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10 Novembre 2025 - 14:46
Allarme a Pont Canavese: l’ex Sandretto venduta a una ditta dei rifiuti?
Arriva da Pont un’informazione che, se trovasse conferma e si trasformasse in notizia, non potrebbe che suscitare profondo allarme. Per ora è una voce, ma visto che uno dei gruppi di opposizione l’ha presa in considerazione ed ha deciso di farne oggetto di Interrogazione, il dubbio che si tratti di una cosa seria inevitabilmente sorge.
In data 8 novembre i due consiglieri di Noi per Pont – Gian Piero Bonatto e Raffaele Costa – hanno presentato un’Interrogazione a risposta scritta riguardante la vendita del complesso industriale ex-Sandretto.
A preoccupare non è la vendita in sé, ma il fatto che si tratterebbe di una ditta che opera… nel campo dei rifiuti! Trasporto, stoccaggio e trattamento dei medesimi. Non potrebbe capitare di peggio ai pontesi, dopo tutto quello che hanno dovuto subire in passato proprio in materia di rifiuti.
Secondo quanto riportato nell’interrogazione, il complesso industriale sarebbe stato infatti venduto alla POLIRECUPERI S.R.L., con sede in Lombardia.
Che dire di fronte ad una prospettiva del genere? Dopo aver subito per anni la presenza di un inceneritore – quello della LIRI Industriale – che bruciava plastica in mezzo al paese per liberarsi degli scarti di produzione, ora arriverebbe un’azienda che fa dei rifiuti la propria attività primaria. Non sappiamo come operi quest’azienda, sarà pure la migliore al mondo, ma una cosa è certa: il settore è estremamente controverso.
Gli interroganti sostengono che “la cittadinanza ha diritto ad essere informata su sviluppi che potrebbero influire significativamente sulla qualità della vita e sull’ambiente” e che “è necessario garantire trasparenza, valutazioni ambientali accurate ed informazioni certe alla popolazione perché la gestione del territorio richiede scelte ponderate e lungimiranti, in grado di conciliare sviluppo economico e tutela ambientale”.
È chiaro che non spettava al sindaco ed all’amministrazione comunale occuparsi di vendere la proprietà (non rientra fra i loro compiti!).
Spetta però al Comune rilasciare permessi ed autorizzazioni e vigilare sulla salute dei cittadini.
Bonatto e Costa chiedono quindi se detta amministrazione fosse a conoscenza dell’acquisizione e da quando; se vi siano stati contatti con la società; quale sia la destinazione d’uso prevista per il sito e se siano state richieste autorizzazioni legate alla gestione dei rifiuti. Chiedono poi quali misure intenda adottare l’Amministrazione per garantire la tutela ambientale, la salute pubblica e il coinvolgimento della cittadinanza; se sia stato informato il Presidente dell’Unione Montana, e quali iniziative si intendano intraprendere a livello sovracomunale.
Si spera che durante la prossima seduta di consiglio comunale emerga qualche dato certo. Intanto si può rilevare che, qualunque sia l’importo della vendita (e presumibilmente si sarà trattato più che altro di una svendita dopo otto anni e mezzo di abbandono del sito) difficilmente ne verrà qualcosa di buono agli ex-dipendenti. Nei fallimenti, infatti, gli operai ed impiegati sono gli ultimi ad esser presi in considerazione: prima si saldano i debiti con le banche, poi quelli con le aziende creditrici (partendo molto democraticamente dalle più grandi per scendere via via a quelle più piccole) e solo alla fine, se resta qualche briciola, la si divide tra i più deboli.
Certo però che rimanere a bocca asciutta dopo tante traversie lavorative e vedersi pure piazzare un impianto di trattamento dei rifiuti vicino a casa sarebbe una doppia beffa!
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