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L'Unione fa la forza
09 Novembre 2025 - 14:37
Angelo D'Orsi
La cancellazione della conferenza di Angelo D’Orsi a Torino, decisa dal sindaco della città su impulso della solita Pina Picierno, è l’ennesimo episodio di nuovo maccartismo in salsa liberal. Quando poi è un partito che si definisce di sinistra a censurare, il pluralismo democratico viene tradito doppiamente.
Il prof. D’Orsi viene accusato, a monte, di «fare propaganda» e dunque silenziato preventivamente, senza che il pubblico possa nemmeno assistere al discorso. È paradossale che l’atto che a tutti gli effetti limita la libertà di parola arrivi da ambienti che dovrebbero fungere da contrappeso critico al potere.
Facile invocare la libertà quando si tratta di proteggere chi la pensa come noi; più arduo tollerarla quando la parola si fa scomoda, controcorrente o semplicemente non allineata al mainstream.
Il silenzio complice che accompagna oggi l’episodio D’Orsi è la misura del degrado del dibattito pubblico: nessuno tra i tanti che gridarono allo scandalo per il “caso Fiano” (decisamente diverso, in quanto Fiano è stato pubblicamente contestato e non censurato dal “potere”) o per altri presunti attacchi alla libertà culturale sembra oggi turbato da questa censura.
Ma il profilo della Picierno non è nuovo a simili ambiguità. Mi aspetterei invece una risposta dal sindaco di Ivrea e dal Partito Democratico cittadino, una presa di posizione chiara — ma mi rendo conto che questa è una pia illusione. Non pretendo un risveglio democratico di quel partito ma almeno una presa di posizione.

Ieri, in una tappa della manifestazione cittadina Pro Palestina, siamo passati di fronte a piazza Ottinetti, dove c’era, guarda caso, il gazebo del Partito Democratico. Era il mio turno di parola e, prima del mio intervento sulla resistenza palestinese, ho voluto stigmatizzare l’episodio di censura al prof. D’Orsi. Un coro si è alzato verso il PD al grido: “VERGOGNATEVI!”
Non so se proveranno vergogna, in quanto il PD è il partito della Picierno, la quale non ha mai risparmiato dichiarazioni di condanna verso chi criticava l’operato del governo di Tel Aviv o chiedeva una riflessione sulle responsabilità israeliane nella crisi di Gaza. La stessa esponente che in pubblico parla di libertà e diritti umani, poi legittima attori politici che difendono l’occupazione e la repressione. È un corto circuito etico e politico che racconta molto più di mille comunicati.
Sta di fatto che la vicenda D’Orsi non è isolata: si inserisce in un contesto più ampio di censura politica e culturale che da anni corrode l’Italia.
Nel caso Picierno–D’Orsi–Lo Russo, la censura non è stata imposta da un regime autoritario, ma da un’“opposizione” che si autoproclama di sinistra, liberale e progressista. È questa la contraddizione più inquietante: chi dovrebbe vigilare contro gli abusi del potere si trasforma nel braccio culturale di quel potere, operando una selezione ideologica delle voci ammesse al discorso pubblico.
La democrazia non muore solo quando viene repressa, ma anche quando viene addomesticata: quando a sopravvivere sono solo le opinioni compatibili con la linea ufficiale.
Se oggi a essere zittito è uno storico, domani potrà esserlo un giornalista, un artista o un docente. E quando la censura viene esercitata in nome della democrazia, è la democrazia stessa che viene svuotata.
Chiudo chiedendo al sindaco di Ivrea di prendere pubblicamente le distanze da tale atto di censura. Stare zitti di fronte a questo equivale a una precisa scelta di campo di un partito che minaccia la libertà di tutti.
La Costituzione antifascista del nostro Paese è incompatibile con questi atti di censura.
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