, insomma, disteso su quello che oggi è suolo agricolo. Un impianto che per dimensioni e impatto paesaggistico cambierà per decenni la percezione e l’uso di quell’area.
Sin dal primo giorno Lombardore ha detto no. Nel 2020 il Consiglio comunale ha approvato un parere contrario, motivandolo con due elementi chiave: da un lato il consumo di suolo agricolo, in un’area ancora integra e produttiva; dall’altro la vicinanza alla Vauda, soggetta a vincoli paesaggistici e perfino a limitazioni aeroportuali, che negli anni hanno frenato perfino piccoli interventi privati. Il messaggio era chiaro: un impianto del genere, in quella posizione, per l’Amministrazione lombardorese non aveva alcun senso.
Ma in questa vicenda i sindaci non erano arbitri, bensì spettatori. Le competenze decisionali erano — e restano — in capo alla Città Metropolitana e soprattutto al Ministero dell’Ambiente, che nel tempo hanno ritenuto l’opera compatibile con gli strumenti di pianificazione e con la normativa ambientale vigente. A quel punto Lombardore ha potuto solo negoziare le condizioni “a valle”: come mitigare l’impatto, quali opere prevedere, come gestire le compensazioni.
Da qui nasce la lunga trattativa sulle convenzioni. La prima impostazione prevedeva che fosse direttamente Ecopiedmont a realizzare le opere compensative. Poi, tra richieste di modifica, osservazioni e riunioni tecniche, l’Amministrazione ha ricalibrato la strategia. Una decisione presa una volta nel febbraio 2024, poi ritoccata nel marzo 2025, e oggi ulteriormente aggiornata. L’aspetto cruciale riguarda proprio la gestione delle compensazioni: non sarà più la società a realizzare gli interventi, ma il Comune stesso. In pratica, Lombardore incasserà le risorse e deciderà come spenderle, scegliendo priorità, modalità e tempi.
Il totale è fissato in 300 mila euro. La somma arriverà in tre momenti distinti: una prima quota alla firma della convenzione, una seconda prima che il cantiere apra formalmente, entro il novembre 2025, e l’ultima al momento della connessione dell’impianto alla rete nazionale, prevista non oltre il giugno 2027. In mezzo, la responsabilità — e l’onere — di immaginare interventi capaci di restituire qualcosa a un territorio che perderà un pezzo di sé.
Resta infatti il punto politico, più che tecnico: la montagna delle compensazioni non cancella la valle del disagio. Lombardore continua a ritenere l’impianto inadatto al contesto, e la comunità continua a interrogarsi su come conciliare la transizione energetica con la tutela del paesaggio. Il rischio è che tutto si trasformi in una di quelle pagine di pianificazione calate dall’alto, dove il territorio viene ascoltato, sì, ma non determinante. È successo molte volte; succede di nuovo ora.
È difficile immaginare che un impianto di queste dimensioni, una volta autorizzato, possa essere fermato. Più realistico è chiedersi come verrà gestito l’impatto, quali interventi il Comune metterà in campo, quale sarà la relazione futura tra quel grande “tappeto” fotovoltaico e la Vauda. Da un lato la retorica della transizione energetica, dall’altro la concretezza di un paesaggio agricolo che rischia di sparire dietro file ordinate di pannelli.
Le compensazioni servono a riparare, non a riscrivere la geografia. E così questo aggiornamento di convenzione diventa l’ennesimo capitolo di una storia in cui il territorio prova a prendersi almeno una parte del controllo su una decisione già presa altrove.
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