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08 Novembre 2025 - 11:29
Polemica a Borgaro sugli arredi dell'aula studio. In foto il sindaco Gambino e la consigliera comunale Elisa Cibrario Romanin
“Ci abbiamo provato.” È bastata questa frase, pronunciata dal sindaco durante un consiglio comunale, per accendere una miccia politica che il gruppo di opposizione Uniti per Cambiare, guidato da Elisa Cibrario Romanin, ha subito raccolto e trasformato in denuncia pubblica. Al centro della polemica: i 20 mila euro di arredi per la nuova aula studio di Cascina Nuova, inizialmente inseriti nel progetto finanziato con fondi PNRR e poi, su ordine del Ministero, stralciati perché non ammissibili. Un dettaglio tecnico, si potrebbe pensare. Ma in realtà è una questione politica, anzi di metodo.
Il fatto è documentato nero su bianco nella determinazione n. 434 del 17 ottobre 2025. L’atto ricostruisce passo dopo passo la vicenda: gli arredi erano stati previsti e appaltati insieme ai lavori di allestimento, ma il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti — con due note ufficiali, a novembre 2023 e febbraio 2024 — ha chiarito che “la fornitura di arredi e mobili da interni non rientra tra le spese ammissibili”. Tradotto: non potevano essere pagati con i soldi europei. A quel punto il Comune ha dovuto correre ai ripari. Ha chiesto all’impresa appaltatrice di rimuovere quella voce di spesa, ha approvato una perizia di variante, e ha deciso di finanziare gli arredi con fondi comunali.
Tutto legittimo, direbbe la burocrazia. Ma non per l’opposizione, che nel comunicato stampa del 4 novembre parla di “strategia” più che di errore. Perché — scrive Uniti per Cambiare — se la spesa era vietata, “non sarebbe stato più corretto dirlo subito, anziché provarci e correggere il tiro solo dopo il diniego del Ministero?”
Durante il consiglio comunale del 28 aprile, Cibrario Romanin e i suoi avevano chiesto chiarimenti. E la risposta del sindaco, incalzato dalle domande, è stata proprio quella: “Non è stato un errore. Ci abbiamo provato.” Un’ammissione che per l’opposizione vale più di mille spiegazioni tecniche. “Ci avete provato? Davvero?”, replica il gruppo consiliare, accusando la Giunta di aver tentato di far passare come ammissibile una spesa che non lo era. E se nessuno se ne fosse accorto, sostengono, i costi sarebbero rimasti nel contratto.
L’atto amministrativo conferma la cronologia: la voce “arredi” era stata inserita nel progetto, finanziata, appaltata. Solo mesi dopo, a seguito delle circolari ministeriali, il Comune ha dovuto eliminarla e riaprire la partita, con una nuova determina di 30.805 euro affidata alla ditta Riva Arredamenti di Brescia. Di questi, 20.000 euro sono a carico diretto del bilancio comunale.
Per Uniti per Cambiare, il caso è emblematico di un modo di amministrare che confonde la creatività con l’improvvisazione. “Prima delle elezioni del suo terzo mandato — ricordano — il sindaco amava ripetere: ‘Un sindaco non si improvvisa’. Eppure questa vicenda dimostra il contrario.” L’opposizione non contesta l’opera in sé, ma il principio: “Non si possono inserire voci non ammissibili in un progetto finanziato con fondi europei, sperando che nessuno se ne accorga.”
“Si tenta, si forza, si corregge, e poi si racconta tutto come se fosse normale amministrazione” — scrive ancora il gruppo — “ma durante un consiglio comunale non ci si può limitare a dire ‘ci abbiamo provato’. Serve competenza, serve trasparenza, serve rispetto per i cittadini e per le risorse pubbliche.”
Dietro la vicenda degli arredi, infatti, si intravede un tema più grande: quello del rapporto tra politica locale e fondi PNRR, un terreno minato dove la complessità delle regole europee rischia di trasformarsi in alibi. A Borgaro, come altrove, l’opposizione teme che la “corsa al PNRR” sia diventata più un esercizio di facciata che un’occasione di pianificazione.
Il Comune, dal canto suo, si difende parlando di “correzione tempestiva” e sottolinea che l’aula studio sarà comunque completata e fruibile. Ma resta l’ombra di una leggerezza amministrativa che ha costretto l’ente a ripescare fondi propri per coprire ciò che non poteva essere coperto.
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