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Sciopero nazionale dei farmacisti privati: anche Torino in piazza per il contratto scaduto da oltre un anno

Giovedì presidio in piazza Castello: lavoratori e sindacati contro Federfarma per gli stipendi fermi e la rottura delle trattative

Sciopero nazionale dei farmacisti privati: anche Torino in piazza per il contratto scaduto da oltre un anno

Sciopero nazionale dei farmacisti privati: anche Torino in piazza per il contratto scaduto da oltre un anno (immagine di repertorio)

Il mondo delle farmacie private si ferma giovedì 6 novembre. Dopo mesi di trattative interrotte e promesse mancate, 60 mila lavoratrici e lavoratori in tutta Italia incroceranno le braccia per rivendicare un contratto nazionale scaduto da oltre un anno, ad agosto 2024. A Torino, la protesta prenderà forma in piazza Castello, davanti alla Prefettura, con un presidio dalle 11 alle 13.30, organizzato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTucs Uil.

In Piemonte, lo sciopero coinvolgerà circa 1.600 farmacie private, molte delle quali garantiranno solo i servizi essenziali. Non si tratta di una protesta improvvisata: da mesi i sindacati denunciano la mancanza di un dialogo costruttivo con Federfarma, l’associazione datoriale che rappresenta i titolari delle farmacie. Dopo l’ultimo incontro, andato a vuoto, le sigle hanno deciso di passare all’azione.

Al centro dello scontro c’è il mancato rinnovo del contratto nazionale, che da anni regola le condizioni economiche e normative del comparto. I rappresentanti dei lavoratori accusano Federfarma di atteggiamento “irresponsabile”, sostenendo che l’associazione abbia rifiutato qualsiasi proposta di adeguamento salariale in grado di compensare la perdita di potere d’acquisto subita in questi anni.

«Il tempo degli annunci è finito – spiegano le organizzazioni sindacali –. Le retribuzioni attuali non riflettono né la professionalità né la responsabilità di chi lavora ogni giorno nelle farmacie, punto di riferimento essenziale per milioni di cittadini».

Le richieste dei sindacati non riguardano soltanto gli aumenti in busta paga, ma anche una revisione delle tutele normative. Le sigle chiedono che il nuovo contratto tenga conto dei cambiamenti avvenuti nel settore con l’introduzione della cosiddetta “farmacia dei servizi”, che ha trasformato le farmacie in veri e propri presìdi socio-sanitari di prossimità, chiamati a fornire assistenza, consulenza, servizi diagnostici e vaccinali.

Un ruolo, quello dei farmacisti, che si è ampliato notevolmente negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, ma che – denunciano i lavoratori – non è stato riconosciuto né economicamente né contrattualmente. Le condizioni salariali restano tra le più basse del comparto sanitario, con orari prolungati e una crescente pressione dovuta all’aumento delle competenze richieste.

La rottura con Federfarma è avvenuta proprio sul nodo economico. I datori di lavoro hanno ritenuto “non sostenibili” le richieste di incremento retributivo avanzate dai sindacati, ma questi ultimi ribattono che i margini delle farmacie non giustificano stipendi così bassi, soprattutto in un momento in cui la professione è diventata centrale per la salute pubblica.

A Torino, come nelle altre città italiane, il presidio di giovedì avrà anche un forte valore simbolico: ricordare che dietro il banco dei farmaci ci sono professionisti laureati, spesso giovani, che si trovano in condizioni di precariato mascherato, con contratti part-time o a tempo determinato che non garantiscono stabilità.

La manifestazione piemontese rientra in una mobilitazione nazionale coordinata: cortei e sit-in sono previsti a Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bari, Bologna e Palermo. L’obiettivo è far arrivare al governo e all’opinione pubblica un messaggio chiaro: senza un nuovo contratto, la tenuta del sistema farmacia è a rischio, con ricadute anche sulla qualità dei servizi ai cittadini.

A differenza dei farmacisti pubblici o ospedalieri, quelli delle farmacie private non beneficiano di un contratto collettivo rinnovato negli ultimi anni. L’ultimo adeguamento risale al 2021, in piena emergenza Covid, quando il settore aveva garantito continuità e assistenza anche nei momenti più difficili.

Oggi, a distanza di anni, molti operatori si sentono dimenticati. «Le farmacie sono state definite “il primo presidio sanitario del Paese” – ricordano i sindacati – ma i loro lavoratori vengono trattati come se fossero dipendenti di serie B».

La mobilitazione del 6 novembre potrebbe essere solo l’inizio di una serie di azioni più incisive, se non arriveranno segnali concreti da parte di Federfarma e del Ministero del Lavoro. Filcams, Fisascat e UilTucs hanno già fatto sapere che sono pronte a proclamare ulteriori giornate di sciopero se la trattativa non verrà riaperta con proposte reali e non simboliche.

Intanto, in piazza Castello, i farmacisti piemontesi torneranno a indossare i camici bianchi, ma questa volta non dietro al bancone: saranno in strada, per difendere la dignità del proprio lavoro.

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