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25 Ottobre 2025 - 13:24
Taglia i capelli per solidarietà: la psico-oncologa di Chivasso che trasforma la malattia in rinascita
Un gesto semplice, ma dirompente. Ana Rosa Ramos, psicoterapeuta e psico-oncologa che lavora a Chivasso, ha deciso di tagliarsi i capelli quasi a zero per sostenere le donne che affrontano la chemioterapia. Lo ha fatto in silenzio, ma con un messaggio chiaro: la bellezza non è nei capelli che cadono, ma nella forza di chi resta in piedi.
Siamo nel mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno, la neoplasia che – secondo i dati Globocan – è la seconda più diagnosticata al mondo, e che ogni anno colpisce migliaia di persone, uomini compresi. Le cause sono note: sovrappeso, obesità, alcool, età precoce della prima mestruazione, assenza di allattamento al seno. Ma la prevenzione resta l’arma più potente.
In questo contesto, la scelta di Ramos – che da anni lavora accanto ai pazienti oncologici – assume un significato che va oltre la simbolicità. «L’ho fatto per stare vicino alle donne che stanno vivendo la caduta dei capelli a causa della chemioterapia. È un modo per dire che non sono sole, che la femminilità non scompare con la malattia», racconta.
Miss Perla d’Italia 2024, Ramos alterna la professione clinica alla divulgazione, portando avanti progetti che intrecciano psicologia, arte e teatro per restituire alle pazienti il gusto di vivere. «Il cancro è una malattia subdola, lavora nel corpo in silenzio. Quando si manifesta, spesso è già tardi. Anche la mia salute mi ha fatto riflettere: non bisogna aspettare. Fare prevenzione è un atto d’amore verso se stessi», spiega con voce ferma.
Nel suo studio, Ramos ascolta ogni giorno storie di paura e di coraggio. Da qui la decisione di dare l’esempio: «Molte donne mi hanno detto che non riuscivano a iniziare la terapia perché non volevano vedersi senza capelli, non volevano usare la parrucca. Allora mi sono detta: lo faccio io per prima. Per mostrare che la bellezza vera non dipende dall’estetica, ma da come impariamo a stare dentro al cambiamento».
E quel cambiamento, per lei, è anche fisico: «Quando mi sono guardata allo specchio, ho capito che era una fase di transizione. I capelli cadono, ma poi ricrescono più forti. Come accade nella vita. Per questo dico alle mie pazienti: mettiamo un orecchino grande, un rossetto deciso, facciamo un servizio fotografico. La malattia toglie, ma può anche trasformare».
Il gesto della dottoressa ha avuto una forte risonanza anche tra le sue pazienti e sui social, dove molte hanno condiviso le proprie storie. «Qualcuno mi ha detto che ero pazza, che una miss non dovrebbe rasarsi. Ma io credo che la vera corona sia la consapevolezza. Mi sento bella perché mi sento libera. E se sto bene con me stessa, posso trasmettere forza anche alle altre».
Il suo messaggio, oggi, è rivolto a tutti, uomini e donne: «Bisogna fidarsi della scienza e affidarsi alla medicina con serenità. La prevenzione salva la vita. Non c’è nulla di più potente del prendersi cura di sé, senza paura».
La storia di Ana Rosa Ramos è una di quelle che riportano il senso profondo del mese rosa: la prevenzione come responsabilità, la malattia come passaggio, il corpo come terreno di rinascita. In un tempo in cui la paura del cancro resta alta, la dottoressa di Chivasso ricorda che anche un gesto estremo può diventare atto di speranza collettiva.

La sua voce non chiede pietà, ma coscienza. Perché – come lei stessa conclude – “la prevenzione non è un atto di paura, ma un modo per scegliere la vita ogni giorno”.
Il messaggio di Ana Rosa Ramos, più che un atto simbolico, diventa così un manifesto di consapevolezza e dignità. Oggi la malattia tende ancora a spaventare e isolare, ma lei sceglie di mettere il proprio corpo al servizio di un messaggio collettivo, mostrando che anche la fragilità può trasformarsi in testimonianza.
Tagliarsi i capelli, per lei, non è stato un sacrificio ma un modo per restituire senso alla parola “cura”, che non è solo medica, ma anche umana, psicologica, condivisa. In fondo, come ricorda la dottoressa, la prevenzione non è un appuntamento con la paura, ma un gesto di rispetto verso se stessi. Ed è in quella scelta consapevole – tra un esame, un controllo, una visita – che si gioca spesso la differenza tra subire e affrontare. Tra vivere e rinascere.
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