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Fili Sottili: a Cirié un incontro sfida i tabù sull'affettività nella disabilità

Inclusione e rispetto: riflessioni sulla sessualità e l'affettività delle persone con disabilità

"Ho vissuto violenza verbale dai suoi genitori e da lui". La storia di Irene alla tavola rotonda sul tema della sessualità e affettività nelle coppie di e con persone con disabilità

Quello che vorrei da un partner è il rispetto”. Questo il commento di Irene Galli, che oggi ha raccontato la sua storia durante una tavola rotonda sul tema della sessualità e dell’affettività nel rapporto di coppia di e con persone con disabilità. 

L’incontro si è svolto nella sala consiliare del comune di Cirié e ha aperto l’ultima giornata di Fili Sottili, il Festival di Arte, Salute e Inclusione, che ha animato le piazze e le sale di Ciriè e Lanzo Torinese dall’8 al 10 maggio 2025. Il festival nasce dalla volontà e collaborazione del DSM - A.S.L. TO4, il C.I.S. di Ciriè, Cooperativa Sociale COESA, Cooperativa Sociale INTERACTIVE, Presidio Ospedaliero FATEBENEFRATELLI, Istituto di Istruzione Statale "Tommaso D'Oria" di Ciriè, TRAME - Rete Piemontese di Teatro e Diversità, Associazione DAMAMAR ODV ETS e Associazione Culturale I LUNATICI.

L’incontro di oggi è stato introdotto dalla sindaca Loredana Devietti, che lo ha definito “significativo” perché permette di “riflettere come comunità” e di accendere i riflettori su temi che rimangono - ancora oggi – poco conosciuti. Nello specifico, questi temi si trasformano in veri e propri tabù quando i protagonisti sono le persone che hanno una qualche forma di disabilità “la cui sfera affettiva e sessuale viene spesso considerata come un elemento superfluo, talvolta, addirittura, da nascondere”.

Ad aprire il dibattito è stato Giancarlo Ferrari, psicoterapeuta e fondatore, insieme alla moglie Marisa Bettassa, di Volare Alto – Genitori, figli e l’avventura della vita, associazione di volontariato costituita da genitori con figli disabili e non, per educarli a crescere nell’autonomia fisica e psicologica.Gia ncarlo ha ricordato che anche nell’associazione Volare alto non è stato facile affrontare questi temi. Però, “nella mia esperienza ho potuto notare che quando nel disabile la libido viene soppressa aumenta l’aggressività. Ritengo che sia necessario affrontare a tu per tu il tema, apertamente, onestamente, senza reticenze. Questo porta un beneficio perché viene percepito come un qualcosa di gratificante, un riconoscimento della propria realtà di adulto di essere completo”.  

 

È seguito l’intervento di Giulia Deiana Operatrice all’Emotività, Affettività e Sessualità, che collabora con l’associazione Love Giver, con sede a Bologna, e lavora nell’accompagnano al riconoscimento dei propri desideri e del proprio corpo. “Senza conoscere il proprio corpo non si può amare se stessi” ha sostenuto Deiana. “Credo che vada modificato che cosa sia la sessualità e l’affettività. Non necessariamente si tratta di un rapporto penetrativo. Non possiamo più vivere in un mondo che mette le persone disabili da una parte e le persone non disabili dall’altra” ha commentato l’educatrice.

Irene Galli ha quindi preso la parola condividendo con il pubblico la storia di una relazione che ha avuto con un ragazzo suo coetaneo. Ha raccontato di aver vissuto momenti molto difficili a causa delle discriminazioni che ha dovuto affrontare e delle violenze fisiche e verbali perpetrate nei suoi confronti.

Mi ha minacciato, dicendomi cose orribili, mi ha fatto cadere, e soprattutto io ho vissuto violenza verbale dai suoi genitori e da lui. La gente muore in situazioni in cui una persona agisce atti di violenza, quindi io vorrei consigliare a tutti di stare attente alle persone che si vogliono bene e si amano”.

Dopo l’intervento di Irene, la mamma Antonella Falugiani, ex presidente del CoorDown, ha sottolineato la necessità di affrontare con consapevolezza il tema della violenza all’interno delle relazioni di coppia. “Riconoscere una carezza buona da una carezza violenta” è la base da cui partire. “È fondamentale la formazione per insegnare ai ragazzi cosa vuol dire amare e cosa vuol dire affetto e quando ci si può affidare a un compagno o ad una compagna”.

Il dibattito è stato molto partecipato e dal pubblico sono arrivati diversi commenti e interventi, che possiamo riassumere in due punti. Da una parte è emersa una grande domanda, cioè cosa fare dopo queste parole? Nello specifico molte persone si sono interrogate su quali siano gli strumenti pratici per affrontare effettivamente queste questioni nella vita quotidiana.

Giulia Deiana ha ribadito la necessità di avviare percorsi di educazione sessuale fin dalla prima infanzia. “Bisogna dare nome alle cose. Si tende a portare tutto su una dimensione fiabesca, angelica, ma è necessario uscire da questa dimensione. E poi preparare già durante l’infanzia a quella che è la propria realtà ormonale e anatomica”.

Ma non si tratta solo di conoscere il proprio corpo e il proprio funzionamento. Ciò che è emerso durante la discussione è la possibilità di creare delle relazioni affettive stabili e appaganti. “L’autoerotismo va bene, ma abbiamo bisogno di ben altro - ha commentato Falugiani - quello che manca è costruire dei ponti, delle relazioni. L’obiettivo è di favorire degli scambi costruire dei percorsi di rete dove i ragazzi possono conoscersi, innamorarsi, oppure no”.

A livello locale, è intervenuto un membro dell’associazione Insieme per l’handicap Borgaro, che ha ricordato la presenza di uno sportello di ascolto a Borgaro Torinese sui temi della sessualità e dell’affettività. “A livello operativo è l’unico sportello che opera in zona. Proponiamo interventi gratuiti e ha lo scopo di dare un’assistenza a tutte le persone che hanno bisogno rispetto a questi temi”.

Il secondo punto è l’evidente rabbia collettiva. “Dobbiamo essere arrabbiati” ha commentato un uomo durante la conferenza. “Che questa rabbia sia uno stimolo per portare queste tematiche all’opinione pubblica. Possiamo portare questa parola perché queste cose arrivino nei tavoli istituzionali dove poi ci sarà la possibilità di fare qualcosa di concreto, perché senza supporto istituzionale non si può fare molto” ha rispoto Giancarlo T. Marangon che ha moderato la discussione.

Dopo questa giornata di riflessione, si apre una nuova visione della sessualità della persona con disabilità. “Da parte del genitore o dell'educatore la prospettiva proposta non si dovrebbe ridurre alla sola soddisfazione dell'impulso genitale ma si apre un orizzonte diverso dove la soddisfazione della libido si raggiunge anche attraverso attività, dinamiche e non, che portano alla gratificazione personale sempre nel rispetto dei limiti imposti dalla disabilità” ha concluso Giancarlo Ferrari.

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