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15 Novembre 2025 - 12:29
La scuola evacuata, il post del Comune e il sindaco Luca Torella
E' più importante l'essere o l'apparire?
Si può evacuare una scuola in pochi minuti. Si può mettere in sicurezza un edificio in un’ora, isolare una tubazione, chiamare i tecnici, ringraziare tutti in un post ufficiale. Quello che non si può fare — o meglio, quello che non si dovrebbe mai fare — è dimenticare i genitori. Eppure è esattamente quello che è accaduto alla scuola della frazione Tedeschi di Leini, dove un forte odore di gas ha fatto scattare l’evacuazione e dove, paradossalmente, la comunicazione è stata più fragile della linea che serve la palestra.
La domanda che ha attraversato il paese è una di quelle che non hanno bisogno di analisi, solo di buonsenso: davvero un post su Facebook può sostituire una telefonata?
E soprattutto: davvero un’amministrazione crede che la gestione di un’emergenza finisce quando “lo dice a Facebook”?
Perché è andata così. Venerdì mattina l’odore di gas è stato percepito chiaramente dentro la scuola. Il personale ha seguito il protocollo con ordine e lucidità: evacuazione immediata, bambini portati all’esterno, chiamata ai soccorsi, gas chiuso, edificio isolato. Fin qui, nulla da obiettare. Anzi: sulla parte operativa nessuno ha mosso critiche. Il problema non è cosa è stato fatto, ma come è stato comunicato.
Perché mentre i Vigili del Fuoco e la Polizia Locale lavoravano dentro il perimetro della scuola, fuori — nelle case, negli uffici, nei negozi — i genitori non sapevano nulla. Nessuno li aveva chiamati. Nessuno aveva fatto un avviso diretto. Nessuno aveva scritto un messaggio alle rappresentanti. Nessuno aveva fatto scattare una catena informativa.
Hanno scoperto tutto tramite un post del Comune di Leini su Facebook.
Il post del Comune di Leini
Ed è qui che la storia tecnica diventa politica. Ed è qui che l’emergenza si trasforma in polemica — non una polemica di pancia, ma una polemica di logica. Una di quelle che si sarebbero potute evitare con dieci minuti di buon senso e una rubrica telefonica in mano.
Facebook non è un canale istituzionale.
Facebook è un social network. È uno spazio privato delle aziende, dei partiti, dei profili personali. Non ha alcun valore di ufficialità, non garantisce che l’informazione arrivi, non tutela nessuno.
E soprattutto: non è obbligatorio averlo.
L’idea che “tanto tutti sono su Facebook” è una scorciatoia culturale prima ancora che politica. È il modo in cui ci diciamo che non serve dialogare, basta pubblicare. È l’equivalente digitale di lanciare un avviso in piazza sperando che arrivi a chi deve arrivare. È comodo, certo. Ma è anche — diciamolo chiaramente — un atto di deresponsabilizzazione.
Perché non è vero che tutti sono su Facebook. Per fortuna, verrebbe da aggiungere.
E non è vero che un post è il modo “più veloce” per avvisare.
Un Comune che si rispetti ha strumenti ben più efficaci: messaggistica diretta, sms, chiamate ai rappresentanti di classe, numeri di emergenza, comunicazioni interne.
Le scuole funzionano anche così: con le persone, non con gli algoritmi.
C’è un altro punto, più sottile e più serio. Una telefonata, anche una soltanto, è empatia. È voce umana. È la scelta di mettersi dall’altro lato del telefono e dire “ci siamo noi, tutto è sotto controllo”.
Un post, invece, è un gesto freddo, distante, impersonale.
È informazione, non comunicazione.
È burocrazia, non cura.
Ed è questo che ha fatto arrabbiare tanti genitori, non l’evacuazione in sé, non i Vigili del Fuoco sul posto, non il gas chiuso. La mancanza di sensibilità.
La sensazione di essere stati informati come cittadini generici, non come genitori di bambini piccoli appena evacuati.
Di essere stati trattati come pubblico, non come parte coinvolta.
Di aver letto un aggiornamento su uno schermo, invece di ricevere un segnale di vicinanza.
Sui social, nel frattempo, la discussione si è infiammata. Sono arrivate le critiche, le domande, i commenti che contenevano la stessa domanda sotto forme diverse:
“Perché non hanno avvisato noi?”
“È possibile che il Comune abbia pensato prima a fare un post e solo dopo — forse — a chiamare qualcuno?”
“Ma davvero in un’evacuazione si avvisa Facebook prima dei genitori?”.
Qualcuno sui social ha provato a difendere l’amministrazione dicendo che forse non c’erano i numeri, che forse non c’era il tempo, che forse il post era il modo più rapido per raggiungere “almeno qualcuno”.
Basta guardare alla realtà per capire che non è così: nelle scuole i contatti esistono, i rappresentanti pure, e una catena di messaggi si attiva in trenta secondi.
È solo questione di volontà.
E forse, in questo caso, di priorità sbagliate. O di risposte "così così" alla domanda di cui sopra: è più importante l'essere o l'apparire?
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