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13 Novembre 2025 - 19:23
Una giovane donna con diabete usa una penna per insulina per somministrare un’iniezione, gestendo correttamente il diabete di tipo 1 (repertorio)
In Italia il diabete cresce e lo fa con numeri che preoccupano gli esperti. Poco meno del 5% della popolazione adulta, pari a quasi 4 milioni di persone, ha ricevuto una diagnosi negli ultimi due anni. Un dato in continuo aumento legato all’età, segnalato alla vigilia della Giornata Mondiale del Diabete, in programma il 14 novembre, dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, capofila dei progetti europei Care4Diabetes e Jacardi. È una situazione che il presidente dell’Iss Rocco Bellantone definisce come «La prevalenza del diabete cresce con l’età e nelle persone tra i 50 e i 69 anni sfiora il 9%. Si tratta di una delle principali sfide per la salute pubblica, su cui l’Istituto è fortemente impegnato, dall’epidemiologia alla prevenzione».
Care4Diabetes punta a migliorare l’autogestione dei pazienti attraverso una piattaforma digitale che mette in contatto costante pazienti e operatori sanitari, con materiali formativi e un programma strutturato di attività per sei mesi. Jacardi invece mira alla creazione del Registro Nazionale del Diabete e allo sviluppo di percorsi di screening pediatrico per diabete di tipo 1 e celiachia, fornendo strumenti condivisi per prevenzione e programmazione sanitaria.

Secondo la sorveglianza Passi dell’Iss (2023-2024), il diabete colpisce più gli uomini (5,2%) delle donne (4,4%), arriva al 16% tra chi ha basso livello di istruzione o difficoltà economiche, è più diffuso al Sud (6%) rispetto al Nord (4%) ed è associato ad altri fattori di rischio cardiovascolare come ipertensione, ipercolesterolemia, eccesso di peso e sedentarietà. Solo il 36% dei pazienti ha controllato l’emoglobina glicata negli ultimi quattro mesi.
Il fenomeno è globale: nella Regione Europea dell’Oms, convivono con il diabete circa 66 milioni di adulti, pari a una prevalenza del 9,8%, con un terzo di persone non ancora diagnosticate. Gli esperti ricordano che «una persona su dieci potrebbe sviluppare la malattia entro il 2045» e insistono sulla necessità di politiche di prevenzione più solide.
Il profilo dei pazienti sta cambiando, soprattutto per il diabete di tipo 2. A spiegarlo è Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia, che sottolinea come «Il diabete di tipo 2 non è più una malattia dei nonni. Almeno 7 persone su 10 con diabete sono in età lavorativa. Anche se oggi l’aspettativa di vita di chi ha diabete ben controllato è simile a quella della popolazione generale, sul benessere, anche sul lavoro, c’è ancora molto da fare». Un cambiamento che riguarda anche la salute mentale: «Secondo dati Idf, 3 persone su 4 presentano ansia o depressione correlate alla malattia e 4 su 5 riferiscono un “burnout” da diabete. È necessario continuare a migliorare l’assistenza con farmaci e device innovativi; la Sid lavora per rendere le cure più accessibili e vicine ai pazienti». E conclude: «Bisogna sviluppare nuove soluzioni, rafforzare la prevenzione, formare gli operatori e informare il pubblico».
Alla vigilia della Giornata Mondiale, il quadro che emerge è netto: il diabete non è più una “malattia del passato”, ma una sfida crescente che richiede strategie immediate e lungimiranti.
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