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24 Ottobre 2025 - 11:42
Influenza, parte la campagna vaccinale: ma gli igienisti lanciano l’allarme
La stagione influenzale è alle porte e l’Italia prova a non farsi trovare impreparata. È partita in questi giorni la campagna nazionale di vaccinazioni antinfluenzali, con le prime somministrazioni già avviate in Campania, Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana e Veneto. In prima linea ci sono i soggetti più vulnerabili: donne in gravidanza, bambini e ragazzi tra i 6 mesi e i 17 anni, over 60 e lavoratori a rischio, categorie per le quali la vaccinazione è raccomandata.
L’obiettivo è chiaro: alzare la copertura vaccinale, che nel 2024 si è fermata al 52,5% tra gli anziani, ben lontana dal 75% indicato come soglia ottimale dall’Organizzazione mondiale della sanità e dagli esperti italiani di sanità pubblica.
Il tema è stato al centro della terza giornata del 58° Congresso Nazionale della Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (Siti), in corso a Bologna. Dalla platea di specialisti è emersa una richiesta unanime: agire con tempestività e con un linguaggio chiaro, per evitare che la disinformazione continui a minare la fiducia nei vaccini.
“Vaccinarsi contro l’influenza significa proteggere se stessi e chi ci sta vicino – spiega Vincenzo Baldo, componente del Gruppo di Lavoro ‘Vaccini e Politiche Vaccinali’ della Siti e ordinario di Igiene all’Università di Padova –. Lo vediamo in questi giorni in Giappone, dove l’ondata influenzale ha già superato i 6.000 casi e decine di scuole chiuse già a metà ottobre ci ricordano quanto sia importante agire con tempestività nell’offerta vaccinale”.
Il riferimento all’esperienza giapponese non è casuale: nel Paese asiatico la stagione influenzale è arrivata in anticipo, con un aumento rapido dei contagi e chiusure scolastiche che fungono da campanello d’allarme anche per l’Europa. L’Italia, dicono gli esperti, non può permettersi di rincorrere il virus, ma deve anticiparlo con campagne capillari e organizzate.

A confermarlo è Michele Conversano, past president della Siti e direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Taranto: “In Italia ogni Regione implementa le strategie vaccinali in modo autonomo, adottando misure specifiche come la chiamata attiva o le campagne nelle scuole. È da queste strategie che, nel corso degli anni, sono emerse alcune best practice che rappresentano oggi dei modelli da seguire per i vari contesti nazionali”.
L’autonomia regionale è infatti uno dei punti di forza – e talvolta di debolezza – del sistema sanitario italiano: se da un lato consente di adattare le strategie alle realtà locali, dall’altro genera disomogeneità territoriali che si riflettono nei tassi di copertura. In alcune regioni del Nord, come Veneto e Lombardia, la soglia supera il 60%, mentre in altre aree del Sud non raggiunge il 40%.
Anche quest’anno sarà possibile, su richiesta, la co-somministrazione del vaccino antinfluenzale e di quello anti-Covid, aggiornato alla variante LP.8.1, una soluzione utile per proteggere i soggetti più fragili e semplificare le procedure sanitarie.
Ma il problema, sottolineano gli esperti, non è solo logistico. “Quello che è importante sottolineare è che non basta fornire i vaccini – aggiunge Cristina Salvi, responsabile Resilienza e Protezione della Comunità presso l’Oms Ufficio regionale per l’Europa –: è fondamentale che la popolazione decida di vaccinarsi. E questo è possibile solo attraverso una strategia integrata di comunicazione del rischio, coinvolgimento della comunità e gestione dell’infodemia, ovvero della falsa informazione”.
L’infodemia, ossia la diffusione incontrollata di notizie errate o distorte, resta uno dei principali ostacoli alla campagna vaccinale. Dopo gli anni della pandemia, molti cittadini continuano a mostrare diffidenza, alimentata da canali social e messaggi fuorvianti. Per questo motivo la Siti insiste sull’importanza di una comunicazione scientifica trasparente, capace di tradurre i dati in messaggi comprensibili.
La rapidità di risposta, intesa come tempestività nella distribuzione e adesione, è l’altra chiave indicata dagli igienisti. Ritardare la vaccinazione di poche settimane può significare arrivare tardi rispetto al picco stagionale, con conseguenze pesanti in termini di ricoveri, giornate di lavoro perse e pressione sui pronto soccorso.
Il vaccino antinfluenzale, ricordano gli esperti, non è solo uno strumento individuale ma un atto di salute pubblica, che riduce la circolazione del virus e protegge le categorie più vulnerabili, come gli anziani e i malati cronici. Ogni punto percentuale di copertura in più rappresenta un passo avanti verso la protezione collettiva.
Nel frattempo, le regioni capofila hanno già iniziato le somministrazioni, con particolare attenzione alle strutture sanitarie, alle farmacie aderenti e ai medici di base, mentre nelle prossime settimane la campagna si estenderà progressivamente al resto d’Italia. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, insieme a quello della Salute, punta a un monitoraggio continuo per evitare ritardi e garantire la disponibilità delle dosi su tutto il territorio nazionale.
La sfida, come ribadito dai partecipanti al congresso di Bologna, sarà raggiungere la soglia del 75% tra gli over 65, obiettivo che richiede un impegno coordinato tra istituzioni, operatori sanitari e cittadini. E per farlo, l’unica ricetta resta la fiducia: informare, convincere e vaccinare, prima che il virus arrivi.
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