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15 Novembre 2025 - 21:43
Mentre Torino si mostra al mondo per le ATP Finals, con il tricolore che sventola sui maxischermi e i fan del tennis che affollano strade, hotel e ristoranti, la città fa i conti con un’infrastruttura che scricchiola. La metropolitana, spina dorsale della mobilità urbana, vive giorni di caos. Guasti, interruzioni, ritardi, convogli fermi in galleria e banchine sovraffollate: una sequenza ormai familiare per i torinesi e per i visitatori che tentano di spostarsi tra il centro e Lingotto, dove si giocano i match del torneo.
Le difficoltà quotidiane si sommano a una nube di incertezza sul futuro della linea 1. La società Ici, che guida il cantiere per il prolungamento da Fermi a Cascine Vica, ha presentato richiesta di concordato in tribunale per un’esposizione debitoria di oltre 24 milioni di euro. Il giudice si pronuncerà il 16 dicembre, una data chiave che potrebbe decidere il destino di uno dei progetti più attesi e strategici della mobilità torinese. Se il piano non dovesse essere approvato, il rischio è un effetto domino: fallimento della società, riapertura della gara d’appalto e stop prolungato dei lavori, con tempi imprevedibili per la ripartenza.
L’effetto domino sul prolungamento Fermi–Cascine Vica non si misurerebbe solo in ritardi tecnici. Il blocco delle opere congelerebbe per mesi la possibilità di completare una tratta fondamentale per l’asse ovest della città, quello più congestionato e meno servito dal trasporto pubblico veloce. Il rischio è quello di vedere sfumare una delle poche risposte strutturali alla domanda crescente di mobilità metropolitana. Pendolari, studenti, lavoratori dei comuni limitrofi resterebbero senza alternative, con un inevitabile aumento del traffico su strada e un impatto diretto sulla qualità dell’aria.
Intanto, i torinesi che ogni giorno prendono la metro descrivono un servizio sempre più “desolante”. Nelle testimonianze raccolte tra banchine e carrozze emerge la stessa frustrazione: attese prolungate, corse cancellate, informazioni confuse. I tabelloni luminosi annunciano ritardi a catena, gli altoparlanti si alternano tra scuse e comunicati tecnici, ma la sostanza non cambia. Nel pieno di un evento internazionale che mette Torino al centro dell’attenzione mondiale, il suo sistema di trasporto mostra tutti i limiti di una gestione in affanno.

Secondo diversi osservatori, la situazione rischia di trasformarsi in una commedia non divertente: annunci, proroghe, responsabilità frammentate e nessun piano di emergenza chiaro. Per evitarlo serve un cambio di passo deciso. Prima di tutto una comunicazione trasparente sui tempi, un calendario di lavori realistico e soprattutto una regia unitaria capace di proteggere le opere strategiche dagli scossoni economici delle imprese coinvolte. I cittadini chiedono stabilità, non promesse.
In gioco non c’è solo una tratta da completare, ma la credibilità del sistema di trasporto di una grande città europea. Torino, che con orgoglio ospita manifestazioni di livello mondiale, non può permettersi che i suoi visitatori restino bloccati nei sottopassaggi o che i pendolari continuino a viaggiare nel caos quotidiano.
La metropolitana è l’ossatura della mobilità urbana, e come ogni infrastruttura vitale vive di fiducia. Una fiducia che si costruisce con affidabilità, continuità e chiarezza. La decisione del 16 dicembre rappresenta dunque un punto di caduta decisivo: o la linea 1 riparte, o l’immobilismo rischia di trascinare con sé non solo i cantieri, ma anche la reputazione di una città che da anni cerca di dimostrare di essere all’altezza del suo futuro.
Tornare a correre — sui binari e nei cantieri — non è più un auspicio. È la priorità che Torino non può più rimandare.
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