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15 Novembre 2025 - 17:02
Gabriele Carenini
La canapa torna al centro del dibattito pubblico piemontese come una delle risorse più promettenti per costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile, capace di unire agricoltura, bioedilizia e rigenerazione urbana. È questo il messaggio lanciato da Gabriele Carenini, presidente regionale di Cia Agricoltori Italiani del Piemonte, intervenuto alla fiera Restructura di Torino durante il convegno “Riprogettare la città sostenibile: la canapa come opportunità di rilancio”. Un intervento che ha riacceso l’attenzione su un tema che negli ultimi anni ha attirato investimenti, competenze, sperimentazioni e nuove imprese, ma che oggi rischia di essere improvvisamente frenato da un quadro normativo incerto.
Per Carenini, infatti, la canapa non è solo una coltura agricola tra le altre, ma rappresenta un’occasione concreta per ripensare l’economia rurale, costruire nuove filiere e rispondere alle sfide ambientali del nostro tempo. La sua posizione è chiara: l’agricoltura deve tornare protagonista, soprattutto quando le colture permettono di produrre materiali naturali destinati a un settore in forte espansione come la bioedilizia. E proprio su questo punto il presidente piemontese di Cia ha insistito con decisione, spiegando come le aziende agricole abbiano oggi la possibilità di fornire materie prime che, una volta trasformate, danno vita a edifici più efficienti, più salubri e con un impatto ambientale ridotto. Il ciclo della canapa, coltivata secondo criteri sostenibili, offre infatti materiali come il canapulo e il calce-canapulo, risorse ormai riconosciute a livello europeo per le loro qualità isolanti, la traspirabilità e l’assenza di sostanze nocive. Un esempio di innovazione che unisce tradizione agricola e tecnologia edilizia, dimostrando come dal campo si possa letteralmente arrivare alle fondamenta delle case.

Durante la conferenza, gli esperti hanno ricordato come l’Italia si trovi davanti a una sfida epocale: quella della rigenerazione urbana. Le città devono trasformarsi, adattandosi ai cambiamenti climatici, riducendo i consumi energetici e affrontando l’obsolescenza di un patrimonio edilizio spesso datato e poco efficiente. In questo contesto la canapa emerge come un materiale estremamente versatile, affiancato da legno, paglia, argilla e calce, in grado di garantire interventi rispettosi dell’ambiente e capaci di elevare la qualità degli edifici senza rinunciare all’innovazione. Le filiere naturali, ha ricordato Carenini, non sono solo un’opportunità tecnica, ma anche economica: creano lavoro, riducono le importazioni e avvicinano il mondo agricolo alle esigenze dell’urbanistica contemporanea. Alla fiera sono stati presentati anche casi concreti di architetture realizzate con canapa e materiali bioecologici, a dimostrazione di un potenziale che in molti Paesi europei è ormai realtà.
Ma se la prospettiva agricola ed edilizia appare solida e promettente, il nodo critico resta la normativa. Il tema, infatti, non è rimasto confinato ai padiglioni di Restructura: la discussione è approdata anche in Consiglio regionale, dove Gabriele Carenini e il direttore provinciale di Cia Agricoltori delle Alpi, Luigi Andreis, hanno partecipato alla seduta congiunta delle Commissioni Agricoltura e Ambiente dedicata alla nuova legge nazionale che vieta la lavorazione, la distribuzione e la vendita delle infiorescenze di canapa e dei loro derivati. Una norma che, secondo il mondo agricolo, rischia di compromettere seriamente l’intera filiera. «Questo provvedimento getta nell’incertezza un intero comparto, come se la canapa fosse sinonimo di droga», ha denunciato Carenini con forza, ricordando che il settore in Italia genera oltre 23 mila posti di lavoro e quasi un miliardo di euro di impatto economico diretto e indiretto. Un comparto che non si limita al mondo agricolo, ma coinvolge cosmesi, erboristeria, florovivaismo, bioedilizia e sperimentazioni innovative pienamente riconosciute dalla legislazione europea.
L’incertezza normativa colpisce in modo particolare il Piemonte, dove le superfici coltivate superano i settanta ettari in pieno campo, ai quali vanno aggiunte le produzioni in serra e indoor, non sempre rilevate nei fascicoli aziendali. Per molte aziende agricole, l’infiorescenza rappresenta la parte economicamente più rilevante della coltura e il suo divieto rischia di mettere a rischio non solo il reddito delle imprese, ma anche l’intera filiera della bioedilizia che, già oggi, deve talvolta rivolgersi all’estero per l’approvvigionamento della fibra. Una contraddizione evidente, soprattutto in un Paese che parla costantemente di sostenibilità e filiere corte, ma che rischia di soffocare sul nascere un settore capace di generare valore aggiunto e innovazione.
Per questo Carenini ha chiesto con decisione di aprire un tavolo regionale permanente dedicato alla canapa, un luogo di confronto stabile che tuteli il lavoro delle imprese e garantisca una prospettiva chiara a un settore che rischia di essere sacrificato a causa di norme confuse e percezioni distorte. Un appello che si traduce in una richiesta semplice ma determinante: permettere agli agricoltori di continuare a lavorare, produrre e investire, senza dover ricorrere a indennizzi o forme di assistenza. «Gli agricoltori che coltivano canapa non vogliono cassa integrazione né contributi straordinari», ha ribadito Gabriele Carenini, «vogliono solo poter continuare a fare il loro lavoro, come avviene negli altri Paesi concorrenti. Il Governo riveda il provvedimento e chiarisca al più presto la situazione».
Un messaggio netto, lanciato da Torino ma destinato a risuonare ben oltre la fiera Restructura, perché la canapa non è semplicemente una coltura: è una possibilità concreta per immaginare un nuovo modello di territorio, più moderno, più sostenibile e più vicino alle esigenze delle comunità che lo abitano. In altri termini, un’opportunità strategica che il Piemonte – e l’Italia – non possono permettersi di perdere.
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