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Cronaca
23 Ottobre 2025 - 15:45
Strage di bambini sulle strade italiane: Asaps lancia l'allarme
Ventisei vite spezzate in dieci mesi. Ventisei bambini che non torneranno più a scuola, che non giocheranno più, che non cresceranno. Il bollettino dell’Asaps, l’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale, è un pugno nello stomaco: dal 1° gennaio al 23 ottobre 2025, sono 26 i minori morti in incidenti stradali in Italia. Quattordici maschi e dodici femmine. Otto solo nel mese di settembre, il mese in cui la scuola ricomincia e le strade si riempiono di zaini, mamme, bus e distrazioni.
Dietro ogni numero, un nome, una famiglia, una tragedia che poteva essere evitata. Quindici di quei bambini viaggiavano in auto, sei erano pedoni, quattro in bicicletta, uno su una moto. La metà dei decessi è avvenuta su strade statali o provinciali, le più pericolose in assoluto; otto in centri urbani, due in autostrada, uno in zona agricola. Undici erano piccolissimi, tra 0 e 5 anni; dieci avevano tra 6 e 10 anni; cinque tra 11 e 13. Un incidente è avvenuto addirittura nei pressi di una scuola, un altro in un cortile privato, travolgendo un bambino sotto casa.
Numeri che raddoppiano il dolore quando si scopre che, in molti casi, la causa non è una fatalità ma negligenza adulta: distrazione, alta velocità, mancato uso del seggiolino, cellulari in mano, precedenze ignorate. Ogni volta la scena si ripete — l’urto, la sirena, la coperta termica sul corpo piccolo — e ogni volta resta la stessa domanda: quanti altri bambini devono morire perché gli adulti imparino a guidare con prudenza?
Il presidente dell’Asaps, Giordano Biserni, lo dice senza giri di parole: «Ogni volta che un bambino perde la vita sulla strada, il colpevole è sempre un adulto». La sua voce è quella di chi, ogni giorno, legge i rapporti della Polizia, i rilievi, le fotografie, e sa che dietro quei numeri non ci sono “incidenti”, ma comportamenti irresponsabili.
La differenza tra i dati Istat e quelli Asaps è significativa: nel 2024 l’Istat aveva registrato 29 bambini morti, mentre l’Osservatorio ne contava 34, includendo anche i decessi nei cortili, nei piazzali privati, nelle aie e nelle aree agricole, dove troppo spesso i piccoli vengono travolti dagli stessi mezzi dei familiari. Una tragedia nella tragedia: genitori che schiacciano i propri figli senza accorgersene, in un attimo di distrazione o di abitudine.
Biserni rilancia una campagna che l’associazione porta avanti da anni: educare gli adulti alla prudenza, alla responsabilità, all’uso corretto dei seggiolini, al rispetto dei limiti. “Il nostro sogno – dice – è quello di mettere solo degli zero nelle caselle del nostro Osservatorio”. Ma i numeri, per ora, raccontano un Paese che continua a fallire.
Il problema non è solo di infrastrutture, ma di cultura. In un Paese dove quasi ogni automobilista si crede “attento”, ma uno su tre ammette di usare lo smartphone mentre guida, il rischio per i più piccoli cresce ogni giorno. Eppure le norme ci sono, le campagne anche: il Codice della Strada impone l’uso dei seggiolini fino ai 12 anni o 150 cm di altezza, e prevede sanzioni severe. Ma nella realtà, ancora troppi bambini viaggiano in braccio ai genitori o senza cinture, soprattutto nei tragitti brevi, “tanto siamo vicini”.
E sono proprio quei “due minuti di strada” a uccidere.
Ogni volta che un bambino muore in un incidente, si parla di destino. Ma il destino, quando c’è di mezzo una cintura slacciata o un semaforo ignorato, ha un nome preciso: responsabilità.
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