Cerca

Attualità

Telecontact, lo “spezzatino” TIM che travolge Ivrea: 89 lavoratori appesi a un filo

TIM cede il ramo d’azienda Telecontact alla nuova DNA S.r.l. e lascia dietro di sé 1.561 dipendenti in tutta Italia, di cui 89 nella sede eporediese. Pentenero e Avetta chiedono alla Regione Piemonte di intervenire: “Non è una riorganizzazione, è un rischio per l’occupazione e per i diritti dei lavoratori”

Telecontact, lo “spezzatino” TIM che travolge Ivrea: 89 lavoratori appesi a un filo

Il consigliere regionale Alberto Avetta

A Ivrea la parola innovazione è sempre stata di casa. Ma quella che sta arrivando adesso non ha nulla a che vedere con l’eredità di Adriano Olivetti. Si chiama cessione del ramo d’azienda Telecontact, e per i lavoratori che da oltre vent’anni rispondono alle chiamate dei clienti TIM ha il sapore amaro dell’ennesima delocalizzazione travestita da “strategia industriale”.

La notizia è ufficiale: il colosso delle telecomunicazioni ha deciso di cedere Telecontact, la società del gruppo che gestisce i servizi di customer care, a una nuova realtà chiamata DNA S.r.l., controllata dal Gruppo Distribuzione. In numeri: 1.561 lavoratori in tutta Italia e 89 solo nella sede eporediese. Un trasferimento che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire la continuità operativa. Nella pratica, però, rischia di trasformarsi nell’ennesimo gioco di prestigio aziendale: un colpo di mano che lascia i dipendenti con meno certezze e molti più dubbi.

“La Regione non può restare spettatrice”, dichiarano la presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Gianna Pentenero e il consigliere Alberto Avetta, che hanno depositato un’interrogazione urgente in Consiglio.

“La cessione del ramo d’azienda Telecontact da parte di TIM rappresenta l’ennesimo caso di esternalizzazione e frammentazione del gruppo, priva di una reale prospettiva industriale, che rischia di compromettere la tenuta occupazionale sul territorio piemontese”, affermano i due esponenti democratici.

La storia, però, non è solo piemontese. Da Catanzaro a Caltanissetta, da Napoli a Ivrea, centinaia di lavoratori sono sul piede di guerra. Gli stessi sindacati – SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL – hanno già annunciato due giornate di mobilitazione nazionale, il 17 novembre e il 16 dicembre, per difendere i posti di lavoro e chiedere chiarezza sui piani futuri della nuova società.

Sul banco degli imputati c’è TIM, accusata di smontare pezzo per pezzo il suo sistema industriale. Negli ultimi anni, l’ex monopolista ha venduto o scorporato gran parte delle sue attività “non strategiche”, seguendo una logica finanziaria che i sindacati definiscono “miope e distruttiva”. E la cessione di Telecontact – spiegano – ne è solo l’ultimo capitolo. “Esternalizzare significa togliere dal gruppo professionalità formate, per consegnarle a società più piccole, spesso senza garanzie di lungo periodo. È la solita storia: i profitti restano ai vertici, i rischi li pagano i lavoratori”, sintetizza un delegato sindacale.

Ad Ivrea, la preoccupazione è doppia. Non solo perché il call center rappresenta un’importante realtà occupazionale, ma perché in una città che ha già visto svanire l’industria olivettiana, ogni chiusura, ogni riduzione, ogni “trasferimento” suona come un’altra ferita. “Parliamo di dipendenti che da oltre vent’anni garantiscono servizi di customer care per TIM e che ora si trovano di fronte a una transizione incerta, con il rischio concreto di perdere le tutele contrattuali conquistate nel tempo”, ricordano Pentenero e Avetta.

call center

I lavoratori non chiedono miracoli, ma chiarezza. Chi è davvero DNA S.r.l.? Qual è il suo piano industriale? Ci saranno investimenti? Verranno mantenuti i livelli occupazionali e salariali? Domande che per ora restano sospese nell’aria, come tante altre in una stagione in cui i call center – nati per essere il simbolo del lavoro flessibile – sono diventati sinonimo di precarietà.

Pentenero e Avetta chiedono alla Giunta Cirio di smettere i panni dell’osservatore e convocare immediatamente un tavolo regionale: “La Regione, in virtù delle proprie competenze in materia di tutela e sicurezza del lavoro, deve farsi parte attiva per garantire la continuità produttiva dello stabilimento di Ivrea e la salvaguardia dei diritti dei lavoratori coinvolti”, spiegano.

E mentre le sigle sindacali preparano striscioni e assemblee, a Ivrea qualcuno ricorda con nostalgia quando le aziende trattavano i lavoratori come persone, non come numeri nei bilanci. “La protesta dei dipendenti della Telecontact merita ascolto”, insistono i due consiglieri, “e la Regione deve assumere un ruolo di garanzia e mediazione, affinché la transizione non si traduca in una perdita di diritti e posti di lavoro”.

Insomma, nel Paese dove si parla di “transizioni digitali”, “sostenibilità” e “futuro del lavoro”, il caso Telecontact sembra l’ennesima prova di un sistema che cambia etichetta ma non sostanza: si taglia, si vende, si frammenta, e poi si chiama tutto questo “innovazione”.

Solo che a Ivrea, dove la parola innovazione aveva un tempo il volto umano di Adriano Olivetti, i cittadini e i lavoratori hanno ancora memoria lunga. E di fronte a operazioni come questa, non c’è comunicato aziendale che tenga: l’amarezza è quella di chi vede svanire, giorno dopo giorno, non solo un posto di lavoro, ma anche un pezzo di dignità.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori