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09 Novembre 2025 - 19:24
A Chivasso arrivano milioni di euro per il verde, ma le periferie affogano nei rifiuti
Primo posto in graduatoria, due milioni di euro in arrivo, un progetto dal nome poetico – Da ponte a ponte. Sulla carta, Chivasso si prepara a diventare un laboratorio di rinaturalizzazione urbana, un modello di connessione ecologica tra Po e Orco. Ma basta allontanarsi di qualche chilometro dal centro per scoprire un’altra realtà: le campagne a nord della città sono diventate una discarica a cielo aperto. Bottiglie, sacchi neri, resti di lavori edili, plastica ovunque. Le foto scattate dai cittadini nell’area della Chind, in quella che dovrebbe essere campagna viva, raccontano una città che si riempie di buone intenzioni e di rifiuti allo stesso tempo.
Sui social le immagini girano da giorni, accompagnate da rabbia e sarcasmo.
È l’eterna contraddizione della politica ambientale locale: grandi piani, piccoli controlli. Il Comune incassa fondi europei per la sostenibilità, ma non riesce a garantire la manutenzione ordinaria delle periferie. E così, mentre si parla di nature-based solutions e deimpermeabilizzazione dei suoli, lungo le strade sterrate si accumulano copertoni e cartoni, frigoriferi rotti e materiali di scarto.
Le foto che pubblichiamo arrivano dalle vie intorno all’area Chind, a nord di Chivasso. Un territorio di confine, dove la città lascia spazio alla campagna e la campagna cede al degrado. Qui il senso del limite – naturale, urbano, umano – sembra svanire. Chi scarica rifiuti lo fa sapendo che nessuno lo fermerà. Non ci sono telecamere, non ci sono pattugliamenti, e i cartelli di divieto, quando ci sono, sono sbiaditi dal tempo. È un paesaggio che racconta più di mille convegni sul “verde sostenibile”: racconta una comunità che non si sente guardata, e quindi non si sente responsabile.

Rifiuti abbandonati a Chivasso
Il paradosso è evidente. Mentre il progetto Da ponte a ponte promette di ricucire il tessuto urbano con quello naturale, la realtà mostra una frattura sempre più profonda tra centro e periferia. Lì dove la città si spegne, la cura pubblica scompare. Lì dove dovrebbe nascere la “cintura verde”, cresce solo erbaccia e immondizia. Gli interventi annunciati — zone drenanti, piantumazioni, sentieri ecologici — rischiano di suonare come un esercizio accademico se non si accompagna a un cambio di mentalità: non serve progettare la natura se non si è in grado di difenderla.
Il sindaco Claudio Castello e l’assessore all’Ambiente Fabrizio Debernardi rivendicano il risultato ottenuto in Regione. E, in effetti, intercettare fondi europei non è cosa da poco. Ma la credibilità si misura anche nella coerenza tra gli annunci e ciò che accade fuori dal palazzo. E fuori dal palazzo, la Chivasso reale mostra i segni di un abbandono strutturale: quartieri sporchi, argini invasi da rifiuti, campi trasformati in pattumiere. È come se la città avesse due facce: una ufficiale, piena di progetti e bandi; e una quotidiana, dove l’inciviltà vince per mancanza di sorveglianza.
Non si tratta solo di decoro, ma di cultura civica. Perché l’ecologia, senza educazione, resta una parola vuota. Finché gettare un sacco in un fosso sarà più facile che portarlo all’ecocentro, ogni finanziamento sarà inutile. La vera “transizione verde” comincia nel controllo del territorio, non nelle schede progettuali. Servono occhi, sanzioni, presenza. Servono cittadini che si sentano parte di un bene comune, non spettatori di un film ambientale finanziato da Bruxelles.
L’area della Chind, per la sua posizione e per la storia che ha alle spalle, è simbolica. Da sempre zona di margine, oggi rappresenta il punto esatto in cui Chivasso decide chi vuole essere: una città che parla di ambiente o una città che lo pratica. Per ora, vince la prima. I rifiuti restano, i fondi arriveranno, i comunicati si moltiplicheranno. E intanto, tra le sterpaglie, qualcuno continua a gettare sacchi neri nella certezza dell’impunità.
Da ponte a ponte, sulla carta, unisce due rive. Ma la distanza vera è un’altra: quella tra le parole e le cose. Finché i cittadini vedranno crescere discariche invece di alberi, ogni progetto resterà una promessa. E i milioni di euro, per quanto meritati, finiranno per suonare come un premio alla retorica più che alla realtà.
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