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Diciassette anni dopo la morte di Vito Scafidi, Leinì pedala per non dimenticare

Il circolo locale del Pd rinnova l’adesione alla giornata nazionale per la sicurezza scolastica con un percorso simbolico nelle scuole

Diciassette anni dopo la morte di Vito Scafidi, Leinì pedala per non dimenticare

Diciassette anni dopo la morte di Vito Scafidi, Leinì pedala per non dimenticare

C’è una domanda che, a distanza di diciassette anni, continua a bussare alle porte della politica locale e nazionale: quanto vale la sicurezza dei nostri figli quando varcano il portone di una scuola? La morte di Vito Scafidi, lo studente di 17 anni schiacciato dal controsoffitto del Liceo Darwin di Rivoli il 22 novembre 2008, sembra ripetersi ogni volta che un’aula cade a pezzi, ogni volta che un soffitto mostra la crepa di troppo, ogni volta che la manutenzione diventa un annuncio e non un dovere. La storia non dovrebbe avere bisogno di anniversari per essere ricordata, eppure il 22 novembre continua a essere una data che punge la coscienza collettiva. E quest’anno, a Leinì, quel pungolo prenderà la forma di un fiore.

Il Circolo del Partito Democratico di Leinì rinnova anche nel 2025 la sua adesione all’iniziativa nazionale Un fiore per Vito, itinerario di memoria civile che unisce scuole, famiglie, insegnanti e amministratori sotto un’unica domanda: quanto è davvero sicuro il posto in cui mandiamo a studiare i nostri figli? La segretaria del circolo, Isabella Spezzano, lo dice con chiarezza cristallina nel comunicato diffuso alla cittadinanza: «Dal 2020 a oggi ogni anno in occasione di questa giornata, il comitato promotore prima e il Circolo del Partito Democratico ricostituito nel 2021 in seguito, ha scelto di aderire all’iniziativa “Un fiore per Vito”». Parole semplici, ma che portano sulle spalle un’eredità pesante: quella di chi non vuole che errori, omissioni e superficialità diventino di nuovo tragedia.

Isabella Spezzano

Il crollo che uccise Vito non fu una fatalità. Le vicende processuali dell’epoca lo hanno chiarito: nella filiera dei controlli c’erano responsabilità precise, mancanze strutturali e verifiche che avrebbero dovuto essere fatte e non lo furono. È da quel momento che la sicurezza nelle scuole ha smesso di essere un capitolo tecnico e si è trasformata in una questione politica, etica, quasi antropologica: che società siamo se non riusciamo a garantire l’incolumità di chi cresce? Ogni volta che una classe viene evacuata per un distacco di intonaco, ogni volta che un dirigente scolastico segnala impianti vetusti o soffitti che mostrano segni evidenti di cedimento, la risposta sembra ripetersi: siamo una società che ricorda a parole, ma fatica ad agire nei fatti.

Ecco perché il gesto simbolico scelto dal Pd di Leinì non è un rito stanco. È un modo per tenere accesa una memoria che, nelle parole del comunicato, «ci parla di tanti e tante vittime, giovani studenti che non possono essere dimenticati». E infatti questa giornata non riguarda solo Vito Scafidi, ma anche le studentesse e gli studenti della Casa dello Studente dell’Aquila, i bambini e le bambine di San Giuliano di Puglia, e tutti coloro che in Italia sono rimasti feriti dentro una scuola. È un elenco che non appartiene più alla cronaca, ma al carattere stesso del nostro Paese, dove il confine tra ricordo e rimpianto è spesso troppo sottile.

La mattina di sabato 22 novembre 2025, a partire dalle 9.50, un gruppo di cittadini, militanti, insegnanti e amministratori percorrerà Leinì in bicicletta, facendo tappa nelle scuole della città per depositare un fiore e un pensiero. Il mezzo scelto non è casuale. Ricordare Vito, dicono dal circolo, significa parlare anche di aria, ambiente, qualità delle relazioni. Significa capire che la sicurezza non vive solo tra le mura di un edificio, ma nella trama più ampia delle scelte pubbliche: dalla mobilità alla manutenzione, dalla cura degli spazi educativi alla qualità della vita quotidiana.

Il percorso toccherà otto istituti, dall’infanzia alle elementari, dal centro alla frazione Tedeschi. Le tappe sono già definite: alle 9.50 la scuola dell’infanzia Gianni Rodari in via Dogliotti; alle 10.05 la scuola dell’infanzia di via Atzei; alle 10.30 la scuola dell’infanzia di via Caviglietto; alle 10.40 l’asilo nido di via dei Pioppi; alle 11 l’Istituto Comprensivo Carlo Casalegno di via Depaoli; alle 11.15 la scuola dell’infanzia Vittorio Ferrero in via Capirone; alle 11.40 la scuola elementare Anna Frank in piazza Gianinetto; e infine, alle 12.10, la scuola elementare della frazione Tedeschi. Un itinerario che diventa una mappa emotiva della comunità, un modo per dire che dietro ogni edificio c’è una storia, un pezzo di città, un futuro possibile.

Eppure questo gesto non è una soluzione. È un promemoria. Perché la sicurezza scolastica in Italia continua a vivere una contraddizione evidente: da un lato gli annunci, i piani di intervento, le risorse stanziate; dall’altro edifici vecchi, impianti che richiedono manutenzione costante, controlli che spesso arrivano solo quando il problema si è già manifestato. Quando si parla di Vito Scafidi, la retorica si scioglie e rimane solo la domanda centrale: come è possibile che un ragazzo sia morto in un’aula? E soprattutto: che cosa stiamo facendo perché non succeda più?

La memoria, da sola, non basta. Lo dice la stessa segretaria Spezzano quando parla di «impegno generato da questa memoria condivisa che ci porta a riflettere sulla situazione attuale e su quanto ogni giorno la sicurezza nelle scuole e nelle nostre città non sia solo un principio ma un lavoro di presidio e corresponsabilità». È una frase che suona come avvertimento: la sicurezza non è un’etichetta, è una pratica quotidiana. Non è una voce di bilancio, è una cultura. Non è neppure una delega: è un compito che riguarda tutti, dalle istituzioni ai tecnici, dagli amministratori ai cittadini.

Questo è il senso profondo dell’iniziativa: non un fiore per celebrare, ma un fiore per interrogare. Non un rito nostalgico, ma un gesto politico. Non un ricordo isolato, ma un atto che collega passato e presente, promessa e realtà, detto e fatto. Perché Vito non è un simbolo, è un ragazzo con una storia spezzata da ciò che avrebbe dovuto proteggerlo.

Chi pedalerà sabato mattina per le vie di Leinì lo farà con la consapevolezza che la memoria non basta a tenere su i soffitti, ma è l’unico modo per impedire che la rassegnazione diventi la normalità. Lo farà sapendo che un fiore non mette in sicurezza un edificio, ma può mettere in sicurezza una coscienza. E lo farà portando con sé un gesto che ogni anno si rinnova non per tradizione, ma per necessità.

Perché finché in Italia una scuola potrà crollare, il fiore di Vito non sarà mai un fiore soltanto.

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