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Scoperta archeologica straordinaria in Canavese! Ad Ozegna riemerge un ricetto medievale intatto dopo otto secoli

Scoperta eccezionale durante i lavori di restauro: le mura difensive del XII secolo riemergono dal sottosuolo e riportano alla luce le origini del borgo canavesano

Ozegna, che scoperta!

Ozegna, che scoperta! Sotto il Castello riemerge un ricetto medievale intatto dopo otto secoli

Ozegna si riscopre medievale. Durante i lavori di ristrutturazione e riqualificazione dell’area del Castello, un progetto promosso con determinazione dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, è emersa una scoperta che potrebbe riscrivere la storia del borgo canavesano. Nel corso delle indagini di archeologia preventiva, necessarie prima dell’avvio degli scavi per l’adeguamento degli impianti, sono infatti riaffiorati i resti del ricetto medievale, un’antica struttura fortificata che tra il XII e il XIV secolo costituiva il cuore difensivo e comunitario dei villaggi rurali.

La scoperta, giudicata da subito di straordinaria importanza scientifica, ha richiesto l’attivazione di un protocollo di tutela e studio specifico. Le indagini sono tuttora in corso sotto la direzione scientifica della dottoressa Stefania Ratto della Soprintendenza e il coordinamento della dottoressa Maffeis, professionista di lunga esperienza nel campo archeologico.

Il ricetto – tipico del paesaggio piemontese e valdostano – rappresentava un vero rifugio collettivo, costruito per difendere non solo le persone ma anche le derrate alimentari, i beni agricoli e gli strumenti di lavoro. Scoprire le sue fondamenta proprio sotto il Castello di Ozegna significa riportare alla luce un tassello di storia materiale, testimonianza concreta della funzione strategica che il borgo ebbe per secoli.

«Ci troviamo di fronte a una testimonianza preziosa del nostro passato medievale, che restituisce dignità storica a un’area già simbolo della nostra identità comunitaria», ha dichiarato il sindaco di Ozegna, Federico Pozzo, visibilmente emozionato per il valore della scoperta. «Come ho sempre sostenuto, per guardare al futuro bisogna prima conoscere bene il proprio passato, e questa scoperta rappresenta una grande possibilità per Ozegna. Siamo pronti a valorizzare pienamente una scoperta così significativa, affinché diventi patrimonio condiviso, strumento di conoscenza e opportunità di sviluppo culturale».

Secondo le prime analisi condotte sul campo, la datazione preliminare dei resti risalirebbe a un periodo compreso tra il XII e il XIV secolo, epoca in cui le comunità rurali piemontesi cominciarono a organizzarsi intorno a questi complessi fortificati. Le strutture rinvenute, presumibilmente appartenenti al perimetro murario del ricetto, raccontano una fase antichissima dell’insediamento di Ozegna e aprono nuovi scenari di ricerca sulle origini del borgo.

La dottoressa Maffeis, che coordina le indagini, ha sottolineato come l’attenzione metodologica sia fondamentale in questa fase: «Ogni frammento, ogni traccia, anche minima, può restituirci informazioni preziose sull’organizzazione del villaggio, sulle tecniche costruttive, sui materiali utilizzati e sui rapporti economici e sociali dell’epoca. È un lavoro di pazienza e di ascolto della terra, che in questo caso sta parlando chiaramente».

L’intervento archeologico, oltre a confermare l’importanza del sito, dimostra come la collaborazione tra istituzioni locali e organi di tutela possa produrre risultati di rilievo non solo scientifico, ma anche culturale e identitario. Il progetto di riqualificazione dell’area del Castello, infatti, non nasce con un intento puramente edilizio: l’obiettivo dell’Amministrazione è trasformare il complesso in un polo culturale e turistico, uno spazio restituito alla comunità, vivo e accessibile, capace di coniugare memoria e futuro.

Il sindaco Pozzo lo ribadisce con convinzione: «Questa scoperta conferma la bontà del nostro approccio: il recupero del Castello non è solo un’opera di restauro, ma un atto di riscoperta collettiva. Lavoriamo per un progetto che valorizzi la storia e, nello stesso tempo, generi cultura, attrattività e sviluppo. Ozegna ha radici profonde, e oggi queste radici riaffiorano fisicamente dal terreno per ricordarci chi siamo».

Particolarmente significativa la rete di professionalità coinvolte nell’intervento: accanto alla Soprintendenza e alle archeologhe Ratto e Maffeis, hanno partecipato l’architetto Valmaggi e la dottoressa Bassignana, esperte di restauro e valorizzazione dei beni culturali, insieme ai progettisti Francesca Antonino e Dario Zorgnotti dello studio Fabrica Aedificandi, autori della visione architettonica che sta restituendo vita al complesso. A completare la squadra, la restauratrice Lea Ghedin, per la cura degli apparati decorativi, e l’impresa Immobiliare Gran Paradiso di Ettore Rolando, responsabile dell’esecuzione materiale dei lavori.

«Desidero esprimere un profondo ringraziamento a tutti i professionisti coinvolti, alla Soprintendenza per la collaborazione, e a chi ogni giorno lavora sul campo per restituire valore e conoscenza al nostro patrimonio», aggiunge il sindaco Pozzo. «È un lavoro di squadra che unisce competenze diverse intorno a un obiettivo comune: far rivivere il Castello e la sua storia».

La scoperta del ricetto medievale apre inoltre prospettive turistiche e didattiche di grande respiro. L’Amministrazione comunale intende infatti condividere con la cittadinanza i risultati delle indagini, promuovendo iniziative pubbliche, percorsi museali e laboratori per le scuole, affinché la memoria del sito diventi materia viva e accessibile a tutti.

Quando gli scavi saranno completati, l’area del Castello potrà dunque trasformarsi in un vero laboratorio di storia a cielo aperto, dove il passato dialoga con il presente. Un luogo in cui le pietre medievali, emerse dopo secoli di silenzio, torneranno a raccontare il tempo in cui Ozegna era un presidio, un rifugio, un piccolo mondo fortificato nel cuore del Canavese.

E se oggi il borgo si appresta a scrivere un nuovo capitolo della propria storia, lo fa con l’orgoglio di chi, scavando nelle proprie radici, ha trovato una testimonianza concreta di identità e appartenenza. La terra, a volte, restituisce più di quanto le si chieda: restituisce memoria, bellezza e consapevolezza.

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