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17 Novembre 2025 - 20:29
La spesa sociale esplode nel Mezzogiorno ma il divario non si chiude: il nuovo Rapporto Cnel smonta l’illusione del recupero (foto di repertorio)
Nel Mezzogiorno la spesa sociale territoriale accelera con forza, ma non riesce a recuperare pienamente i ritardi accumulati negli anni. È la fotografia tracciata dal nuovo Rapporto annuale del Cnel sui servizi sociali territoriali, presentato a Roma e dedicato in particolare alle risorse sostenute dai Comuni. Il documento registra un dato storico: nel 2022 la spesa ha raggiunto gli 8,9 miliardi di euro, pari allo 0,46% del Pil, il massimo livello nominale mai registrato.
Il Mezzogiorno guida l’aumento percentuale della spesa nel lungo periodo. Dal 2003 al 2022, la crescita è stata del +95% al Sud e del +93% nelle Isole, mentre il Centro ha seguito con un +71%, il Nord-Est con un +62% e il Nord-Ovest con un +63%. A livello regionale emerge con forza la Puglia, che in vent’anni segna un incremento del +155%, mentre all’estremo opposto si colloca la Valle d’Aosta, unica realtà con un saldo negativo (-11%).
Nonostante l’aumento significativo, il report sottolinea che le aree più esposte ai rischi strutturali restano quelle meridionali. Allo stesso tempo, però, non mancano «esperienze virtuose» in vari ambiti funzionali: il Cnel segnala in particolare il caso dell’assistenza domiciliare alle persone con disabilità, dove «a fronte di una media nazionale di 341 euro pro-capite, molte Ats del Mezzogiorno destinano risorse superiori ai 600 euro». Un dato che ribalta l’immagine di un Sud statico, mettendo in luce territori capaci di investire in modo più incisivo della media nazionale.

Il rapporto indica che la spesa sociale territoriale pro-capite, al netto dei contributi dell’utenza e del Servizio sanitario nazionale, ha raggiunto in media 150 euro per abitante, ma mostra «forti disomogeneità» tra regioni, province e persino all’interno delle stesse aree. La distanza tra l’Ambito territoriale sociale con la spesa più elevata e quello con la più bassa supera di oltre tre volte il valore medio nazionale, pari a 462 euro. Persistono inoltre squilibri tra città capoluogo e comuni di cintura, mentre il 52% dei micro-Comuni continua a collocarsi al di sotto dei fabbisogni standard.
Il Cnel mette in luce anche la frammentazione nella gestione dei servizi: «nella stragrande maggioranza dei casi, la spesa continua infatti a essere gestita dai singoli Comuni, che nel 2022 hanno amministrato in media il 67% del totale». Quando invece sono presenti forme associative autonome tra enti locali, come consorzi o unioni, l’allocazione delle risorse risulta «più stabile e costante». Secondo il rapporto, l’autonomia gestionale di queste strutture consente una migliore tenuta del sistema, in grado di garantire quella che il Cnel definisce «una maggiore resilienza del sistema dei servizi sociali territoriali».
La fotografia che emerge è quella di un Paese che aumenta la spesa come mai prima, ma che fatica ancora a trasformare questa crescita in una reale riduzione delle distanze. Il divario Nord-Sud si assottiglia solo in parte, mentre il mosaico delle autonomie locali continua a disegnare una mappa complessa, segnata da differenze strutturali e opportunità non uniformemente distribuite.
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