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10 Novembre 2025 - 11:42
Testosterone per ritrovare il desiderio? Il nuovo trend che arriva dagli USA vede le donne in rivolta contro la perdita della libido
Negli Stati Uniti lo chiamano il “miracolo silenzioso”, ma dietro la definizione patinata si nasconde una rivoluzione discreta e controversa. Sempre più donne, in particolare tra i 40 e i 55 anni, assumono testosterone senza prescrizione medica. Lo fanno fuori dai canali tradizionali, rivolgendosi a spa mediche, centri benessere, nutrizionisti o cliniche anti-aging, con l’obiettivo di ritrovare il desiderio sessuale, l’energia fisica e, in molti casi, una percezione di sé che il tempo, le gravidanze o la fatica avevano eroso.
L’inchiesta del New York Times, firmata da Susan Dominus, ha scoperchiato un fenomeno già noto agli endocrinologi ma fino a oggi confinato in una zona grigia della medicina. Non esiste, infatti, alcun farmaco a base di testosterone approvato per le donne né negli Stati Uniti né in Europa, eppure migliaia di americane scelgono di auto-prescriversi creme, gel o pellet sottocutanei in dosi anche dieci volte superiori a quelle terapeutiche previste per la menopausa.
Dietro il gesto, più che un capriccio, c’è la frustrazione di sentirsi ignorate dal sistema sanitario, che tende a liquidare il calo della libido come un effetto collaterale inevitabile dell’età, dello stress o della maternità. Molte donne, scrive Dominus, si ribellano a quel “è normale” pronunciato con troppa leggerezza nelle sale d’attesa. Vogliono una risposta, anche se comporta rischi.
La psicanalista Laura Pigozzi, nel libro Non solo madri (Raffaello Cortina Editore), offre un dato sconcertante: secondo un’indagine su oltre 2.500 donne italiane, solo il 3,5% definisce la propria vita sessuale “soddisfacente” dopo la maternità. Significa che quasi il 97% dichiara un’intimità scarsa o assente.
Un vuoto che non è solo fisico, ma identitario. L’eros non scompare senza lasciare traccia; si porta via una parte di sé, un senso di vitalità, di presenza nel corpo e nel mondo. È un tema di cui si parla poco, quasi fosse una fragilità da nascondere. Nella società contemporanea, ancora ancorata a modelli estetici e produttivi, la donna deve “funzionare” in ogni ambito – lavorativo, familiare, sociale – ma può permettersi di disinvestire dal piacere. Come se il desiderio fosse un lusso, non un bisogno fisiologico o psichico.

Da trent’anni la medicina cerca una soluzione farmacologica per il calo della libido femminile. Gli esperimenti ci sono stati – dal flibanserin, un antidepressivo ribattezzato “pink Viagra”, al bremelanotide, un’iniezione che stimola la risposta sessuale – ma nessuno ha avuto un reale successo clinico o commerciale. L’idea di un “Viagra per donne” rimane un mito, una promessa mancata. Nel frattempo, il mercato del testosterone off-label – cioè usato al di fuori delle indicazioni ufficiali – è diventato un laboratorio parallelo, dove la medicina incontra la cultura del benessere e l’autogestione del corpo.
Il testosterone è un ormone naturalmente presente anche nelle donne, prodotto in quantità minori rispetto agli uomini, ma essenziale per mantenere la massa muscolare, la densità ossea e la libido. Con l’età, i suoi livelli calano drasticamente, spesso più rapidamente che nei maschi. Secondo diverse società scientifiche internazionali, un’integrazione controllata può migliorare il desiderio sessuale nelle donne in post-menopausa, ma solo sotto stretta sorveglianza endocrinologica e in dosi calibrate.
Negli Stati Uniti, tuttavia, la spinta del mercato ha superato la cautela scientifica. La domanda è esplosa, e con essa i centri che offrono “terapie personalizzate per l’energia femminile”, in un mix di marketing, medicina alternativa e autoaffermazione.
L’inchiesta del New York Times racconta decine di storie. Donne che da anni non provavano desiderio, improvvisamente travolte da un ritorno di libido. Altre che riferiscono di sentirsi più forti, più concentrate, “vive come a trent’anni”. Gli effetti collaterali non mancano: crescita di peli sul viso, perdita di capelli, irritabilità, acne, e in alcuni casi alterazioni del ciclo mestruale o problemi epatici. Ma per molte il prezzo sembra accettabile.
La Dominus descrive un entusiasmo quasi messianico: donne che parlano con fervore di una rinascita sessuale e relazionale, di matrimoni risvegliati, di una nuova complicità di coppia. Una di loro confessa che “prima non sopportava neanche l’idea di essere toccata”, e ora vive una seconda giovinezza.
Un’altra racconta di avere abbandonato anni di terapie di coppia infruttuose e di aver ritrovato armonia con il partner grazie al trattamento. Al di là dell’effetto ormonale, emerge una dimensione culturale più profonda. In una società che ha sempre considerato il desiderio femminile come accessorio, la possibilità di riappropriarsene assume un valore politico. È una forma di autodeterminazione corporea, anche se rischiosa, che attraversa il confine tra medicina e libertà personale.
C’è poi la questione della disparità di genere nella ricerca e nella regolamentazione dei farmaci. Dagli anni Cinquanta, la Fda americana ha approvato oltre 30 prodotti a base di testosterone per uomini, mentre per le donne non esiste ancora una formulazione ufficiale. Il paradosso è che la diminuzione dell’ormone nel corpo femminile è fisiologicamente più rapida e più impattante.
Gli effetti della carenza di testosterone non riguardano solo la sessualità: comportano stanchezza cronica, calo dell’umore, perdita di tono muscolare e cognitivo. Tuttavia, ogni volta che la ricerca tenta di sviluppare un trattamento specifico per le donne, il percorso si interrompe tra vincoli normativi, costi e diffidenze etiche. Questa asimmetria alimenta la percezione di una medicina maschile-centrica, pronta a intervenire per garantire la potenza virile, ma esitante quando si tratta di sostenere il piacere femminile.
Nonostante l’entusiasmo delle protagoniste, gli endocrinologi mettono in guardia: il testosterone non è un integratore innocuo. L’uso prolungato senza controllo può provocare effetti permanenti, tra cui la voce più bassa, alterazioni del colesterolo e danni epatici. Ma la vera criticità è un’altra: molte donne si affidano a canali non certificati, comprando online o tramite intermediari privi di formazione medica.
Il fenomeno, raccontano gli esperti, riflette una crisi di fiducia nel sistema sanitario. Quando il corpo femminile non riceve ascolto o risposte, la tentazione dell’autoterapia diventa irresistibile. Lo stesso accade con gli ormoni tiroidei, con gli antidepressivi, con i prodotti anti-aging. È il segno di una generazione che preferisce rischiare piuttosto che accettare la perdita di vitalità come destino biologico.
Ciò che colpisce nel racconto delle donne intervistate è la convinzione che il desiderio non sia solo una questione erotica, ma una forza vitale complessiva. Chi assume testosterone non cerca solo di “fare più sesso”, ma di ritrovare energia, curiosità, ambizione. Una donna racconta di essere tornata a correre, un’altra di aver cambiato lavoro, un’altra ancora di sentirsi “di nuovo capace di amare”.
In fondo, il desiderio è la manifestazione più autentica della libertà individuale. Per questo la perdita di libido viene vissuta come un lutto, e la sua riconquista come una rinascita. In un’epoca che celebra l’autonomia femminile ma impone ancora modelli di perfezione e autocontrollo, l’idea di “ritrovare sé stesse attraverso un ormone maschile” diventa quasi una provocazione simbolica.
L’articolo di Dominus ha fatto il giro del mondo non solo per l’impatto clinico, ma per la sua risonanza culturale. Anche in Italia, dove le terapie ormonali restano soggette a protocolli rigidi, il tema del desiderio femminile è sempre più presente nei consultori e nei centri di psicoterapia. Molti ginecologi italiani segnalano un aumento di richieste di trattamenti personalizzati per la libido, spesso accompagnate da un senso di colpa o di imbarazzo. È la traccia di un tabù che resiste, quello che lega la sessualità femminile alla maternità e alla coppia stabile, lasciando poco spazio all’autonomia del piacere.
Il caso del testosterone è, in fondo, un sintomo di qualcosa di più ampio: il bisogno di riappropriarsi del corpo come luogo di decisione e di libertà. Che si tratti di una crema ormonale o di una seduta di meditazione, di una palestra o di un bisturi, il messaggio è lo stesso: il corpo femminile non è più un territorio passivo, ma un laboratorio di identità. L’inchiesta americana non fornisce risposte definitive, ma pone una domanda cruciale: quanto siamo disposti a rischiare per sentirci vivi? Per le donne che scelgono il testosterone, la risposta è chiara: il rischio vale la possibilità di ritrovare se stesse, anche a costo di qualche filo di barba.
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