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Terremoto in Canavese: due scosse in un’ora, ecco dove sono state sentite. Serata di paura e segnalazioni

Magnitudo 2.4 per entrambi i sismi, percepiti in decine di comuni tra Lanzo, Varisella e la cintura nord

Terremoto in Canavese: due scosse in un’ora, ecco dove sono state sentite. Serata di paura e segnalazioni

Terremoto in Canavese: due scosse in un’ora, ecco dove sono state sentite. Serata di paura e segnalazioni

Due scosse di terremoto in meno di due ore, entrambe avvertite in un’area ampia del Torinese, hanno riportato l’attenzione su un territorio che—nonostante la memoria corta—vive da sempre con una sismicità discreta ma costante.

La prima scossa è arrivata alle 20:58 di questa sera, giovedì 13 novembre, magnitudo 2.4, epicentro a Viù, nelle Valli di Lanzo, dodici chilometri sotto il livello del mare. Una scossa lieve, certo, ma percepita chiaramente. Lo confermano decine di segnalazioni da Nole a Valperga, da Almese a Corio, da Villardora a Mathi. Tutti raccontano lo stesso fotogramma: un tremolio rapido, un colpo secco, il rumore tipico del legno che vibra quando il terreno si muove. La Sala Sismica dell’INGV ha localizzato il sisma subito, chiarendone l’intensità modesta ma sufficiente a farsi sentire.

Un’ora dopo, quando molti avevano già archiviato l’episodio, ecco la seconda scossa. Ore 22:03, ancora magnitudo 2.4, epicentro 4 chilometri a nord-ovest di Varisella, a circa 14 chilometri di profondità. Sui social i commenti si moltiplicano: «A Lanzo ancora due boati di assestamento», «A Val della Torre sentite entrambe», «Ad Alpignano molto netta», «Possiamo dormire tranquilli?». Domanda legittima, in una serata che ricorda quanto le nostre certezze poggino davvero sulla crosta terrestre.

Nessun danno, nessuna richiesta ai vigili del fuoco. Ma un dato resta: novembre è già il mese più “movimentato” dell’anno nel Torinese, dopo i recenti episodi di Pinasca, Vinovo e Carema. Quattro scosse lievi, utili più ai sismologi che agli allarmisti. Non fanno paura, ma parlano. Raccontano come pizzicando la corda di uno strumento delicato.

Il Piemonte è zona sismica?

La leggenda popolare vuole che il Piemonte sia una regione “che i terremoti non li conosce”. Ma le leggende, come spesso accade, servono più a rassicurare che a descrivere la realtà. Perché sì: il Piemonte è zona sismica, anche se a bassa e media pericolosità. E proprio questa “bassa intensità” è il motivo per cui molti dimenticano quanto il sottosuolo piemontese sia vivo, eccome.

La regione si trova infatti lungo il margine occidentale della Pianura Padana, un’area dove le spinte della placca adriatica contro l’arco alpino generano tensioni continue. Non abbiamo faglie esplosive come quelle dell’Appennino, ma possediamo una geologia complessa, fatta di pieghe profonde, fratture lente e movimenti che raramente producono scosse devastanti, ma spesso generano micro-sismicità diffusa.

Le zone più interessate? Sempre le stesse: Valli di Lanzo, Val di Susa, Canavese, Pinerolese, Biellese meridionale, Alessandrino (che guarda verso l’Appennino ligure, più attivo). Qui il terreno scricchiola con una certa regolarità. Non abbastanza da finire nei libri di storia, ma sufficiente per riempire i bollettini dell’INGV.

Storicamente il Piemonte non è stato risparmiato. Il terremoto del 1808 a Saluzzo, quello del 1887 nel Ponente ligure (avvertito fortissimo anche nel Cuneese), e l’evento del 2000 a Piedimulera nel Verbano, magnitudo 4.7, ricordano che la regione non è affatto immobile. Solo che i piemontesi, prudenti e pratici, tendono a dimenticare in fretta ciò che non lascia macerie.

La pericolosità sismica del Piemonte viene classificata tra i livelli più bassi in Italia, ma “bassa” non significa “nulla”. Significa che il territorio è soggetto a scosse poco frequenti e poco intense, spesso sotto magnitudo 3, raramente sopra il 4. Significa che le case non tremano spesso, ma tremano. Significa che i tecnici monitorano, studiano, confrontano dati per capire come si muovono le faglie che attraversano il fianco occidentale della pianura.

E proprio questi episodi come le due scosse del 13 novembre ricordano la natura ciclica del fenomeno: brevi vibrazioni, nessun danno, ma un messaggio chiaro. Il Piemonte non è una terra “fuori” dal rischio, è semplicemente una terra dove il rischio si manifesta in forma gentile. Una gentilezza che non deve mai diventare disattenzione: perché la prevenzione—dalle costruzioni alle scuole, dai piani comunali all’informazione—si fa prima, non dopo.

In fondo, la sismicità piemontese è così: poca, ma parlante. Sta a noi ascoltare.

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