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11 Novembre 2025 - 23:01
Maurizio Cieol
C’erano una volta i pioppi cipressini di via Castellamonte. Alti, eleganti, quasi ieratici, segnavano l’ingresso ovest di Ivrea. Oggi, dopo la decisione del sindaco Antonio Mazza, stanno per sparire. Il Comune di Banchette ha infatti deciso di abbattere i quindici alberi che decorano la rotatoria di fronte al Palazzo Uffici Olivetti: secondo le perizie tecniche, sono instabili, malati e pericolosi. Ma dietro la parola “sicurezza” si nasconde una frattura politica profonda. Perché per l’opposizione, e in particolare per il consigliere Maurizio Cieol, non è un intervento di manutenzione, ma un vero e proprio delitto ambientale e culturale.
“Mazza ha deciso di cancellare, con un colpo di motosega, un pezzo del paesaggio olivettiano”, accusa Cieol, che parla apertamente di “atto di incultura amministrativa”. E rincara la dose: “Quei pioppi non erano lì per caso: facevano parte del disegno originario del parco ideato da Pietro Porcinai, il grande architetto del paesaggio che aveva modellato le aree verdi Olivetti. Il loro allineamento non era decorativo, ma simbolico. Rappresentavano la continuità visiva di via Jervis, un segno di armonia tra industria e natura. Mazza, invece, scambia la storia per spazzatura verde.”
Il sindaco, dal canto suo, non arretra di un centimetro. “Non possiamo permetterci di aspettare che accada un incidente”, sostiene Mazza, convinto che la priorità sia la sicurezza dei cittadini. “Abbiamo ricevuto una relazione tecnica che parla chiaro: gli alberi sono a rischio caduta. In un nodo viario dove transitano ogni giorno centinaia di auto, non possiamo esitare.”
Un linguaggio da ingegnere che però non convince affatto chi vede in questa decisione una resa culturale.
Cieol ribatte colpo su colpo.
“È curioso che a Banchette si invochi la sicurezza solo quando si tratta di tagliare alberi. Invece di curarli o sostituirli gradualmente, si preferisce radere tutto al suolo. E poi ci si riempie la bocca di sostenibilità.”
E annuncia battaglia. Il suo gruppo consiliare ha chiesto formalmente ai funzionari comunali di mostrare le perizie che giustificano l’abbattimento e si prepara a inviare un esposto alla Prefettura, al sindaco di Ivrea e ad altri enti competenti. L’obiettivo è verificare se dietro la fretta di tagliare non ci sia piuttosto “una voglia di cancellare ciò che non si comprende.”
In effetti, la vicenda affonda le radici nel 2007-2008, quando la Provincia di Torino progettò le due rotonde di collegamento tra la SS 565 e via Jervis, bypassando via Pavone. L’intervento tagliò parte dell’originale parco Olivettiano, ma fu allora che — su indicazione di professionisti del paesaggio — si decise di mantenere coerenza con il disegno originario di Porcinai. La nuova collinetta, il ritmo verticale dei pioppi cipressini, la continuità visiva verso Ivrea: tutto era stato pensato per custodire un’idea di bellezza funzionale, tipicamente olivettiana.

Ora quel disegno rischia di svanire, sostituito — si dice — da “essenze ornamentali più sostenibili e meno impegnative”. In altre parole: alberelli bassi, facili da gestire, ma privi di anima. “Ecco la filosofia Mazza: abbattere per semplificare, ridurre tutto a un’aiuola anonima”, affonda Cieol. “Si è passati dal paesaggio di Porcinai alla rotatoria da supermercato.”
Il sindaco, però, rivendica la scelta: “Gestire il verde pubblico significa anche assumersi la responsabilità di intervenire quando la natura si indebolisce. Non stiamo tagliando, stiamo rigenerando.”
Una frase che, per il consigliere, suona come una beffa: “Rigenerare cosa? Il cemento? Le aiuole sintetiche? Le parole non bastano per coprire la distruzione di un simbolo.”
La partita ora si gioca anche sul piano politico. L’opposizione prepara interrogazioni, richieste di accesso agli atti e appelli alle istituzioni sovracomunali. Non è solo questione di alberi, spiegano, ma di metodo: “Quando un sindaco pensa che basti una perizia per cancellare un pezzo di storia, significa che ha perso il senso della misura e del luogo.”
E così, mentre i tecnici si preparano a impugnare le motoseghe, la rotatoria che dava il benvenuto a Ivrea sta per diventare un campo di battaglia tra due visioni opposte: quella di chi vede negli alberi un pericolo da eliminare, e quella di chi in quei pioppi vede ancora — nonostante tutto — la memoria viva dell’utopia olivettiana.
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